Il Blog

Pubblicato: 4 mesi ago

Ti amo come un saggio

di Dario Liguori

Molti artisti dicono di amare il pubblico e di non poter vivere senza relazionarsi: sono pienamente soddisfatti solo quando questo contatto si realizza in un evento, in un concerto, in una presenza fisica. 
Mina no. 
Ha scelto una strada diversa, e la sta percorrendo, come direbbe De Andrè in modo ostinato e contrario da tempo. 
Contrario alla nostra epoca che è fatta di immagine, di presenza a volte clownescamente irriverente, spacciata come Arte. 
Ostinato perché, nell’era dei voltagabbana e dell’effimero, un progetto di vita artistica così lontana dai riflettori ai più è incomprensibile. 
Mina non è presente ma è Presenza, Mina non canta una dozzina di canzoni per riempirne un album. 
Massimiliano Pani ci racconta di una donna protesa verso il futuro, amante della musica, curiosa ed attenta a tutto quello che il panorama artistico propone, ancora con la voglia di indagare ciò che ancora potrebbe regalarle emozioni. 
Anche se non lo dichiara, Mina ama il suo pubblico, e sa che è vasto ed eterogeneo: basta leggere le recensioni del suo ultimo album per rendersi conto di come ognuno abbia ritrovato in un determinato pezzo la “sua” Mina. 
Ci sono grandi cantanti anche oggi e ci sono buoni album ogni anno, quasi tutti però (e non vorrei generalizzare troppo) sono monolitici, monotematici probabilmente a causa delle capacità interpretative, del timbro, dell’estensione vocale ecc… 
Ciò che sin dall’esordio ha caratterizzato Mina è stata invece la sua poliedricità degna del miglior Fregoli! 
Il tutto restando sempre Mina, inconfondibilmente Mina e sempre in modo credibile, mai parodistico. 
Mi fanno sorridere alcuni critici che ancora oggi sostengono la superiorità di Mina Voce rispetto alla Mina Interprete. 
Per tutte ritengo giusta la dichiarazione che anni fa fece Liza Minnelli: Mina canta ogni canzone “come va cantata”. 
Caso unico (parlo per l’Italia), ogni nuovo album è un Varietà in cui c’è spazio per l’emozione, per il sorriso, per il raccoglimento, per l’ironia, per la dolcezza, il dramma, la poesia, la malinconia, sempre condite dalla inconfondibile voce che sale, scende sul pentagramma e scivola sui ricordi, sul nostro cuore, voce limpida che si incrina e ti dà un brivido in più ed ancora quelle note lunghe come pochi sanno tenere e ti ritrovi a trattenere il respiro. 
È stato detto che il concept di questo nuovo lavoro mazziniano è un fotoromanzo in cui l’interprete gioca tutti i ruoli, non ci sono comparse o controfigure, c’è sempre Mina anche quando in copertina è quasi nascosta da una figura maschile. 
C’è lei e ci sono le sue scelte coraggiose che donano visibilità ad artisti come Avitabile e Cammariere baciati da una popolarità imprevista che si è materializzata grazie alla sua interpretazione. 
Coraggiosa come il duetto con Branco, criticatissimo prima ancora di essere stato ascoltato e, cosa non scontata, da settimane la canzone in testa alle classifiche. 
Sappiamo che Mina non riascolta i suoi lavori finiti. Come tutti i grandi è stato il viaggio ad interessarla, dapprima nella ricerca dei brani e poi nella produzione, ed è sicuramente già protesa verso il “nuovo” … che i suoi più ingordi fan stanno già aspettando … 
Grazie Mina … mi hai stregato ancora, ti amo come un pazzo, anzi come un saggio (di bravura) 

Pubblicato: 4 mesi ago

Tu che sei diversa

di Gennaro Reder

Se c’è una cosa che mi fa impazzire di Mina è il suo non essere mai uguale a sé stessa, pur nella coerenza della sua storia musicale. La sua unicità sta nel non ripetersi quasi mai e nell’osare sempre qualcosa di nuovo, di inaspettato. Anche questa volta, con “Ti amo come un pazzo” ci ha spiazzato, regalandoci una tavolozza di canzoni sempre più variopinta e contemporanea. Il mare di polemiche suscitate dall’annuncio del duetto con un giovane “scostumato e poco rispettoso”, così apostrofato dagli “integralisti” più buoni, non scalfisce di un grammo la credibilità di una cantante che da oltre sessant’anni si rinnova continuamente. Che poi Mina la puoi criticare, se vuoi, ma aspetta almeno di sentire che cosa ha da dirti con la sua voce, attraverso il suo lavoro da artista. Come d’incanto, infatti, con l’arrivo nelle radio del singolo “Un briciolo di allegria”, tutto si è silenziato: il brano con Blanco ha sbaragliato tutti, schizzando subito in vetta alle classifiche. Mina, con intelligenza e professionalità, è entrata nel mondo di Blanco, mettendosi al servizio della canzone, alla pari direi, impreziosendola con la sua presenza e il suo carisma, ma con quel guizzo di genialità che l’ha sempre contraddistinta (quel “Ra-pa-pa-pa-pa-pa-pa-pa” finale resterà nella memoria di tutti noi).

Ed ecco che esce l’album, (“Mina, ti amo come un pazzo”… chissà quante volte lo abbiamo detto ascoltandola cantare) e la sorpresa è servita: ci immergiamo in un lungo film che si dipana in 12 scene d’amore (10 su vinile), tutte intense. S’inizia nel segno di Ozpetek, sempre di cinema parliamo, con  “Buttare l’amore”, sigla della serie TV tratta dal film “Le fate ignoranti” e si termina con “Povero amore”, che il regista turco ha scelto per il suo prossimo film di Natale. I brani sono, già al primo ascolto, due best seller, appartengono a quell’amore dolente disseminato in tutta la sua carriera discografica, da “Bugiardo e incosciente” a “Luna diamante”. Mina apre come dolente vittima di un amore consunto “E così, io ti guardo buttare l’amore, resto qui, e finisco per farmi del male”e chiude come dolente carnefice “Oh, povero amore, povero cuore, io ci ho giocato col tuo dolore. Ti ho calpestato con l’indifferenza, ti ho conquistato con la prepotenza di un dittatore”. Nel mezzo, una serie di perle, piccole e grandi, tutte preziose: dal rock blues di “Come la luna”, con tutta la solitudine di una donna che non riesce a farsi amare, al classicissimo  “Lascia”, un invito a credere sempre e comunque nell’amore, incontriamo inediti emozionanti come “Fino a domani” di Federico Spagnoli, un autore che negli ultimi anni ha saputo dare a Mina canzoni belle da cantare e da ascoltare, nelle quali lei sembra particolarmente riconoscersi, restituendoci in pieno tutta la sua grandezza di interprete senza tempo. Così come accade con “Non ho più bisogno di te”, canzone in cui Viola Serafini, già autrice dell’ottima “Troppe note” in Maeba, offre alla Mina più anticonformista quelle parole che sanno dare nuova luce e nuovo colore alla sua voce, il tutto sottolineato da un originalissimo tappeto musicale costruito da Franco Serafini, che io considero uno dei migliori arrangiatori presenti da tempo nella discografia mazziniana. Piccola grande chicca è “L’orto”, ennesimo divertissement a cui Mina ci ha abituati, dai tempi di “Ma che bontà” e “Ma chi è quello lì”. Tra le canzoni “piccole” ma che faranno strada, “La gabbia”, uno di quei brani che si rivelano prima timidamente, per poi svelarsi uno di quelle meraviglie che resteranno nel tempo e oltre le mode. Il jazz più raffinato ed elegante Mina ce lo regala con la cover di “Tutto quello che un uomo”, amata canzone di Sergio Cammariere che lei riprende senza stravolgerla, rallentandola in alcuni passaggi, cantandola come va cantata, rendendola “evergreen”.

Ma Mina è soprattutto interprete d’eccellenza, voce senza compromessi, anima che sa riconoscere la bellezza in ogni sua forma ed è quella che io ho sentito nei due brani che più di ogni altro mi hanno emozionato fino ai brividi, fino alle lacrime. Il primo è  “Don Salvatò”, disperata preghiera laica del grande Enzo Avitabile, alla quale Mina si approccia con grande rispetto e con evidente emozione. Mina scandisce le parole, tra l’altro in un ottimo napoletano, con un realismo incredibile, con l’esperienza di un’artista di livello altissimo e, contemporaneamente, con la semplicità e l’umiltà di una persona che prega intensamente. Un capolavoro. 

L’altro brano da antologia è “Zum pa pa”, un viaggio onirico che trovo stupefacente. Mina ci accompagna nell’universo, straniante e felliniano, ma anche chapliniano, del circo come metafora della vita. Con il suo incedere delicato e poetico, la sua voce ci rende partecipi di quel mondo cinematografico, visionario e mitico, che ci è tanto caro. 

“Ti amo come un pazzo” è una summa di tutte le sfaccettature che Mina sa offrire ai suoi ammiratori, ma anche a tutto quel pubblico, soprattutto quello più giovane, che sa chi è ma la conosce poco. Per noi fans è sempre il ritorno più gradito, quello che ci rende felici di apprezzarla e amarla. Ma più che amarla come un pazzo, Mina la si ama soprattutto come una vecchia amica che ogni tanto sparisce ma che poi, quando torna, ti rendi conto che non se n’è mai andata, che è sempre lì, presente e contemporanea.  

Pubblicato: 4 mesi ago

30 anni delle sue storie

Esattamente tre decenni fa, di questi tempi, vedeva la luce Storie per cani sciolti, secondo e – a tutt’oggi – ultimo album da cantautore di Massimiliano Pani“Essere un ‘cane sciolto’ – spiegò Max presentando il disco ai giornalisti – significa dare retta alla propria individualità, essere selettivo nei rapporti e nelle scelte di ogni giorno. Da adolescente mi sentivo un diverso. Perché non mi interessavano i giochi, i gusti, le scelte dei miei coetanei, non li condividevo. Sempre fuori posto. Poi sono cresciuto e un giorno ho capito: ero un ‘eremita’. Per vocazione e poi per scelta. Che non vuol dire non avere interessi, ma vuol dire avere ‘altri’ interessi da vivere, da gustare con se stessi e la cerchia ristretta dei propri cari”. Riascoltato oggi, Storie per cani sciolti – non meno bello ma forse più ardito ed élitario della scintillante opera prima L’occasione del settembre 1991 – è il fedele ritratto in musica di un artista trentenne assolutamente atipico nel panorama “giovane” della canzone italiana di allora. “Massimiliano – scrivemmo nella nostra recensione del disco sulla fanzine numero 38 – non si pone come facile simbolo della sua generazione, non insegue generi banalmente alla moda, deve litigare con i discografici per imporre le sue idee (‘Loro sostengono che difficilmente quello che faccio può essere apprezzato dai più giovani…’). Non si considera nemmeno un ‘cantautore’ ma più semplicemente un musicista che scrive e canta belle canzoni. E di questi tempi scusate se è poco. Il disco si apre con un’intensa canzone d’amore sottilmente venata di gospel, Valentina senza di te, che è anche il brano preferito dalla mamma. Noi abbiamo molto apprezzato anche la delicata Anna che va via, l’elegante Come se (con un divertente intervento parlato della stessa Mina che, con voce nasale, annuncia ‘i programmi di Raidue…’, l’emozionante Gli occhi della mente (forse il più bel testo dell’album, firmato da Lele Cerri) e la spiritosa Svariate crudeltà in cui Max si diverte a fare il verso a certi inconfondibili birignao vocali della madre, nonché il medley conclusivo nei dieci minuti del quale sfilano uno dopo l’altro i maggiori successi firmati da Pani come autore per  se stesso e per Mina, da Sensazioni a Come stai. Insomma, un grande disco, suonato dalla crema dei musicisti italiani – Rea, Moriconi, Gianolio, Farina, Braido, Giammarco… – e dedicato a tutti i ‘cani sciolti’, o meglio a un cane in particolare: Moose, lo splendido american pitt-bull terrier che appare in copertina e a cui Max è legatissimo. A Moose il disco è piaciuto moltissimo: sicuramente, in fatto di canzoni, la sa più lunga lui di certi signori ai piani alti delle major…”. 

