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Mina Ri-Fi ’64 raccontata dai fans

A REBOURS

di Massimo Serzio

Sono venuto al mondo nell’anno in cui Mina dava alle stampe la sua clamorosa svolta concettuale e di immagine chiamata Frutta e Verdura/Amanti di Valore, ma ho cominciato seriamente ad ascoltarla, cercarla, adorarla comprando uno dei suoi album più controversi (per pubblico e critica – ma non per me) il cui incipit era nientemeno che un’aria tratta da un’opera lirica: Ridi Pagliaccio.

Ho, dunque, conosciuto Mina in un punto strategico della sua carriera; non c’erano ancora stati – d’accordo – le prodezze Jazz, le cover Classiche, le sonorità Elettroniche, i tanti album monotematici e gli sconvolgenti inediti di Piccolino/Caramella/Facile, ma (anch’io posso dire che) in quel primo ardimentoso acquisto c’era già tutto (o quasi). C’era già tutta la Mina che era stata e che di lì a poco sarebbe stata: il Rock, la Classica, il Jazz, il Pop, una dimensione più acustica e quella più strutturata e arrangiata, i grandi cantautori, gli inediti e le cover (mancano solo i ‘tanghi’). E poi, anzi primaditutto, c’erano la Sua Voce, la sua intelligenza, la sua voglia di sperimentare e di Essere Suono, Suono che vibra come lo Spirito dentro al corpo, e si manifesta infine per proclamare non solo la sua Essenza, ma la Noumenica Essenza dell’Arte.

Ma torniamo al ’64. Nei miei primi anni di passione Mazziniana, non ho avuto un grande amore per il suo repertorio pre-PDU, diciamo più precisamente che mi ci è voluto tempo per arrivare a ‘guadagnare terreno’ lungo la sua sterminata discografia. Erano anni di pochissime amicizie e nessuno scambio musicale, quindi ho lentamente comprato (grazie alle paghette della Nonna) la discografia fino al Live’78 (il primo spartiacque che mi ero proposto), e poi lentamente (mi ci sono voluti due anni e mezzo) fino al ’68 (esclusi i due ‘album neri’).

(In seno alla discografia di Mina, non so perché, i due ‘album neri’ non mi hanno mai realmente convinto/emozionato fino in fondo; mi sono sempre sembrati una terra di mezzo, uno spartiacque tra quello che era e quello che di lì a poco sarebbe stato, il frutto di una ricerca e di una grande voglia di cambiamento, attuato però attraverso mezzi – o forse persone – inadeguati).

Tutto quello che avevo, a quel tempo, della Mina pre-PDU era un cofanetto di Sei Musicassette che mescolava Ri-Fi e Italdisc in un gran calderone informe, ma era sempre musica che non m’interessava…

Come potevo, del resto, dopo aver avuto l’imprinting con la voce di Mina in Ridi Pagliaccio, interessarmi a un repertorio così antico, in cui neanche riconoscevo la Voce di Mina?

Dopo poco, però – con l’avvento delle prime ristampe in CD – comprai le due raccolte Summertime (in inglese) e Brava (in italiano) che comprendevano solo repertorio Ri-Fi e cominciai a capire che quel calderone informe di canzoncine antiche poteva anche riservare delle gradite sorprese (e soprattutto, in CD, mi sembrava tutto più bello da sentire). Ma il problema del repertorio Italdisc e Ri-Fi era che non poteva essere esplorato per album, dato che il mercato dell’epoca si muoveva con i più agili Quarantacinque Giri, e moltissime canzoni che mi ritrovavo nelle compilation degli anni ’90, non erano mai state parte di un album. Fortunatamente la Ra-Ro! ebbe la strepitosa idea di ristampare in versione CD gli album ufficiali Italdisc, così cominciai a percepire i differenti spessori musicali e le interessanti variazioni timbriche della Voce di Mina nei due periodi, ben delineati – finalmente – nella mia testa. Dopo poco anche gli album Ri-Fi furono ristampati e m’imbattei finalmente nell’ascolto integrale di Mina’64: album completo, amplissimo, onnicomprensivo; delicato e forte, intenso e leggero; un lavoro pensato ed emotivo, un manifesto programmatico indissolubile, un vero e proprio Numero Zero.

È stata proprio un’esperienza singolare, come io abbia dovuto ricostruire tutta la discografia di Mina a ritroso album per album, e poi dall’inizio, singolo per singolo, per poter arrivare a comprendere e dare il giusto rilievo a questo lavoro formidabile.

Mina’64 si incastona nella discografia di Mina come una gemma preziosa in un diadema a cui esso stesso ha dato forma; un diadema composto da quasi tutte pietre miliari, che guardano indietro a questa prima come un Déjà vu (nel senso più strettamente parapsicologico del termine, cioè come fenomeno di precognizione, o percezione extra-sensoriale); opere partorite da semi di volta in volta diversi, ma sempre recanti quell’indissolubile patrimonio genetico che è l’Essenza di Mina: artista, musicista, donna e madre; Dèa della Musica, tramite e corpo necessari alla propagazione del Suono, Paradigma vivente dell’Arte.

