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Pubblicato: 1 anno ago

Nel cielo dei Burt

In una delle tante digressioni aneddotiche con cui era solito deliziarci durante le nostre periodiche chiacchierate telefoniche, il Maestro Vittorio Buffoli – indimenticabile Cardinale Richelieu dei mitici uffici milanesi della PDU Italiana ma amico e collaboratore di Mina fin dagli anni Italdisc – ci rivelò che tra gli orchestrali che accompagnarono la Tigre nei brani da lei registrati nell’ottobre 1962 negli studi newyorkesi della MGM figurava nientemeno che un pianista di nome Burt Bacharach. Ad avvalorare questa affascinante ipotesi sono i nomi a dir poco prestigiosi degli arrangiatori coinvolti in quelle sessioni americane, da Marty Manning a Paul Weston (autore, tra l’altro, della stupenda I Should Care ripresa in Dedicato a mio padre), sotto le cui direzioni erano soliti avvicendarsi i turnisti più richiesti di quegli anni negli States. Si aggiunga che, pur avendo firmato cinque anni prima col fedele paroliere Hal David un hit del calibro di Magic Moment (per Perry Como), il 34enne Burt non aveva ancora conquistato quella notorietà internazionale che sarebbe esplosa solo nel 1963 grazie alle trionfali Don’t Make My Over, Walk On By e Anyone Who Had a Heart regalate all’esordiente Dionne Warwick.

Dopo quel – probabile ma non certissimo – primo incontro, le strade professionali di Mina e del più grande songwriter statunitense dell’ultimo secolo sembravano destinate a incrociarsi un decennio dopo, allorché i vertici internazionali della EMI ipotizzarono per Lady PDU la realizzazione e il lancio su scala mondiale di un album faraonico per i cui arrangiamenti si erano già resi disponibili – stando a quanto riportato da Gigi Vesigna in un Sorrisi del novembre ’72 – nomi stellari del calibro di Count Basie, Duke Ellington, Michel Legrand, Quincy Jones e – appunto – Burt Bacharach. Senonché, l’indisponibilità di Mina a volare oltreoceano per promuovere il disco con una serie di concerti tra New York, Los Angeles e Las Vegas rese inattuabile l’ambizioso (e costosissimo) progetto.

In compenso, nel corso della sua carriera discografica, televisiva e radiofonica, la Tigre ha reso omaggio al songbook del grande Maestro in molteplici occasioni, a partire da Quelli che hanno un cuore (Anyone Who Had A Heart) e Quando tu Vorrai (What The World Needs Now Is love) proposte a Canzonissima ’68 fino alla sontuosa versione di Walk On By incisa in Salomè del 1981, passando per Raindrops Keep Me Falling On my Head (proposta nel tour del ’71 con Gaber e poi accennata tre anni dopo in un medley con Walter Chiari a Gran Varietà), la magistrale rilettura di Alfie nell’album Mina del ’71 e una deliziosamente sbracata e divertita live version di I’ll Never Fall In Love Again duettata sette anni dopo con l’amico Dorelli a Gran varietà. Già, perché le canzoni di Bacharach erano, per sua stessa definizione ,“sofisticate abbastanza da sfidare il tempo, ma non troppo sofisticate da impedire di essere suonate da un pianista in un bar”. 

p.s. Andatevi a leggere su Dagospia, se ve lo siete perso su La Stampa dell’altro ieri, il bellissimo ricordo del Maestro che Marinella Venegoni ha trovato miracolosamente il tempo di redigere nel bel mezzo della buriana sanremese.