Pubblicato: 4 mesi ago

La Regina dei miei desideri

di Beppe Liuzzo

Lo abbiamo desiderato, lo abbiamo atteso, lo abbiamo prenotato e infine Ti amo come un pazzo è entrato nelle nostre vite. Dopo Mina Fossati, un album che amo ancora tantissimo e che avevo atteso per almeno venti anni, l’uscita del nuovo album di inediti era per me motivo di innumerevoli interrogativi, di tanta curiosità e di tante, tantissime speranze. Ho rivissuto nell’attesa quella emozione che provavo da ragazzino che attendeva l’uscita dei doppi album negli anni Novanta: finché c’è stato il mistero (la copertina, il duetto, gli autori, le canzoni) e i soliti guastafeste da tastiera non hanno spiattellato tutto in rete, mi sono goduto pienamente l’aura di mistero.
Risultato? Soddisfazione piena, senza se e senza ma.

Trovo Ti amo come un pazzo un lavoro compatto, coerente, lucido ed estremamente commovente: non triste ma straordinariamente pieno di umana sensibilità. Un senso di fragile umanità che in tempi così folli mi mancava e che mi ha consolato e coccolato, un capitolo bellissimo in cui la voce matura di Mina gioca un ruolo essenziale nell’interpretazione dei brani. 

L’ascolto delle canzoni scorre sempre continuo, senza interruzioni e solo così può essere perché percepisco ogni singolo brano come un capitolo strettamente connesso a quello precedente e quello successivo: ascoltare l’intero album ogni volta è come rileggere una serie di storie di cui conosci i personaggi, le vicende e di cui cominci a conoscere a memoria il finale, ma non puoi fare a meno di rileggerli, perché ogni volta emerge qualcosa che rende l’esperienza nuova e irripetibile.

Questa sensazione, forse oggi più lucidamente percepita (sarà l’età o l’esperienza orribile degli ultimi anni), ancora una volta mi fa amare Mina “come un pazzo”, me la fa preferire a tanti altri suoi colleghi che pur ascolto e apprezzo. Perché? Perché la sua unicità, ed è l’elemento che mi tocca e mi colpisce ogni volta, è l’interpretazione: il suo modo di dire la parola, il suo modo di cadenzare e di mettere l’accento per creare sorprese ed evitare così il rischio del banale, per regalare alle parole la ricchezza che meritano. Con i testi Mina ci gioca, li arricchisce, cavalcando le intenzioni e governando con intraprendenza e finezza i ritmi e i respiri. Mina colora i toni delle parole dando loro pienezza e tridimensionalità.
Faccio qualche esempio, pur consapevole che ognuno, per l’umanità e la sensibilità che si porta dentro, può “sentire” delle sfumature che ad altri possono non fare effetto.

Personalmente adoro l’intenzione che usa in apertura di Fino a domani: “dammi certezze, dammi speranze” è un verso in cui le parole “certezze” e “speranze” vengono pronunciate in maniera quasi arrendevole, per farci subito capire che si sta parlando di qualcosa che non c’è.

In Zum pa pa, due episodi mi colpiscono. Quando canta la parola “equilibristi”, lo fa con un filo di voce, con una serie rapida di note sottili che danno subito senso di instabilità. In una frase poi accenna rapidamente a due sentimenti opposti (ma cosa ridi pagliaccio mentre io sto piangendo) senza esagerare, senza essere didascalica o troppo carica. Perfetta.

Nel duetto con Blanco c’è quel dove Dio creò in cui lei è pienamente, totalmente Mina: nessun’altra avrebbe potuto caricarlo, cantarlo e personalizzarlo così bene.

Un discorso a parte vorrei fare per Tutto quello che un uomo: una canzone che già amavo e con la quale, dopo Oggi sono io, Mina esaudisce inconsapevolmente un altro mio desiderio da cover (Ne avrei un terzo e visto che ormai mi legge nel pensiero, attendo fiducioso…).
La sua versione della canzone di Cammariere è sublime: il rispetto per la sua natura jazz e il ritmo più rallentato le regalano maggiore intimità, tragica consapevolezza ma anche un carico di emotiva sensualità. Adoro quando pronuncia la parola respiro, fermando il tempo sulla “i”: Mina in quel punto sembra quasi consumare l’aria per riprenderla a fine parola: annulla il concetto stesso di respiro per poi ridargli vita e senso.
E poi la parola malinconia: il suono si apre sulla “a”, lì si sofferma, toglie fiato e si chiude rapida, roca e triste. Infine, mi hanno colpito i versi “una pioggia di stelle”, in cui Mina, scandendo le consonanti e fermandosi sulla “e” di “stelle”, sembra quasi intenta a contarle donando a un’immagine semplice una credibilità unica.

Auguro lunga vita a questo album: non parlo chiaramente di classifiche, perché oramai la permanenza di un album in classifica è sempre meno collegata al valore di un’opera in sé, ma parlo di persistenza legata ad un ascolto nel lungo periodo. Credo sia uno di quegli album da gustare in varie fasi della vita: sa regalare spunti nuovi ad ogni ascolto e si percepiscono sempre imprevedibili dettagli persi prima. Ma è soprattutto un album che, ancora una volta, descrive perfettamente la maturità, la genialità e l’onestà intellettuale di un’artista che ancora continua a sorprendermi.

Pubblicato: 4 mesi ago

Il primo sole dell’aprile

di Giovannni Aufiero

Lo si attendeva come il Natale. Come il sole dopo un mese di pioggia. Come si attende l’estate dopo un lungo inverno freddo.  E tra una proroga e l’altra finalmente “arriva Lei” e il resto intorno si svuota di senso. 

Perchè l’unico vero senso è il suo cuore e il suo intuito, le sue scelte ancora coraggiose e controcorrente come 45 anni fa, la sua voce che è un vero miracolo. 

“Ti amo come un pazzo” è un titolo programmatico di quello che proviamo dopo aver ascoltato il nuovo album di nostra Signora. Un sentimento che si rinnova e consolida ad ogni singolo ascolto, a partire da “Buttare l’amore”, bellissima, senza tempo, struggente; passando per “Come la Luna”: il vero brano dall’anima rock di questo album…brano che ti si attacca alla pelle insieme alla voce qui metallica e brillante di questa superwoman che grida la sua solitudine, che è poi la solitudine di chi ama e amando si scopre, inevitabilmente, fragile.

“Don Salvato’”è il vero momento lirico di questo feuilleton d’amore, cosi intenso e solenne. La sua voce si fa in questo brano partenopeo di Enzo Avitabile, drammatica e tagliente: la preghiera di un’umanità che ha perduto la bussola e che chiude con quell’AVE VERUM cosi accorato e cosi patetico (letteralmente inteso) che lo stesso Mozart, suppongo, non sarebbe mai riuscito a pensarlo cantato con tale precisa intezione nel canto. 

Con “Fino a domani” si spiegano le vele. Ci si perde nel tornado dell’amore che è forte e e che tuona e  che ci fa gridare insieme a lei…al miracolo! (ma davvero questa Signora ha 83 anni?)

Il tono poi si abbassa con “Zum pa pa” brano cadenzato, mesto, una poesia in musica, la stessa di “Tutto quello che un uomo”… con il canto di velluto che qui si fa rispettoso, elegante, di una sobrietà essenziale. 

Il dramma d’amore si alleggerisce con “Orto”, con saliscendi vocali pazzeschi, gli stessi ardui e belli della “Gabbia” e di “Lascia” e di “Non ho più bisogno di te” (che dovremmo sapercelo dire tutti.. con quell’ironia in musica con cui ce lo canta Lei”): tutte chicche super pazzesche.
“Povero amore” sarà la prossima pop-hit della nuova stagione autunnale.  Confezionata a puntino da divenire uno dei classici della Mina di sempre. 

Una considerazione a parte merita “Un briciolo di allegria”. Non ci credeva nessuno in questa feat. Già tutti pronti a criticarla come squali affamati ancora prima di sentire il sangue. Eppure, grazie a Dio, lei ci ha visto bene. Come ci vede benissimo da oltre 65 anni. Il pezzo è una bomba. Ed è primo tra i singoli da già 3 settimane su tutte le piattaforme digitali e in tutte le classifiche (maledette!). Con una facilità e una freschezza, che fanno invidia anche ad una trentenne, questa ragazza… dialoga ora in modo profondo, sentito, vissuto, oltre il gap generazionale, ora in modo scuro e solenne con il timbro etereo e pastoso di Blanco. Sotto un chiaro di luna  questi due amanti stropicciati vivono e ricordano quest’amore che non invecchia e che li fa desiderare ancora e ancora di lasciarsi vivere in quest’amore che brama un “bricciolo” (come lo pronuncia lei) di allegria e che li fa cantare come due adolescenti innamorati “rapapapapapa..”: UNICI. MITICA

Ogni altro commento sarebbe superfluo per questa ulteriore lezione di stile e di lungimiranza musicale e d’intelletto.  

In ogni caso, ben tornata nostra amata Mina. E grazie per tutto questo amore, puro e gentile, forte e irruento, sensuale e dolente, che metti nella tua musica, ancora una volta, solo per noi!