 

 

SENZATITOLO

di Pina Cardali

Potersi concedere la opportunità di riascoltare qualcosa di non proprio recente, è sempre un’occasione deliziosa.

La gioia di ritrovare quel che già si conosceva e la sorprendente sensazione di riscoprire nuovi “dettagli”, stavolta una sfumatura, una inflessione della voce, anche la forte intensità nella pur sola breve pausa tra una sillaba e l’altra, tra una nota e l’altra, l’estendersi di una vocale, prevalentemente la “i” e poi l’emozione di tornare a provare la stesse emozioni di una volta, che non sempre sono legate a cose od avvenimenti datati, ma solamente al momento dell’ascolto strettamente concepito e racchiuso in se stesso.

Così stasera “gira” un “senzatitolo”. E’ così attuale… sempreverde, ma… è tanto facile tornare ad immergersi nei ricordi… 1964.

Di Mina, un’altra dimostrazione del suo trasporto, della sua sensibilità e passione per i classici della musica, per quei brani che le sono rimasti dentro,  in questa occasione, provenienti  da differenti culture musicali (non meno importante delle altre, la “nostra”, allora recente, “E se domani”).

Un album che rappresenta  una pietra miliare nella discografia a nella carriera artistica della nostra Signora della Musica.

Il suo primo vero 33 giri. Un album che sicuramente occupa un posto di rilievo fra gli scaffali degli appassionati , e che non dovrebbe mancare fra quelli di ogni amatore di musica.

Lascio a chi meglio di me, su quest’opera, può segnare note descrittive o critiche. Io, semplicemente vorrei riportare le impressioni di bambina di fronte a quella “novità”, rispolverando le emozioni di allora.

Ascoltavo questo album, acquistato mossa da tanto interesse, ragazzetta di appena dodici anni, quando, a primo impatto, abituata alle solite copertine colorate, con diciture sfavillanti, della discografia degli interpreti di musica leggera, mi ritrovavo davanti la stupenda, essenziale immagine della copertina.

Già questa, che ancora rigiro fra le mani come un oggetto prezioso, mi lasciava intuire qualcosa di insolito e, messo il vinile sul piatto, a ogni brano mi andavo sempre più convincendo che mi trovavo davanti ad un’opera davvero grande.  Brani mai ascoltati prima, che adesso, grazie a lei, cominciavo a conoscere e ad apprezzare. E mi accorgevo di sentirmi un’allieva. Era tutto così nuovo, per me. Quella voce, quelle note, quei versi, che, con attenzione, cercavo di tradurre, gli arrangiamenti di Augusto Martelli.  Avevo scoperto i colori della musica.

Si, il colore. E poi il modo sempre più appassionato di interpretare quelle composizioni che, adesso, dopo ormai 50 anni, non mi stanco mai di ascoltare, cogliendovi sempre nuove sfumature, che sin da allora lasciavano ben trasparire ciò che ha dato grande significato, alle grandi sue opere di questi ultimi anni.

Quella che io definisco  “la filologia dell’… allieva”, secondo me inizia proprio con l’album senza titolo del ‘64, continua con l’altro firmato “Mina” del ‘66, e poi negli anni, una parabola, fino a culminare con “L’allieva”, “12 (American Song Book)” e, oggi, con lo splendido “Christmas Song Book”.

 

