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Pubblicato: 1 anno ago

Svegliatevi, bambine!

Nel 2013 la nostra fanzine celebrò il quarantennale del doppio Frutta e verdura/Amanti di valore dedicandogli un ampio e appassionato dossier monografico (con tanto di cronistoria del 1973). Ve ne riproponiamol’incipit così come fu scritto dieci anni fa, senza nemmeno aggiornare i riferimenti temporali e i dati anagrafici dei personaggi citati, a dimostrazione di quanto siano valide oggi come ieri le considerazioni fatte allora da Antonio Bianchi sul panorama femminile della canzone italiana. E di quanto l’album – ormai prossimo al traguardo del mezzo secolo – continui a brillare di inestinguibile modernità

di Antonio Bianchi

Aristocratico, autorevolissimo, nuovo (una scorpacciata d’inediti come non s’era mai vista), snobisticamente signorile, di un’eleganza ai limiti dell’impopolare, chic, cerebrale, lussuosamente elitario, sottilmente respingente… Senza mezze misure. Quarant’anni dopo, il doppio Frutta e verdura/Amanti di valore non ha dissolto la sua personalità a tinte forti. Basta accendere l’impianto hi-fi (o, più contemporaneamente, una docking station) e riascoltarsi difilato i due album per assaporare – unanimemente – una Mina precisa, “compatta”, coraggiosa, diversa e “parziale” rispetto ai confini, ben più vasti, del suo mondo d’interprete.

Le nuove generazioni non possono comprendere. La Pausini, Giorgia, Elisa, l’Amoroso, la Marrone sono – genericamente – “ragazze”. Le nuove generazioni di interpreti si fermano ai venti-ventinove anni. C’erano una volta, invece, le “signore”. Il giro di boa dei trent’anni segnava una linea di demarcazione. Era il momento giusto per rivelare nuove atmosfere vocali, nuovi contenuti, nuove maturità. E la Mina di Frutta e verdura/Amanti di valore è un monumento al ruolo canzonettistico di Signora. Mina lo ha inciso a 33 anni. Fa un certo effetto pensare ai 39 anni della Pausini o ai 42 di Giorgia. Anche da loro sarebbe lecito aspettarsi una maturità tangibile. Ma a livello testuale e contenutistico, le due nuove regine, pur “mature”, sono più prossime a Cristina D’Avena (la Pausini in salsa romagnola, Giorgia in salsa barbecue all’americana) che alla Mina trentatreenne. Non si tratta di una critica irriverente. La cantabilità, la digeribilità, l’emotività angusta del repertorio delle nuove signore va poco più in là dell’adolescenza.Vietato crescere. Vietato diventare paladine di un mondo più personale. Vietato delineare una personalità troppo autorevole. E vietato mostrare il proprio volto più aristocraticamente esigente, raffinato e – dunque – inevitabilmente respingente.

Mina e la Vanoni ne sono le regine. Le scelte di repertorio dei loro anni ’70 rappresentano una costante ricerca di una nuova maturità espressiva, di contenuti inusuali (addirittura “proibiti”), di un lusso espressivo, di una signorilità dai tratti intellettuali e borghesi. La Vanoni, più competitiva, ha incarnato il ruolo con una costanza e una caparbietà esemplari. Mina, più libera, lo ha lambito con minor strategia. Eppure la pietra miliare – l’apoteosi di questa signorilità d’interprete – è mazziniana: l’album Amanti di valore, ancor più di Frutta e verdura, è l’emblema imbattuto (e non più battibile) di questo filone. Più di qualsiasi album coevo della Vanoni.

Nuova immagine, nuova voce, nuove atmosfere, nuova maturità. Sono tante le chiavi di lettura che suggellano questa parentesi estrema della produzione mazziniana. Figura slanciata, magrissima. Capello riccio corto (da signora vera, fiera, altera) e platinato (ad accentuare un sentore divistico). Abiti tassativamente lunghi, talvolta ravvivati da dettagli signorilmente d’antan (una rosa laterale, piume di struzzo…). Sigaretta accesa (a evocare un’icona serale, salottiera, agiata). Voce più impura e sporca, senza levigatezze insistite, perché un velo di asperità eleva all’ennesima potenza il senso di vissuto. Registro basso enfatizzato. Atmosfere strumentali dalle rarefazioni notturne. Un velo di jazz. Sonorità elegantemente ricercate, snobisticamente lontane dagli ammiccamenti commerciali. E – soprattutto – nuovi testi impregnati di sesso, di spossatezza, di logoranti epiloghi, di lusso, di dissipazione… (…)

(Da Una Signora in due, fanzine n° 75, marzo 2013)