Pubblicato: 5 mesi ago

Il Metodo-Mina

di Franco Laratta

Il nuovo album di Mina ci restituisce la diva che più amiamo. La Mina dell’amore, del tradimento, delle delusioni, delle passioni. Ogni pezzo, una storia. Anche un brivido. 
C’è il capolavoro: per me è senza dubbio Don Salvatò, una preghiera laica, potente, sofferta e addolorata. Un’invocazione sui drammi dell’esistenza umana, sulle tante tragedie, sul dolore che ci uccide. E lei che canta divinamente, immedesimandosi nel dramma.
E c’è la raffinatezza ineguagliabile di Tutto quello che un uomo. Stupenda. Rilettura rispettosa di una delle più belle canzoni italiane.
E poi c’è la sorpresa: un duetto impossibile che ha conquistato l’Italia in sette giorni. Un briciolo di allegria, che diventa un successo senza precedenti, con un’accoppiata vincente e impensabile. 
Tutto il resto è la Mina che non delude mai, che scava dentro l’anima e tira fuori rabbia, dolore, emozioni.
Ascoltando Ti amo come un pazzo si rimane affascinati e, ascolto dopo ascolto, sempre più coinvolti. E pensi, pensi a lei, alla sua storia infinita, ai suoi mille volti, alle generazioni che con lei hanno vissuto, amato, tradito.
Lei, lei urlatrice, lei rivoluzionaria, lei napoletana, brasiliana, americana, spagnola. Lei Baby Gate, lei pop, rock, jazz. La Mina di De Andrè e del Cielo in una stanza, di Mogol Battisti. Lei quasi Jannacci, lei tenera con i mille sconosciuti che ha scoperto. Mina scimmia, Attila e pure picassiana. Mina aliena. Lei che ha trasformato il dramma della fuga dalla Bussola, nel più grande capolavoro della sua vita: l’assenza. 
“ […] Pio XIIII: E invece sai chi è la più grande cantante Italiana. 
Sofia: Mina. 
-Pio XIII: Adesso lei sa qual è l’invisibile filo rosso che unisce Salinger, Kubrick, Bansky, i Daft Pun, Mina, tutte figure che sono le più importanti nei loro rispettivi campi?
-Sofia: No,  santa eccellenza non lo so. 
-Pio XIII: Nessuno di loro si fa vedere, nessuno di loro si lascia fotografare.”
(The Young Pope di Sorrentino).

Mina ha cancellato sé stessa, la sua immagine, la sua presenza, lasciandoci quello che è il suo tesoro più grande (“la mia fabbrica”): la voce. “Se non avessi una voce vorrei avere quella di Mina” (Sarah Vaughan). 
Ed ha avuto coraggio, un terribile coraggio, perché poteva finire, rimanere da sola, dimenticata. Relegata in un museo. E come dice Pani: “Mina? Ha rinunciato a tutto, anche a una montagna di soldi. E vive nello stesso appartamento dal 1977».
Quando Carlo Azeglio Ciampi alla fine del mandato lasciò il Quirinale, un giornalista gli chiese: “e adesso presidente, cosa farà?
E lui: “adotterò il metodo-Mina, continuerò a lavorare senza farmi più vedere”. 

Continuo ad ascoltare Ti amo come un pazzo. E ogni volta scopro qualcosa in più. Qualcosa che ai primi ascolti non cogli. Come in “Povero Amore”, che Ferzan Ozpetek ha voluto per il nuovo film “Nuovo Olimpo”. E il pensiero torna a come ci siamo emozionati con Luna Diamante e abbiamo quasi pianto con Buttare l’amore! 
E che dire della splendida ed intima interpretazione di Come la luna in cui Mina paragona la sua solitudine a “come luna in cielo”.
In Zum pa pa tutti in piedi, in silenzio! E poi Non ho più bisogno di te con Mina che sembra sprezzante, quasi crudele in una interpretazione da Oscar. Come da oscar canta in La Gabbia, un pezzo che ti entra subito dentro e ti stordisce. 
Ma è tutto l’album che conquista e convince oltre ogni attesa, con la sua voce che si riprende la scena, cancella ogni dubbio,  domina e sorprende. Intensa, dura, sorniona, ironica, beffarda, dolce, tenera, rauca, spezzata, drammatica. È Mina. Punto

Pubblicato: 5 mesi ago

L’attimo ruggente

L

Un singolo-bomba da 8 milioni di stream che domina da due settimane le classifiche FIMI e gli ascolti radiofonici? Il video dello stesso brano che ha macinato in un batter d’occhio oltre 6 milioni di visualizzazioni? Un nuovo album ininterrottamente al primo posto da due settimane suiTunese nelle charts dei maggiori megastore? Se a mettere a segno gli exploit appena elencati fosse stato uno degli idoli-kleenex dell’ultima ora, nelle home page dei principali siti musicali si sarebbero sprecati gli ooooh di meraviglia e le lodi sperticate per l’eroe o l’eroina di turno. Ma trattandosi “semplicemente” di Mina – detentrice assoluta in Italia di ogni possibile record di vendita a 45 e a 33 giri dal 1958 a oggi, nonché tra le due o tre star mondiali del pop a poter vantare uno o più dischi al primo posto in classifica negli ultimi 8 decenni – la notizia può benissimo passare sotto silenzio e ci si può addirittura imbattere in un titolo come questo: “A Mina non riesce il miracolo: Ti amo come un pazzo non è primo nonostante Blanco”. Lo strillo in questione – in bella vista sul sito musicfanpage – introduce un articolo il cui anonimo autore commenta con malcelato compiacimento il debutto “solo” in quarta posizione del nuovo album nell’ultima classifica FIMI dei CD, tacendone ovviamente il contemporaneo nuovo ingresso al primo posto tra gli LP (graduatoria – questa – ancora più importante perché dà l’esatta misura dell’affetto “fisico” di cui un Artista gode da parte del suo “zoccolo duro”). E non importa se il suddetto gazzettiere-senza-nome si dà da solo la zappa sui piedi ammettendo che “Una big storica come Mina paga inevitabilmente lo scotto delle nuove classifiche che da qualche anno a questa parte vedono dominare soprattutto la nuova scena rap e urban che ha negli ascolti streaming una spinta fondamentale”. Ma allora di che cosa stiamo parlando? Ah, già, dimenticavamo: di una “Diva del momento” il cui “momento” – nonostante l’ultraquarantennale eclissi mediatica – si protrae con immutato splendore da 65 anni…

Pubblicato: 5 mesi ago

Un gioco che può essere pazzia

Le vostre recensioni sul nuovo album / 1

di Giancarlo Nino

Quanta voce, quanto cuore, quanta anima in questo appassionatissimo e appassionante Ti amo come un pazzo. Sarà l’attesa di inediti nuovi che era durata da tanto a rendere ancora più appetitoso questo appuntamento che, più che un feuilleton, definirei come uno Zibaldone in musica. Ammettiamolo, senza nulla togliere ai progetti di cover, di restauro, ai concept vari, ma un disco di pezzi inediti nuovi di zecca, ancora un altro dopo tanti e tanti decenni di musica, disegna quella dimensione contemporanea, quella voglia di cantare per sé e per noi, quell’inevitabile proiezione verso il futuro che di Mina hanno rappresentato e rappresentano una imprescindibile cifra. Partirei dalla Voce, non per altro perché un nuovo album di Mina è sempre e comunque, per la eccezionalità del suo strumento, un manuale di vocalità della musica leggera, italiana e non. Non sentivamo tanto uso (e mai abuso) di mezzi vocali da qualche album a questa parte. Il disco con Fossati aveva segnato una morigeratezza vocale che Mina aveva adottato per ficcarsi nelle poesia in musica dell’autore con piglio quasi cantautorale. Non c’era spazio per compiacimenti vocali e facili cliché, la voce era dosata senza concessioni ai virtuosismi e alle incursioni vocali su vette ardite (avete presente come viene trattenuta la voce in Meraviglioso, è tutto qui?). È stato un approccio intenzionalmente, a risentirlo oggi, del tutto opposto a quello di Mina quasi Jannacci, quei famosi pezzi cantati “all’americana”, in cui era piuttosto Mina a piegare le canzoni alla sua vocalità e mai il contrario. Qualche ascoltatore disattento e superficiale, aveva anche sentenziato che, in Mina Fossati, fosse piuttosto il segno del tempo ad aver indirizzato il canto di Mina. Con Ti amo come un pazzo possiamo tranquillamente dire che no, non era vero. Questa nuova Mina, libera dai lacci sacrali dell’introspezione della musica d’autore, lascia libera la sua vocalità di spaziare indisturbata e indomita nell’ampio spettro che le è proprio. E, globalmente, il disco lascia sbalorditi per l’abbondanza di registri e per la straordinaria facilità con cui Mina spazia tra di loro (cosa questa davvero difficile, anche per i professionisti), forte di un controllo e una disciplina delle corde vocali totali. La Voce, dicevamo. Parte dolente e accorata in Buttare l’amore (un pezzo lento che ti accerchia il cuore, mi ricorda Questa vida loca per atmosfere e soluzioni espressive). In Come la luna si immerge in un blues sanguigno, con vocalità quasi black. Ritorna amara e spezzata nella, intensissima, prova d’autore Don Salvato’Fino a domani, un pezzo che sembra uscito per scrittura ed esecuzione da Leggera, e così perdutamente nelle corde di Mina, che affronta il ritornello a voce irresistibilmente spiegata (chiudendolo a fil di voce, controllo vocale da brividi). In Zum pa pa la voce disegna arrese mestizie, un soffio e una lacrima assieme. Velluto blu in Tutto quello che un uomo, Mina veste raffinatezze jazz con misura e senza ostentazione. E poi L’orto, che adoro, in cui Mina si fa garrula e lieve (muoio quando canta “a fare tutto con un click” bisbigliata in una tonalità che arriva in cielo), con sferzanti graffiate finali in registro acutissimo. Lascia mi riporta a certe atmosfere di Olio, tutta in voce pienissima, Mina si lancia in un ritornello a tutto volume, con un vibrato che risuona come un tuono. Non ho più bisogno di te è la mia preferita: al di là della gradevolezza del pezzo in sé, adoro quell’approccio sornione e beffardo di Mina che parte bassissima e percorre tutte le sue ottave raggiungendo vette altissime nel ritornello, per poi abbandonarsi nel finale a un irresistibile e ironico divertissement che ti resta in testa. In La Gabbia la voce è scura e drammatica (mi ricorda moltissimo Secondo me) mentre spolvera un piglio pigramente funky-pop in Povero Amore, la cui strofa è una chicca assoluta da risentire in loop.Discorso a parte merita lo strombazzatissimo (e molto bello) duetto con Blanco. Al di là della bravura di Lei (che mi fa rimpiangere un po’ il fatto che le voci restino sovrapposte quasi per tutta la durata del brano), non si può non notare che a differenza di tutte le “operazioni” analoghe (che hanno coinvolto Berté, Vanoni, Berti, solo per citarne alcune) in cui l’ospite si ritrovava più che altro a fare la macchietta e vestire il cliché di se stessa, Mina non canta Mina. Mina entra nel pezzo con questa vocalità avvelenata e metallica, veste la musica di inquietudini sotterranee che si fanno spazio tra le tastiere e la voce fanciullesca di Blanco. In poche parole, fa quello che dovrebbero imparare a fare tutti i suoi colleghi: cantare un brano per quello che la musica richiede, non forzare la musica per esibire se stessi.Un ultima nota, molto personale, sulla copertina. Sono orgogliosamente fazioso e non ho problemi ad ammetterlo, ma quella foto di Mina, io ne sono sicuro, è proprio quella usata per un’immagine interna di Bula Bula, ormai quasi vent’anni fa. Quella foto, in una povera stampa fotocopiata, mi ha accompagnato dalle pagine del mio diario di scuola per anni. Rivederla ora mi ha stretto il cuore, è stato un saluto bellissimo che ho letto in quegli occhi e che ricambio, da sempre, con tutto il mio cuore. Bentornata, mia amata Mina.