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STESSA SPIAGGIA STESSO MARE

di Mario Basile

Nell’estate del 1963 avevo tredici anni . Frequentare la terza media a Catania per me era stato un grosso traguardo . Di quell’anno mi ricordo una straordinaria insegnante di lettere , la professoressa Gioffreda , alla quale sono ancora riconoscente per essere riuscita a trasmettermi il piacere della lettura e della scrittura . Mi ricordo che quando superai quelli che ancora erano degli esami impegnativi ( cinque giorni per gli scritti e due per gli orali ) ero felice e soddisfatto . Mio padre mi comprò un grosso gelato . Lo assaporai soddisfatto con il sottofondo della canzone ‘ Stessa spiaggia , stesso mare ‘ di quella Mina che era da poco diventata madre di Massimiliano , ma che restava sempre l’interprete frizzante che piaceva tanto a noi ragazzi , sebbene all’orizzonte era sorta una cantante giovanissima , lentigginosa e , comunque , bravissima , che faceva impazzire i teen-agers : Rita Pavone .
Mina però era ancora il simbolo della freschezza , della libertà , della bellezza e della giovinezza . Esattamente un anno dopo il gelato mi fu offerto dalla stessa Mina , sempre fresca e allegra , che ci rallegrava con la sua ‘ Se mi compri un gelato ‘ . Allora era l’epoca dei 45 giri . Un cantante ne faceva uscire uno ogni tre mesi e la radio li trasmetteva da mane a sera , senza però ripetere la stessa canzone più di una volta al giorno . Le canzoni dei 45 giri venivano poi raccolte nei 33 giri , che allora non erano altro che semplici antologie di brani quasi tutti già ascoltati e quindi molto popolari . La sorpresa avvenne subito dopo quando apparve un LP con una foto , in un bellissimo bianco e nero , di una Mina che in copertina si toccava , ironica e stupefatta , il capo adornato dai suoi lunghi e nerissimi capelli . I titoli , a parte un paio , erano a me tutti sconosciuti . Io allora non avevo la possibilità di comprare un album , ma rimanevo estasiato leggendo quei misteriosi titoli in inglese o in spagnolo . Due sole canzoni erano in italiano e di esse una sola veniva trasmessa alla radio : la bellissima e già nota ‘ E se domani ‘ , passata quasi inosservata ai più al Festival di Sanremo di quell’anno , ma da Mina trasformata subito in un evergreen della canzone italiana .
Tra le note di copertina si leggeva : Mina interpreta dodici canzoni non appartenenti allo stesso filone , bensì disparatamente diverse . E le interpreta in maniera superba ognuna nella sua lingua originale , con una perfetta dizione , riuscendo ad esprimere ogni volta l’atmosfera nella quale queste canzoni sono nate . In questo long-playing vi sono canzoni americane , sudamericane , spagnole , italiane , vi sono canzoni che appartengono ai generi più diversi , dal classico americano alla bossa nova , al samba , alla beguine , e per ognuna Mina ha trovato la sua giusta misura .
Se questo long-playing doveva rappresentare la tesi di laurea per Mina il risultato è stato raggiunto : Mina è una cantante internazionale la cui statura è difficilmente valutabile , tanto è alta .
Non erano affermazioni esagerate , sono passati infatti quasi quarant’anni , ma questo disco , che tra l’altro ebbe il premio della critica , rimane una delle cose più belle di Mina . Un paio di anni dopo ne venne realizzato un altro , anch’esso bellissimo , realizzato anch’esso nel prestigioso studio della ‘ Fonorama ‘ di Carlo Alberto Rossi , ‘ Mina 2 ‘ , quasi una seconda puntata del primo , sempre con classiche canzoni scelte da lei , tra le quali spiccavano ‘ Uno ‘ , ‘ Ebb tide ‘ , ‘ Lontanissimo ‘ , ‘ Angustia ‘ , ‘ I’m fool to want you ‘ , ma senza costituire più la prorompente sorpresa che per i fans fu il primo disco .
Ho comprato quest’estate questi due storici CD , le canzoni le avevo sentito e risentito tante volte , ma ancora una volta mi sono stupito come una Mina appena ventiquattrenne abbia potuto avere la maturità di scegliere e poi incidere dei grandi classici della canzone americana come ‘ The nearness of you ‘ oppure ‘ Everything happens to me ‘, già così perfette nella loro prima esecuzione , e ancora quella che rimane una delle più belle canzoni del grande Frank , ‘ Angel eyes ’ , contenuta , come la straordinaria ‘ Ebb tide ‘ , nello struggente e inarrivabile , sono parole della stessa Mina , ‘ Frank Sinatra sings for only the lonely ‘ del 1958 oppure l’argentina ‘ Sabor a mi ‘ , bellissima nella sua ritmica , e ancora le brasiliane ‘ La barca ‘ , che Mina ha di recente ricantato , ma purtroppo non ha inserito nel suo ‘ Studio 2001 ‘, e quella che rimane uno dei più famosi classici di Jobim , l’intrigante ‘ Insensatez ‘ . Non dimentico di citare ancora la struggente ‘ Ninguem me ama ‘, la raffinata ‘ Stella by starlight ‘ , resa schioppettante da un arrangiamento a tempo di bossa nova , la famosissima ‘ You got to my head ‘ , doveroso tributo al jazz e a Dizzie Gillespie , l’accattivante ‘ Stars fell in Alabama ‘ , resa in modo estremamente incisivo da una Mina deliziosamente bamboleggiante , e infine l’omaggio , con ‘ Non illuderti ‘ , al cantante che , nel lontano 1958 , alla Bussola , le permise il debutto , quando , quasi per gioco , le cedette il microfono , facendole continuare ‘ Un anima tra le mani ‘ : Don Marino Barreto jr .
Anche gli arrangiamenti di Augusto Martelli erano esemplari per l’epoca , creativi e variegati con una tecnica di registrazione all’avanguardia per quei tempi .
Sono passati quarant’anni e quasi tutto è cambiato . Anche Mina si è evoluta , ma , secondo me , non è cambiata . Il gusto della ricerca , della perfezione , della voglia di interpretare quello che più le aggrada , già così presente in quel lontano disco del 1964 , è ancora presente e direi in forma ancora più rafforzata e matura anche nelle sue ultime produzioni discografiche .
Mina è stata una grande interprete dal vivo , ma , nella dimensione intima del disco , ha dato e può dare ancora tantissimo . Forse il meglio deve ancora effettivamente venire … E sicuramente verrà con i prossimi dischi dedicati ai classici della canzone napoletana e americana . Non ci saranno più la stessa spiaggia , né lo stesso mare , ma ci saranno sempre la stessa genialità e la stessa voglia di cantare il meglio e , da parte nostra , lo stesso amore verso di lei .