Pubblicato: 5 mesi ago

Ti amo come un pazzo

“Ti amo come un pazzo” esce a meno di quattro anni dal precedente album di inediti di Mina, quel “Mina Fossati” pubblicato nel novembre 2019 la cui diffusione è stata condizionata dalle complicazioni causate dalla pandemia, ma che ancora oggi è una splendida dimostrazione di come due grandi artisti uniti in una collaborazione paritaria hanno saputo dare vita a un progetto straordinario, oltre che destinato a continuare a crescere nel tempo e nella percezione del pubblico.
Il nuovo disco di Mina mette le carte in tavola fin dal titolo, ironicamente melodrammatico, e dalla copertina, che volutamente rievoca quelle delle diffusissime riviste di fotoromanzi come “Bolero Film”, fondata nel 1947 nientemeno che da Cesare Zavattini (e ispiratrice di Federico Fellini per il suo “Lo Sceicco Bianco” del 1952), e come “Grand Hotel” e “Sogno”. Suggestione ribadita dalle atmosfere che caratterizzano molte delle canzoni contenute nel disco, che forse potremmo chiamare “canzoni-fotoromanzo” (per non ricorrere all’inglesismo “torch songs”), cioè che raccontano storie d’amore tormentato, perduto o non corrisposto.
Sono atmosfere che Mina ha già frequentato (basti pensare a “Trenodia”, che nel dicembre 1967 inaugurò la serie dei suoi 45 giri PDU) ma forse mai prima d’ora hanno caratterizzato così fortemente un suo album di inediti.

Come sempre, la selezione delle canzoni è avvenuta attraverso la lunga e metodica ricerca che Mina compie ascoltando le canzoni che le vengono inviate da centinaia di autori italiani, già affermati o ancora sconosciuti o addirittura esordienti. Fino a qualche anno fa l’invio avveniva per posta, in forma “fisica” di musicassette e poi di CD; oggi il sito PDU Music offre anche la possibilità dell’invio di MP3 (attraverso la pagina https://pdumusic.com/brani-inediti/).
Ma la ricerca personale di Mina è sempre metodica, puntigliosa e attenta, e dà origine all’arricchimento continuo di un “canzoniere italiano” che lei ha costruito e contribuito a far crescere in maniera del tutto indipendente, da discografica di se stessa che lavora costantemente e coerentemente sul proprio repertorio, attenta alla qualità dei brani che sceglie di interpretare, e proseguendo indomita nel suo lavoro di ricerca vocale che continua a dare frutti eccellenti. E’ questa l’attitudine davvero unica che fa sì che oggi la voce di Mina sia ricercata e desiderata sia da autori di lungo corso sia da autori giovani e giovanissimi che vedono in lei l’interprete ideale (e più qualificante) per le loro composizioni: non solo per merito del suo status di icona della canzone italiana, ma soprattutto perché è inclusiva, generosa di attenzioni e “trasversale” nei generi e nelle fasce di pubblico, e mantiene intatte contemporaneamente una grande popolarità e una solidissima credibilità.

L’iniziale BUTTARE L’AMORE ci porta nel vivo del discorso iniziale, del quale è una perfetta incarnazione: scritta da Matteo Mancini e Gianni Bindi, è stata la sigla della fiction “Le fate ignoranti” diretta da Ferzan Ozpetek e trasmessa da Disney+.
COME LA LUNA, di Philippe Leon e Luca Rustici (già autori di “Sono le tre” in “Le migliori” di Mina e Celentano) e come la precedente arrangiata da Franco Serafini, che in entrambe suona le tastiere e cura la programmazione, si apre in un ritornello corale quasi gospel.
Non meno drammatica, benché il tema non ne sia l’amore, è la lettera a Dio scritta da Enzo Avitabile in DON SALVATO’ (l’autore l’aveva già inclusa nel suo album “Napoletana” del 2009) che Mina canta in lingua partenopea con voce sofferta e addolorata, come se avesse “na spina rinto o core”. Arrangiamento, produzione e tastiere sono di Ugo Bongianni e Massimiliano Pani, al clarinetto e al flauto c’è Gabriele Comeglio.
Ancora Franco Serafini arrangia la malinconica FINO A DOMANI: l’autore è Federico Spagnoli, che già aveva dato a Mina “Ti meriti l’inferno” in “Maeba”, “Non mi ami” in “Le migliori” e “Questa donna insopportabile” in “Selfie”.
Un piccolo discorso a parte per ZUM PA PA. L’autore del testo è l’attore toscano Alessandro Baldinotti, che già ha scritto parole di canzoni cantate da Paolo Vallesi e Mia Martini, per quest’ultima affiancando Giancarlo Bigazzi e Paolo Hollesch (“Lacrime”) e il solo Hollesch (“Versilia”). Paolo Hollesch, del quale si ricorda un 45 giri di debutto cantautorale nel 1976 (“Un colpo di remo” / “Luce degli occhi”), è scomparso prematuramente nel 2012, ma prima aveva scritto – insieme a Riccardo del Turco – la musica di questa canzone di ambientazione felliniana-circense alla quale le tastiere programmate e arrangiate da Ugo Bongianni e Massimiliano Pani regalano una sospensione cinematografica, come fosse un sogno ad occhi aperti della Gelsomina di “La strada”, fino a un finale sospeso e tronco.
Un altro brano non inedito dell’album è TUTTO QUELLO CHE UN UOMO, la canzone che Enzo Cammariere presentò al Festival di Sanremo nel 2003 classificandosi al terzo posto e ricevendo il Premio della Critica. Nel tempo il brano è diventato un piccolo classico; la riscoperta da parte di Mina consolida questo status rendendolo un evergreen (e naturalmente, come da sua consuetudine, conservando intatto il testo al maschile di Roberto Kunstler).
La traccia più sorprendente dell’intero album è forse L’ORTO: era stata mandata a Mina qualche anno, messa fra i brani candidabili all’inclusione su disco, prima di essere presentata a X-Factor 2018 dal suo coautore (con Matteo Santarelli) Mattia Lezi, ed è una curiosa ode alla verdura che Mina canta leggerissima, divertendosi e divertendoci.
Parole e musica di LASCIA portano la firma di Antonio “Tonino” Majo: il suo, alla “tenera” età di 68 anni, è un debutto alla corte di Mina, dopo una lunga attività di turnista (ma il musicista ha nell’armadio lo scheletro di un 45 giri da cantautore, “Rabbia”, uscito nel lontano 1981). La canzone è un invito a non rinunciare a tornare ad amare anche se l’età è avanzata.
Ritorna come autrice per Mina – aveva esordito su “Maeba” con “Troppe note” – anche Viola Serafini, giovane figlia di Franco (che compone la musica del brano), con NON HO PIU’ BISOGNO DI TE, un mid-tempo dal testo amazzonico che Mina canta con suprema, sprezzante crudeltà.
A chiudere l’edizione in vinile dell’album su una nota ottimistica è il già chiacchieratissimo duetto vocale con Blanco, il quale insieme al suo coautore e “partner in crime” Michelangelo (che ha anche suonato quasi tutto il brano, ad eccezione delle chitarre elettriche di Andrea Rossini) firma UN BRICIOLO DI ALLEGRIA. La canzone non è uno dei troppi esempi di “featuring” che sono oggi così di moda; è un duetto vero e proprio, in cui le due voci si affiancano con freschezza, in un incontro di generazioni che dà vita a una canzone che ha tutto il potenziale radiofonico per accompagnarci durante l’estate che sta per arrivare.
La versione CD dell’album contiene due tracce supplementari, LA GABBIA e POVERO AMORE, che – firmate da autori “fedelissimi” di Mina come (rispettivamente) Maurizio Morante e Fabrizio Berlincioni-Michele Culotta – ci riportano alle atmosfere “da fotoromanzo” di cui si diceva in apertura (POVERO AMORE è stato scelto dal regista Ferzan Ozpetek per il suo nuovo film in uscita a Natale 2023) completando così un album sfaccettato, che esplora diverse atmosfere musicali (dalla canzone d’amore drammatica e intensa ai pezzi ironici, dalla ballad raffinata alla canzone rock e al bolero) la cui elegantissima inimitabile costante è la voce di Mina.

“Ti amo come un pazzo” sarà disponibile in più formati. 
LP classico in vinile nero; 
LP in edizione numerata e limitata in vinile Crystal; 
LP in edizione numerata e limitata vinile azzurro; 
LP in edizione numerata e limitata con copertina alternativa. 
CD 
Dal 21 aprile anche in digitale.

PDU Music è l’e-commerce ufficiale di Mina, ma il nuovo album verrà distribuito anche in tutti i negozi di dischi da Discoteca Laziale. L’e-commerce PDU Music venderà tutti i vinili ad eccezione di quello azzurro che verrà dato in esclusiva al Record Store Day del 22 aprile. PDU Music non venderà sul suo e-commerce la versione in CD.

Pubblicato: 6 mesi ago

E queste lune di marzo…


1963
 – Forzatamente lontana dalle scene in vista del parto ormai imminente, dal 29 marzo Mina riappare sugli schermi cinematografici in un breve cammeo nel film-documentario di Vittorio Sala Canzoni nel mondo cantando Il cielo in una stanza. In TV – a dispetto dalla quarantena subìta dalla RAI per la sua “scandalosa” gravidanza fuori dal matrimonio – la si potrà comunque rivedere ogni nove sere a partire dal 17 aprile e fino al 17 agosto in una serie di Caroselli precedentemente registrati per l’Industria Italiana della Birra con canzoni del suo più recente repertorio come La fine del mondo, Soldato Giò, Sabato notte, Renato, Chihuahua, Improvvisamente, Il disco rotto e altre. Nei negozi di dischi, intanto, è in arrivo un 45 giri profumato di Sudamerica: il lato A Que No Que No è una deliziosa gemma simil-carioca composta dal vogherese Pierino Codevilla, “re del tango argentino” negli anni Trenta, suocero di Giulio Libano (che ha sposato sua figlia Caterina) nonché fondatore di una casa di edizioni musicali in cui lavora Vittorio Buffoli. Sul retro, la splendida Dindi (col testo italiano di Giorgio Calabrese) segna il primo incontro di Mina con i padri della bossa nova Vinicius De Moraes e Tom Jobim che a breve ritroveremo con la loro Chega De Saudade nell’ultimo LP Italdisc della Tigre

1973 – Mentre il doppio Dalla Bussola / Altro ancora staziona ancora ai primi posti delle classifiche, la PDU si assicura un posto al sole anche nel mercato primaverile lanciando il secondo volume della serie Del mio meglio tra le cui perle spiccano le ancora inedite su album UomoLa mente torna Eccomi. È intanto imminente l’uscita di nuovo singolo per l’estate firmato Riccardi-Albertelli, Lamento d’amore, che Mina presenterà in TV dapprima nell’ultima puntata del 12 maggio dello showHai visto mai? con Bramieri e la Falana e poi all’interno del primo ciclo di Caroselli Tassoni – in onda dal 17 maggio al 4 luglio – girati da Sergio Tombolini col “mago della luce” Ennio Guarnieri nei luoghi più suggestivi del Lago di Garda, dal Castello di Sirmione al Giardino Hruska di Gardone Riviera. 

1983 – In attesa delle novità autunnali per le quali Mina è già massicciamente impegnata in sala d’incisione, sta per vedere la luce nei negozi il settimo volume della gloriosa serie dei Del mio meglio il cui inedito punto di forza – al di là della superba tracklist – sono le immagini della consueta “tetralogia” di copertina. “Una follia nata per caso in casa di Mina – ci racconterà Stefano Anselmo – una sera in cui Luciano, Mauro ed io parlavamo con lei di nuove idee per le sue copertine. Ad un certo punto, con la matita, le ho fatto per scherzo un ghirigoro intorno a un occhio. Lei, divertita, se ne è disegnata un altro subito dopo. Il resto è venuto da sé, compreso il viso-monstre a due nasi ottenuto con un manualissimo montaggio di fotocopie…”. 

1993 – Sfumata l’idea di una compilation primaverile di canzoni d’amore – dal titolo Talmente t’appartengo – sulla falsariga della fortunata antologia Oggi ti amo di più di cinque anni prima, Mina torna a sorpresa in sala d’incisione per un progetto monotematico – il suo primo dai tempi ormai lontani di Mina quasi Jannacci – dedicato ai suoi amati Beatles. La raccolta – la cui uscita è prevista per maggio – sarà in parte costituita da brani dei Fab Four incisi ex novo e in parte da cover da lei già eseguite negli anni passati…

2003 – Mentre il consueto appuntamento con la compilation primaverile della EMI è puntualmente rispettato con la raccolta di duetti Mina in duo, l’attività discografica di Mina non conosce battute d’arresto: programmato per non prima della fine del 2004 il nuovo album di inediti post-Veleno, la Tigre è al lavoro per  una nuova monografia di classici partenopei che dovrebbe vedere la luce – a sette anni dal primo, straordinario Napoli – entro novembre. Ma si parla con insistenza anche di un suo disco-tributo a Frank Sinatra già pronto da tempo ma momentaneamente ancora chiuso nel cassetto…

2013 – Una primavera di ordinario superlavoro in sala d’incisione, quella appena iniziata, per la nostra infaticabile Superstar, alle prese sia con l’incisione di nuove canzoni inedite sia con un altro progetto unplugged – dopo la buona accoglienza riservata all’American Songbook di fine 2012 – previsto per Natale. Per la copertina dell’album parrebbero in corso trattative nientemeno che con la Disney Italia…

2023 – Dopo settimane di incontrollate fughe di notizie (come non se ne vedevano dai tempi aurei in cui tra le redazioni di quotidiani e rotocalchi si scatenavano lotte senza quartiere per rivelare in anteprima ogni minima indiscrezione sul doppio album di turno), l’avvio del preorder di Ti amo come un pazzo due giorni prima del compleanno di Mina ha finalmente ufficializzato la data di uscita del disco – il 21 aprile – e quella del lancio del singolo Un briciolo d’allegriaon air da venerdì 14. Il fatto che un’emittente non propriamente filomazziniana come Radio Deejay abbia presentato tout court  la canzone come “il duetto dell’anno” la dice lunga sull’enorme curiosità che l’incontro Mina-Blanco sta unanimemente scatenando nel mondo musicale. E sempre nella seconda metà di aprile, occhio alla vostra cassetta delle lettere: sarà finalmente in arrivo la nuova, ricchissima fanzine 92 di cui vi abbiamo anticipato il sommario pochi giorni fa.
p.s. Buon compleanno alla Colonna Sonora della nostra vita!

Pubblicato: 7 mesi ago

Se la mia Kant sei tu

Se si esclude una sua estemporanea trasformazione nella doppia veste di Diabolik e di Eva Kant in una vignetta disegnata dal vulcanico Gianni Ronco per la compianta rubrica di posta di Vanity Fair, Mina non ha mai avuto alcun legame virtuale con la coppia di criminali più amata e inossidabile del fumetto italiano. Lei stessa – in una lontana intervista – aveva dichiarato di trovare “un po’ noiose” le spericolate avventure dei due. L’unico inedito trait d’union tra l’inafferrabile star e il Re (e la Regina) del Terrore è stato azzardato qualche anno fa – sul magazine Sette del Corriere della Sera – da quel fine esperto di storia del costume che è Antonio D’Orrico in un’intervista immaginaria alla oggi sessantenne Eva Kant. All’osservazione fatta dal giornalista sul fatto che “Lei e Diabolik siete stati la prima coppia di fatto del fumetto”, la risposta della bionda eroina noir creata dalle Sorelle Giussani è stata: “Confronti un po’ di date. Il 1° marzo 1963 appaio per la prima volta in edicola, il 18 aprile 1963 nasce il figlio di Mina e Corrado Pani. Per aver avuto un bambino da un uomo sposato, Mina, coraggiosissima, pagò un prezzo altissimo. Fu epurata dalla RAI. Bandita dalle case discografiche. Cose talebane. Quelli erano i tempi. Diabolik, un ladro e un assassino, e io, un’avventuriera, forse abbiamo fatto – come Mina – qualcosa di utile per rendere l’Italia un Paese più civile…”.

Pubblicato: 8 mesi ago

Nel cielo dei Burt

In una delle tante digressioni aneddotiche con cui era solito deliziarci durante le nostre periodiche chiacchierate telefoniche, il Maestro Vittorio Buffoli – indimenticabile Cardinale Richelieu dei mitici uffici milanesi della PDU Italiana ma amico e collaboratore di Mina fin dagli anni Italdisc – ci rivelò che tra gli orchestrali che accompagnarono la Tigre nei brani da lei registrati nell’ottobre 1962 negli studi newyorkesi della MGM figurava nientemeno che un pianista di nome Burt Bacharach. Ad avvalorare questa affascinante ipotesi sono i nomi a dir poco prestigiosi degli arrangiatori coinvolti in quelle sessioni americane, da Marty Manning a Paul Weston (autore, tra l’altro, della stupenda I Should Care ripresa in Dedicato a mio padre), sotto le cui direzioni erano soliti avvicendarsi i turnisti più richiesti di quegli anni negli States. Si aggiunga che, pur avendo firmato cinque anni prima col fedele paroliere Hal David un hit del calibro di Magic Moment (per Perry Como), il 34enne Burt non aveva ancora conquistato quella notorietà internazionale che sarebbe esplosa solo nel 1963 grazie alle trionfali Don’t Make My Over, Walk On By e Anyone Who Had a Heart regalate all’esordiente Dionne Warwick.

Dopo quel – probabile ma non certissimo – primo incontro, le strade professionali di Mina e del più grande songwriter statunitense dell’ultimo secolo sembravano destinate a incrociarsi un decennio dopo, allorché i vertici internazionali della EMI ipotizzarono per Lady PDU la realizzazione e il lancio su scala mondiale di un album faraonico per i cui arrangiamenti si erano già resi disponibili – stando a quanto riportato da Gigi Vesigna in un Sorrisi del novembre ’72 – nomi stellari del calibro di Count Basie, Duke Ellington, Michel Legrand, Quincy Jones e – appunto – Burt Bacharach. Senonché, l’indisponibilità di Mina a volare oltreoceano per promuovere il disco con una serie di concerti tra New York, Los Angeles e Las Vegas rese inattuabile l’ambizioso (e costosissimo) progetto.

In compenso, nel corso della sua carriera discografica, televisiva e radiofonica, la Tigre ha reso omaggio al songbook del grande Maestro in molteplici occasioni, a partire da Quelli che hanno un cuore (Anyone Who Had A Heart) e Quando tu Vorrai (What The World Needs Now Is love) proposte a Canzonissima ’68 fino alla sontuosa versione di Walk On By incisa in Salomè del 1981, passando per Raindrops Keep Me Falling On my Head (proposta nel tour del ’71 con Gaber e poi accennata tre anni dopo in un medley con Walter Chiari a Gran Varietà), la magistrale rilettura di Alfie nell’album Mina del ’71 e una deliziosamente sbracata e divertita live version di I’ll Never Fall In Love Again duettata sette anni dopo con l’amico Dorelli a Gran varietà. Già, perché le canzoni di Bacharach erano, per sua stessa definizione ,“sofisticate abbastanza da sfidare il tempo, ma non troppo sofisticate da impedire di essere suonate da un pianista in un bar”. 

p.s. Andatevi a leggere su Dagospia, se ve lo siete perso su La Stampa dell’altro ieri, il bellissimo ricordo del Maestro che Marinella Venegoni ha trovato miracolosamente il tempo di redigere nel bel mezzo della buriana sanremese.

Pubblicato: 9 mesi ago

Svegliatevi, bambine!

Nel 2013 la nostra fanzine celebrò il quarantennale del doppio Frutta e verdura/Amanti di valore dedicandogli un ampio e appassionato dossier monografico (con tanto di cronistoria del 1973). Ve ne riproponiamol’incipit così come fu scritto dieci anni fa, senza nemmeno aggiornare i riferimenti temporali e i dati anagrafici dei personaggi citati, a dimostrazione di quanto siano valide oggi come ieri le considerazioni fatte allora da Antonio Bianchi sul panorama femminile della canzone italiana. E di quanto l’album – ormai prossimo al traguardo del mezzo secolo – continui a brillare di inestinguibile modernità

di Antonio Bianchi

Aristocratico, autorevolissimo, nuovo (una scorpacciata d’inediti come non s’era mai vista), snobisticamente signorile, di un’eleganza ai limiti dell’impopolare, chic, cerebrale, lussuosamente elitario, sottilmente respingente… Senza mezze misure. Quarant’anni dopo, il doppio Frutta e verdura/Amanti di valore non ha dissolto la sua personalità a tinte forti. Basta accendere l’impianto hi-fi (o, più contemporaneamente, una docking station) e riascoltarsi difilato i due album per assaporare – unanimemente – una Mina precisa, “compatta”, coraggiosa, diversa e “parziale” rispetto ai confini, ben più vasti, del suo mondo d’interprete.

Le nuove generazioni non possono comprendere. La Pausini, Giorgia, Elisa, l’Amoroso, la Marrone sono – genericamente – “ragazze”. Le nuove generazioni di interpreti si fermano ai venti-ventinove anni. C’erano una volta, invece, le “signore”. Il giro di boa dei trent’anni segnava una linea di demarcazione. Era il momento giusto per rivelare nuove atmosfere vocali, nuovi contenuti, nuove maturità. E la Mina di Frutta e verdura/Amanti di valore è un monumento al ruolo canzonettistico di Signora. Mina lo ha inciso a 33 anni. Fa un certo effetto pensare ai 39 anni della Pausini o ai 42 di Giorgia. Anche da loro sarebbe lecito aspettarsi una maturità tangibile. Ma a livello testuale e contenutistico, le due nuove regine, pur “mature”, sono più prossime a Cristina D’Avena (la Pausini in salsa romagnola, Giorgia in salsa barbecue all’americana) che alla Mina trentatreenne. Non si tratta di una critica irriverente. La cantabilità, la digeribilità, l’emotività angusta del repertorio delle nuove signore va poco più in là dell’adolescenza.Vietato crescere. Vietato diventare paladine di un mondo più personale. Vietato delineare una personalità troppo autorevole. E vietato mostrare il proprio volto più aristocraticamente esigente, raffinato e – dunque – inevitabilmente respingente.

Mina e la Vanoni ne sono le regine. Le scelte di repertorio dei loro anni ’70 rappresentano una costante ricerca di una nuova maturità espressiva, di contenuti inusuali (addirittura “proibiti”), di un lusso espressivo, di una signorilità dai tratti intellettuali e borghesi. La Vanoni, più competitiva, ha incarnato il ruolo con una costanza e una caparbietà esemplari. Mina, più libera, lo ha lambito con minor strategia. Eppure la pietra miliare – l’apoteosi di questa signorilità d’interprete – è mazziniana: l’album Amanti di valore, ancor più di Frutta e verdura, è l’emblema imbattuto (e non più battibile) di questo filone. Più di qualsiasi album coevo della Vanoni.

Nuova immagine, nuova voce, nuove atmosfere, nuova maturità. Sono tante le chiavi di lettura che suggellano questa parentesi estrema della produzione mazziniana. Figura slanciata, magrissima. Capello riccio corto (da signora vera, fiera, altera) e platinato (ad accentuare un sentore divistico). Abiti tassativamente lunghi, talvolta ravvivati da dettagli signorilmente d’antan (una rosa laterale, piume di struzzo…). Sigaretta accesa (a evocare un’icona serale, salottiera, agiata). Voce più impura e sporca, senza levigatezze insistite, perché un velo di asperità eleva all’ennesima potenza il senso di vissuto. Registro basso enfatizzato. Atmosfere strumentali dalle rarefazioni notturne. Un velo di jazz. Sonorità elegantemente ricercate, snobisticamente lontane dagli ammiccamenti commerciali. E – soprattutto – nuovi testi impregnati di sesso, di spossatezza, di logoranti epiloghi, di lusso, di dissipazione… (…)

(Da Una Signora in due, fanzine n° 75, marzo 2013)

Pubblicato: 9 mesi ago

Di Giorgio e di notte

Si intitolava NEL 2023 una poco ricordata canzone con cui, nel 1970, Dalida e Caterina Caselli si lanciavano in fosche predizioni sul futuro dell’umanità. Il brano era piuttosto bruttarello, ma proprio per questo gli va riconosciuto – col senno di poi – il merito di aver profetizzato con efficacia l’abisso qualitativo in cui sarebbe precipitata la musica leggera del terzo millennio. Quello che le due suddette Cassandre canore non seppero prevedere, però, è che una loro esimia collega cremonese avrebbe attraversato con serafica determinazione il tellurico incedere dei decenni, avrebbe superato indenne l’inarrestabile tracollo del mercato discografico, e si sarebbe infine presentata alla porta d’ingresso del tanto temuto 2023 con le sempreverdi credenziali artistiche di una star che non teme il domani. Dal nuovo disco di inediti in arrivo a gennaio alle altre emissioni (non solo) mazziniane in uscita nei prossimi mesi, passando per l’agognato docufilm di MINA IN STUDIO di imminente programmazione ancora non si sa su quale piattaforma, le novità che bollono nel calderone PDUMUSIC sono tante. Così come sono tante, tantissime le misconosciute gemme paleominoiche che attendono da anni l’occasione buona per rivedere la luce. Ce ne viene in mente una la cui riscoperta potrebbe essere un bel modo per rendere omaggio a Giorgio Gaber di cui ricorrerà a Capodanno il ventennale della scomparsa: un misterioso acetato promozionale con un’inedita versione de LE STRADE DI NOTTE duettata da Mina e dal Signor G alla vigilia della loro prima tournée insieme di inizio ’70. L’incisione fu programmata un’unica volta in radio nel corso di una puntata della trasmissione serale di Mike Bongiorno e Paolo Limiti FERMA LA MUSICA“Attenzione, questa è una canzone che non troverete nei negozi!”, si affrettò a precisare Mister Allegria ai radioascoltatori prima che partissero le prime note del brano. Qualcuno dei nostri lettori più agés ha memoria – o, ancora meglio, possiede una registrazione – di questa fantomatica “chicca” di inestimabile valore artistico?

Buon Natale e Buon Anno a tutti!
Pubblicato: 9 mesi ago

Buon Natale!

Photo: Stefano Ancillotti – Disegno: Gianni Ronco per pdumusic

Pubblicato: 10 mesi ago

Voici les clés!

Encadenados

Un disco interamente cantato da Mina in spagnolo.

Un progetto musicale che vide la sua pubblicazione una sola volta nel mercato Latin negli anni ‘90, viene adesso rimasterizzato e pubblicato su vinile e nastro analogico.

Un disco che suona straordinariamente attuale pur essendo composto da canzoni di una bellezza senza tempo.

L’album è arricchito da una copertina e libretto interno con fotografie inedite di Mauro Balletti.

Allegato di posta elettronica
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Mina in studio 2001 – 2021

Per celebrare i 20 anni dalla presentazione del video “Mina in studio” pubblicato in DVD nel 2001 e fuori catalogo da molti anni, esce per la prima volta su supporto audio un doppio album in vinile che raccoglie tutti i 10 brani realizzati durante le sessioni di registrazione dal vivo del 2001 con l’aggiunta di una canzone nuova realizzata nel 2021 con la stessa tecnica di registrazione live in studio: “Accarezzame”.

(P.Calvi, N.Salerno)

 

Il doppio disco contiene grandi standards americani realizzati a ballad jazz, due boleros latini e canzoni senza tempo della tradizione italiana. Una band formata da jazzisti d’eccezione e una orchestra d’archi diretta da Gianni Ferrio, accompagnano Mina che in questo progetto unico nel suo genere dimostra tutta la sua unicità e bravura.

Dilettevoli eccedenze

Nasce una nuova collana per dare il giusto merito a brani rimasti in panchina al momento di fare la definitiva track list di un album, oppure dimenticati nei cassetti o usati come “ghost track” su CD.
Facciate B di 45 giri mai pubblicati su album e brani cantati da Mina solo per la pubblicità.

Belle canzoni che, sotto il titolo di “Dilettevoli eccedenze”, ottengono attenzione e il giusto spazio su un disco a loro dedicato.

Allegato di posta elettronica
Pubblicato: 10 mesi ago

Ricordo dicembre…

Dicembre 1962– Con la sua esecuzione de Il cielo in una stanzanella puntata del 20 dicembre di Canzonissima,Mina accede alla finalissima del 6 gennaio (a eseguire il pezzo in tale serata sarà, però, Gino Paoli in sostituzione dellaTigre“dimissionaria” per gravidanza). Sempre in questi giorni registra per l’Industria Italiana della Birra due cicli di Caroselli, rispettivamente diretti da Vittorio Carpignano e da Enzo Trapani, che andranno in onda tra il 17 aprile e il 21 agosto del 1963 e che costituiranno le sue uniche apparizioni sui teleschermi italiani nell’anno della sua maternità-scandalo… 

Dicembre 1972 – Nonostante non appaia in TV ormai da maggio (e cioè dalla conclusione di Teatro 10e dopo aver dominato la Hit Parade estiva col singolo Amor mio/Capirò, nelle settimane prenatalizie Mina riconquista i primi posti delle classifiche discografiche sia col 45 giri Eccomi/Domenica sera sia col doppio album Uno più uno (che dopo le Feste sarà rieditato coi due volumi Altro e Dalla Bussola disponibili singolarmente), Nel frattempo, in vista dei successi futuri della Titolare, la PDU rinnova le attrezzature della Basilica di Milano con modernissimi impianti di transfert e sofisticate apparecchiature Ampex a 16 e a 8 piste e Telefunken a 8, a 2 e a 1 pista… 

1982 – Dopo il buon successo (anche nelle discoteche) del singolo di lancio Morirò per te, la promozione natalizia del doppio Italiana è affidata al 45 giri – solo in edizione promozionale per i juke-box – contenente Mi piace tanto la gente (sigla dello show domenicale Due di tutto diretto da Enzo Trapani) e Sweet Transvestite. Ma, come preannunciato dalla fanzine numero 9/10 del Minafanclub parmense, Mina è già al lavoro per incidere  una serie di cover di successi anni Cinquanta che, nell’autunno 1983, faranno da sigle iniziali alla nuova trasmissione di Raiuno Trent’anni della nostra storia

Dicembre 1992– Il doppio Sorelle Lumièreè ancora ai vertici dei dischi-strenna più venduti e già nel quartier generale PDU si pensa ad una nuova possibile emissione discografica da lanciare in primavera. L’idea più accreditata, per il momento, è quella di un nuovo greatest hits, sulla falsariga di Oggi ti amo di più, per il quale Mina avrebbe già pronto il titolo: Talmente t’appartengo. Ma non è da escludere una soluzione diversa come potrebbe essere, ad esempio, un’antologia monografica con inediti (magari griffata Beatles?)…

Dicembre 2002– Terzo singolo in vista per la promozione radiofonica del magnifico Velenodi Mina. La scelta cade sulla “facile” Ecco il domani. della quale, però, dopo il lusso delle due covercreate da Gianni Ronco per i primi due singoli pubblicati nei negozi (Succhiando l’uvaCerte cose si fanno) sarà stampato solo un promofuori commercio e privo di copertina…

Dicembre 2012– Il successo al di là di ogni più rosea previsione di 12e il rapido esaurimento nei negozi della prima tiratura in dodici differenti copertineha costretto la Sony a dare alle stampe e a immettere nel mercato già prima di Natale la “tredicesima” copertina del disco, ovvero quella standardcon tutte e dodici le immagini. A gennaio, poi, vedrà la luce l’attesa edizione in vinilela cui busta – wow– conterrà al suo interno una gradita sorpresa… 

Dicembre 2022– MentreThe Beatles Songbooksi prepara a essere la strenna discografica più acquistata e più regalata da parte di quella resiliente nicchia di pubblico che ancora crede nella Musica come sinonimo di Arte, Cultura e Bellezza, tra i fedelissimi di Mina ferve già l’attesa deldisco di inediti(con unacover) chepdumusiclancerà a gennaio. Nel frattempo, lostoremazziniano renderà disponibili nei prossimi giorni leUSB carddei primi tre LP usciti in ottobre: “Inizialmente la versione in digitale era prevista solo per il nuovo disco di inediti– aveva chiarito alcune settimane fa l’efficiente e gentilissimaMilena Paninel preannunciare questa ghiotta novità –ma poi, viste le numerose richieste, abbiamo deciso di allargare il progetto a tutti i dischi di Mina presenti nello shoppdumusic.Fedeli alla nostra missione di realizzare prodotti di alta qualità audio, PDU renderà disponibile una USB card che conterrà gli LP a 96KHZ/24bit. La chiavetta sarà un prodotto a sé e venduta separata dal vinile per lasciare la libertà di scelta nell’acquisto della versione in digitale o di quella analogica. A breve il nuovo prodotto sarà inserito all’interno dello shop di pdumusic per il pre-ordine e a quel punto saremo in grado di avere informazioni più precise sulla data di uscita e sul costo. Anche per questo prodotto il packaging sarà super bello e super curato!”. 

 

Pubblicato: 11 mesi ago

Ve ne dico Quattro

Quando manca  una settimana esatta dal lancio sul mercato fisico e digitale dell’attesissimo The Beatles Songbook, vi (ri)proponiamo dalla nuova fanzine l’incipit del minuzioso dossier Quattro ragazzi per me in cui Antonio Bianchi ripercorre i sessant’anni di passione tra Mina e i Fab Four…

di Antonio Bianchi – Cover: Mauro Balletti

Hanno rappresentato la musica nell’accezione più libera, istintiva e rivoluzionaria. E oggi, a sessant’anni dal loro debutto e a cinquantadue dallo scioglimento, incarnano il riferimento imprescindibile per chi ama la musica e anche per chi ama leggerne, scriverne e studiarla. Perché ai Beatles è legata una bibliografia infinita che rappresenta la traccia più preziosa per indagare la musica pop rock. Anche fra gli addetti ai lavori, c’è chi non ha mai ascoltato un loro disco e ignora la sorprendente evoluzione che si dipana nell’ascolto in ordine cronologico della loro produzione. Ogni album dei Beatles, specie dal ’65, è un triplo salto in avanti, un record polverizzato. C’è chi ne riduce la portata accostandoli ad altri “miti”. Pensiamo alla sempiterna contrapposizione con i Rolling Stones (che incarnano una dimensione ben più parziale del concetto di musica) o pensiamo a Elvis, mito generazionale più che musicale. Gli emuli di The Pelvis sono imbrigliati al suo personaggio più che alla sua musica. Pensiamo a Little Tony, a Johnny Halliday e ai mille altri emuli in giaccona variopinta, frangiona e brillantina. Pensiamo anche alla timbrica di chi si avventura nel repertorio presleyano: tutti ricreano pedissequamente il modello di riferimento. Mina compresa. Come se cantare Elvis imponesse costantemente il ricorso al modello originale. 

Anche i Beatles sono – generazionalmente – frutto della rivoluzione presleyana. Ma il loro apporto alla musica è andato infinitamente oltre. Per cantare i Fab Four non serve rappresentare visivamente il riferimento. E men che meno è necessario ricrearlo timbricamente e stilisticamente. Questo materiale si presta alle atmosfere strumentali più diversificate, ai repertori più lontani e alle soggettività stilistiche più estreme: dai musicisti classici ai jazzisti incalliti, dalle rock band (soft e heavy metal) alle più grandi voci classiche (da Sinatra in poi).

L’elasticità è la caratteristica più interessante dei sopralluoghi mazziniani in ambito beatlesiano. Con un’evidenza che, nella nuova antologia, si delinea con una chiarezza preclusa ai generici album di cover, che mescolano generi, repertori e riferimenti stilistici troppo variegati per consentire indagini terse. Stavolta, la formula è adottata sulla base di un riferimento univoco (il repertorio beatlesiano, appunto) e consente annotazioni ben più unanimemente soppesabili. A cominciare dalle modalità d’approccio al repertorio dei Fab Four. Che si rivelano sorprendentemente libere, senza briglie. Mina lambisce i classici beatlesiani da prospettive diverse, mutando costantemente intenzioni e punti d’osservazione (…).

 

Pubblicato: 11 mesi ago

Per aspera ad astra

di Luigi Iacobellis

“La musica è finita. È finita nel senso che nessuno investe più su un nome nuovo e, a mala pena, su un nome accreditato. Internet, Youtube e dintorni hanno cambiato e distrutto gli equilibri che tenevano in vita tutto questo po’ po’ di ambaradan che è la musica leggera e non solo… ma è vero che il vinile va di moda? Come suonava bene… Con il vinile c’era più anima, la musica era meno asettica. Si sentiva il respiro e l’emozione che sono spariti quasi del tutto con l’utilizzo delle nuove strumentazioni”. Con queste parole Mina qualche anno fa affrontava, a più riprese, il tema dell’industria musicale e dei supporti discografici. 

Da qualche giorno abbiamo appreso attraverso i canali ufficiali del nuovo ambizioso progetto PDU Music, una rivoluzione in chiave futuristica del modo di fruire della musica di Mina e di tanti altri artisti. In altre parole, riprendendo lo slogan pubblicato sul sito, la musica in tre dimensioni per un nuovo multiverso del collezionismo musicale che si realizza seguendo variegate linee progettuali. Un ritorno al passato che ormai da qualche anno è ritornato ad essere protagonista delle emissioni e delle vendite, il vinile, rivisitato in chiave estremamente qualitativa e fortemente esclusiva. Qualitativa nel senso della ricercatezza di materiali, tecniche di registrazione e packaging nella realizzazione di un prodotto secondo elevati standard, in grado di soddisfare i consumatori più ricercati. Esclusiva seguendo tre direttrici spiegate da Massimiliano Pani nella conferenza stampa e con comunicati successivi: limitare il mercato digitale dello streaming sulle piattaforme online, consentendo all’acquirente di poter scaricare file audio di altissima qualità solamente e unitamente al prodotto fisico non trovando i brani in rete; escludere dalla vendita alcuni prodotti negli store fisici e online, acquistabili unicamente sul canale ufficiale; accantonare un supporto tradizionale, come il compact disc. A questo si aggiunga l’universo NFT (con esclusive immagini e file audio acquistabili), il nuovo merchandising da collezione (al momento t-shirt e flangia serigrafata) e i nastri analogici che da qualche anno sono diventati pezzi di culto per gli audiofili più esigenti. Un catalogo destinato col tempo ad arricchirsi non soltanto dell’universo Mina ma anche di tanti altri noti artisti (già presenti tra gli altri Ivano Fossati, Mia Martini, Domenico Modugno, Sergio Caputo, Vinicius de Moraes e Sergio Endrigo, il trio Rea-Golino-Moriconi) e nuove giovani – e meno giovani – scoperte che potrebbero avere nella PDU Music un canale di promozione e diffusione della propria arte. 

Come tutte le rivoluzioni che portano questo nome, le reazioni degli addetti ai lavori, critici e giornalisti ma anche dei tantissimi collezionisti, acquirenti di musica e semplici appassionati non sono mancate, delineando un variegato caleidoscopio di sentimenti e posizioni contrastanti su vari profili. I più attenzionati, tra questi, riguardano l’abbandono del supporto del compact disc, la decisione di non inserire i brani in streaming sulle piattaforme online musicali, la non reperibilità di alcuni prodotti negli store fisici e online per la vendita esclusiva sul canale pdumusic.com (si veda tra questi, nelle intenzioni comunicate, il nuovo album di inediti di Mina). 

Operazione squisitamente commerciale? Non credo, almeno non nelle premesse e nelle finalità. Oso credere che l’idea sia partita dalla stessa Mina, come del resto tutto quello che attiene alle sue scelte artistiche e professionali e i motivi di questo progetto nascono da varie riflessioni. Prima di tutto l’anniversario della PDU stessa fondata dal papà Giacomo Mazzini che, raggiunti i 55 anni di gloriosa attività, necessitava di essere rilanciata anche alla luce del glorioso e troppo spesso dimenticato passato. La PDU certamente nasce come casa discografica di Mina, una scelta che le ha consentito di esprimere al meglio il proprio essere Artista libera, indipendente, slegata da logiche commerciali e da direttive imposte dall’alto, permettendole di realizzare nei tempi, modi e declinazioni dettate solo da lei il proprio modo di fare ed essere musica. Se oggi abbiamo un patrimonio musicale di Mina così vasto e diversificato, un unicum rispetto a qualsiasi cantante, esattamente come l’ha voluto lei e che rispecchia le sue scelte e convinzioni, è anche grazie alla PDU e alla possibilità di essersi svincolata dalle strette briglie della tradizionale industria discografica, non senza operare scelte musicali alcune volte ardite e condizionate soltanto dal credere fortemente nel progetto, scevre da dietrologie economiche e di incassi. PDU, dunque come strumento per essere propriamente libera di rappresentare il proprio lavoro al pubblico, principale strumento di comunicazione di Mina da oltre quarant’anni. 

Non bendiamoci gli occhi, però, rispetto a quanto è successo negli ultimi anni a riguardo delle emissioni discografiche di Mina. Ai più attenti si è avvertito in maniera evidente come Mina stessa abbia perso, in qualche modo, la gestione del suo catalogo per motivi legati a diritti e vincoli contrattuali che non è questo il momento di indagare. Di certo non sono mancate raccolte ed emissioni discografiche nell’ultimo periodo, talvolta anche a valanga e così ravvicinate nel tempo, senza alcuna apparente progettualità di fondo o novità che giustificassero il nuovo prodotto e che sono fermamente convinto non abbiano nemmeno visto il coinvolgimento o l’assenso di Mina stessa, che anzi – forse – avrebbe preferito cestinare il tutto se fosse stato nel suo esclusivo potere. Il progetto della nuova PDU Music, pur non potendo cancellare tutto questo, certamente rappresenta una effettiva modalità per Mina di rimettere in parte la propria firma sulla gestione del suo patrimonio artistico. E su questa linea trovano conferme le dichiarazioni di Massimiliano Pani in parte del “manifesto” progettuale: recuperare il catalogo e riproporlo con emissioni periodiche, programmate e definite esclusivamente sull’onda della qualità. Qualità espressa nel packaging curato ed esclusivo (dalla cura della grafica alla scelta degli scatti/disegni/copertine inedite, dalla qualità della stampa ai materiali utilizzati, dai booklet allegati alla cura dell’impacchettamento).  Qualità espressa nella purezza del suono e delle registrazioni in grado di rievocare emozioni e bellezza (come riportato sul sito “utilizzando al massimo la tecnologia odierna, con un criterio da audiofili, usando macchine di un tempo unite a macchine moderne con suono vintage, registratori analogici Studer e Ampex perfettamente restaurati a macchine esoteriche a valvole della britannica EAR Yoshino, sino ad arrivare a macchinari appositamente costruiti su nostre specifiche, sempre rimanendo in ambito analogico”; si pensi anche alla scelta preferenziale del vinile nero, come riferito dallo stesso Massimiliano, in grado di superare le logiche puramente commercial-collezionistiche delle valanghe di più o meno utili ristampe in vinile colorato degli ultimi anni, ad esclusivo vantaggio del suono). Qualità espressa nello stesso progetto e tracklist degli album che non diventano una mera trasposizione dell’originale ma si arricchiscono di tracce inedite o di brani/prodotti mai realizzati sul supporto. Dimostrazione è data dai primi prodotti realizzati: “Mina in studio 2001-2021”, per la prima volta su supporto audio un doppio album in vinile che raccoglie tutti i brani realizzati durante le sessioni di registrazione dal vivo del 2001 del dvd con l’aggiunta di Accarezzame, una canzone nuova realizzata nel 2021 con la stessa tecnica di registrazione live in studio; “Encadenados”, per la prima volta su vinile in versione rivista e rimasterizzata l’album “Nostalgias” realizzato nel 1998 per il solo mercato spagnolo e latino-americano contenente alcune versioni in lingua rimaste ancora inedite nel nostro Paese di brani già pubblicati in Italia; “Dilettevoli eccedenze”, brani mai pubblicati su album e cantati da Mina solo per la pubblicità, ghost-track o inediti lasciati nei cassetti e che ora ritrovano degna sistemazione per il grande pubblico. Già partendo solo da questi tre progetti è di tutta evidenza come l’acquisto del prodotto musicale ritrovi un senso, senza perdersi nelle logiche esclusive del profitto a scapito dei collezionisti e aprendosi anche all’interesse di nuovi o occasionali consumatori.

C’è anche un differente profilo da esaminare in questa nuova PDU Music. Troppo spesso agganciamo la PDU a Mina, quasi come se fosse una sovrapposizione automatica ed unica, dimenticandoci come il catalogo della casa discografica si sia arricchito nel corso degli anni di decine di artisti e generi musicali differenti, un ricchissimo melting pot culturale di musica classica (Marta Argerich, Maurizio Pollini e vari grandi solisti), Bossa Nova (Toquinho, Chico Buarque de Hollanda, Vinicius de Moraes), musica Celtica (Alan Stivell), Jazz italiano (Giorgio Gaslini, Martial Solal, Franco Ambrosetti, Danilo Rea, Massimo Moriconi, Alfredo Golino, Renato Sellani, Bruno Tommaso, Romano Mussolini, Martial Solal, Gaetano Liguori, Guido Mazzon, Andrea Centazzo), Rock progressive (Popol Vuh), Tangerine Dream, Peter Tosh per il reggae e tanti altri artisti italiani  e stranieri (tra tutti Milly, Massimo Bozzi, gli Audio 2, Marisa Sacchetto, i Domodossola, Tihm, Aulehla & Zappa, Marita, Johnny Sax, Milena, Proxima, Roberto Ferri e Luigi Grechi, Angel Pato Garcia, Lyonesse senza dimenticare Severino Gazzelloni). La nuova PDU music si pone l’ambizioso obiettivo di riscoprire l’anima autentica della sua storia, ponendosi come soggetto protagonista nelle produzioni musicali di qualità, certamente con Mina come protagonista ma non esclusiva. Dimostrazione è data dai prodotti già presenti in catalogo o di prossima pubblicazione di Fossati, Mia Martini, Domenico Modugno, Sergio Caputo, Vinicius de Moraes e Sergio Endrigo, il trio Rea-Golino-Moriconi, destinato ad arricchirsi di nuovi titoli e artisti e, perché no, di nuovi talenti che si affacciano nel mondo della musica. 

Ora in questo scenario come si collocano le scelte più criticate da alcuni di questo progetto? Direi allineandosi esattamente con la filosofia sopraesposta. La decisione di non inserire i brani in streaming sulle piattaforme online musicali e la non reperibilità di alcuni prodotti negli store fisici e online per la vendita esclusiva sullo shop della PDU Music possono certamente rappresentare scelte antipopolari ma sono strumenti fondamentali per raggiungere l’obiettivo sperato: diffondere gradualmente la mission e lo spazio PDU Music, anche a scapito degli incassi. A chi ha frettolosamente attribuito all’operazione una esclusiva natura speculativa, direi che a ben guardare si tratta dell’esatto contrario. Escludere i canali tradizionali di vendita – dal negozio di dischi all’ipermercato, passando per i colossi del commercio elettronico – significa, inevitabilmente, rinunciare quantomeno nell’immediato agli incassi che provengono soprattutto dal grande pubblico (non dal fan o dal collezionista) e questa di per sé è una scelta antieconomica, se si pensa che il nome di Mina è trainante nelle vendite da anni per il grande pubblico, pur nei limiti della crisi del mercato discografico determinata dal passaggio al formato digitale. A questo si aggiunga proprio la scelta di escludere dalle piattaforme streaming i nuovi prodotti editi nel progetto: come è possibile fidelizzare il cliente in questa nuova filosofia che pone al centro il supporto vinile di alta qualità e appassionarlo ad un nuovo modo di interagire con il prodotto se lo stesso brano è facilmente reperibile online, finanche gratis? Il violento passaggio dal disco in vinile al compact disc, la facile replicabilità di quest’ultimo e il diffondersi della pirateria musicale, la diffusione del web e, quindi, l’avvento dei download selvaggi illegali fino ad arrivare allo streaming legalizzato – a pagamento o con massicce dosi pubblicitarie – è impopolare dirlo ma hanno diseducato il pubblico. La musica e tutto quello che gira attorno al prodotto musicale sono stati progressivamente affiancati al concetto di gratuito, come se in un solo istante fossero stati cancellati tutti i costi di produzione, di materie prime, di fasi discografiche, di infrastrutture e macchinari, di ricerca e sviluppo, di remunerazione dei lavoratori del settore e dell’artista, di logistica, di tassazione e oneri solo per citarne alcuni. La musica oltre ad essere diventata liquida sembra essere stata ascritta al paradiso della gratuità, elevata quasi ad un diritto soggettivo di fruizione per assecondare le proprie esigenze primarie di svago e di cultura. Discorso che stranamente non viene percepito per altri prodotti, come ad esempio il libro, a cui si riconosce la funzione e il giusto prezzo nella fase di acquisto. By the way, se fosse veramente così, se uno Stato fosse in grado da solo di sostenere tali oneri vivremmo veramente su Bula Bula, la nostra isola ideale. La realtà è un’altra e, tralasciando alcune operazioni commerciali di indubbio gusto e discutibile elevato prezzo finale di vendita, non dovrebbe destare scandalo e stupore che la musica ha un costo ed è un bene oggetto di acquisto e non di fruizione gratuita. E in questo senso si giustificano i prezzi di vendita dei nuovi prodotti sullo store che devono necessariamente tenere conto della molteplicità di fattori innanzi esaminati.  Sull’abbandono del supporto del compact disc, sarà necessario attendere e non dare necessariamente per definitiva la scelta. Il tempo, il mercato, le richieste che perverranno dai consumatori ne stabiliranno la morte o una rinnovata sopravvivenza, come è accaduto per il vinile. Al momento, però, la scelta è coerente con quello che si propone di fare la PDU Music, puntare sulla qualità audio del supporto in vinile e sul futuro nel mondo degli NFT e del metaverso. 

Ultima annotazione sollevata al progetto riguarda il possibile ostacolo alla diffusione dei nuovi lavori di Mina, soprattutto per il grande pubblico e i più giovani. Mina ha da sempre rinunciato ad ogni forma di pubblicità, è l’emblema stesso dell’harakiri del marketing promozionale del proprio lavoro, sfugge ad ogni forma autocelebrativa e di réclame. Chi non la conosce, facilmente cadrebbe nell’etichettarla gratuitamente come snob, autoreferenziale e menefreghista del proprio pubblico quando invece è proprio l’esatto contrario. Per lei fare musica, oltre a rispondere ad un istinto innato e geniale, significa entrare in punta di piedi con i propri lavori, lasciando volare libere le proprie canzoni come farfalle senza alcuna imposizione, nella consapevolezza che arriveranno a destinazione, come lei stessa dice, per viali imponenti, ma anche per viuzze piccoline, apparentemente inutilizzabili. Ad ennesima dimostrazione che tutto quello che può essere frettolosamente bollato come scopo di profitto si schianta con azioni o, per meglio dire non azioni, che si dirigono nel senso contrario. Certamente i nuovi lavori non resteranno nell’orticello di un sito ma troveranno degno spazio sui mass media e sui canali ufficiali e, forse, troveranno proprio in ciascuno di noi appassionati di lungo e recente corso il veicolo propulsore di diffusione, quasi novelli ambasciatori di un patrimonio destinato ad arricchirsi a tutto vantaggio delle nostre emozioni. Del resto, come scrive Mina, la musica rimane; tutto passa, tutto muore. La musica no. Ti si pianta nel cuore e non ti abbandona. 

Auguri a Mina, a Massimiliano e Milena Pani, a Mauro Balletti e Gianni Ronco, ai musicisti, tecnici e a tutto lo staff che lavora in questa rinnovata Pdu Music. Per Aspera ad Astra, verso un ambizioso futuro che ha tutti i presupposti per brillare nel segno rinnovato dell’eccellenza e della qualità.

 

Pubblicato: 11 mesi ago

E stamo mejo noi che non magnamo mai…

Le DILETTEVOLI ECCEDENZE che aprono la collezione di meraviglie a tre dimensioni della pregiata boutique pdumusic sono state accolte nella nostra pagina di Facebook con DISDICEVOLI ECCESSI di acidità da parte di una rumorosa minoranza di sedicenti mazziniani. Se è per molti versi comprensibile e condivisibie la diffusa nostalgia del CD tra quanti – come chi scrive – fino a oggi hanno acquistato i vinili per puro sfizio estetico e sentimentale, fatichiamo invece a giustificare i toni livorosi di coloro che contestano senza mezze misure la coraggiosa svolta “élitaria” – ad alta qualità – intrapresa da Mina e dal suo staff. In buona parte si tratta – come è facile verificare raffrontando i numeri milionari di aficionados della fan page ufficiale con le cifre nude e crude delle tirature raggiunte dagli ultimi dischi – di gente ormai abituata a godersi per un soldo di cacio l’intero scibile musicale sui vari Spotify, Skifofy et similia e il cui ultimo acquisto “fisico” risale probabilmente a una musicassetta farlocca di MINACELENTANO pagata due lire vent’anni fa a un incolpevole vu’ cumprà accampato sottocasa. Non si spiegano altrimenti certi commenti micragnosi sui presunti prezzi “proibitivi” dei nuovi lussuosissimi LP in vendita al più che accessibile costo di meno di 40 euro l’uno. Quanto all’altrettanto contestato acquisto “obbligato” di un giradischi, basta fare un salto all’IKEA per trovarne di ottimi – con cuffia – a poco più di 100 euro. E pazienza se per avere tutto questo i meno abbienti tra noi dovranno rinunciare di buon grado a un paio di cene in pizzeria ogni mese. “Perché l’amore – citando i versi della sempre bella BACHELITEse è vero amore è del tipo ‘qualche santo aiuterà’…”.