Pubblicato: 11 anni ago
Natale in casa Mazzini
di Filippo Davoli
L’allieva ci aveva sorpreso. 12 ci aveva convinto. Christmas Song Book ci ha emozionato. Mina, si sa, non ha bisogno di presentazioni. Ed anzi, dal 2000 in poi – da quell’indimenticabile incursione nella musica sacra che è Dalla terra – avevamo capito compiutamente che la sua parabola interpretativa si preparava a dare il meglio negli anni che sarebbero venuti. Uno dice: si può dare di più di quanto non si sia già fatto – e superlativamente – negli anni della giovinezza e della prima maturità? Ma Mina non è una creatura comune. Non è un’interprete come le altre. Mina è un miracolo della natura, uno stato di grazia che matura perpetuandosi (o che si perpetua maturando). E’ un metallo prezioso che si raffina, un’intelligenza (musicale, ma non soltanto; e si avverte nelle cose che canta e soprattutto in come le canta) che si allarga come lo sguardo, incantato da ogni minuscolo stupore e tuttavia coltivato nel nascondimento operoso.
Stavo riascoltando, in questi giorni, i molteplici dischi natalizi di interpreti celeberrimi, bianchi e neri, pop e jazz, italiani e stranieri. Hanno tutti la stessa piega, la stessa delicata retorica fatta di campanellini, violinetti, cori d’angeli, minuterie…
Il Christmas Song Book di Mina, invece, è un disco di jazz che prende spunto dal Natale ma si tuffa nel quotidiano migliore: e lo fa impareggiabilmente, sempre perigliosamente sul filo del rasoio (tra balocchi e lunarità), accompagnata impareggiabilmente dai suoi fidatissimi musicisti. Anche Gianni Ferrio – in questo che è il suo testamento artistico – dimostra di comprendere che la sua è e dev’essere piuttosto una lievissima sottolineatura in quello che è già di per sé un disegno perfetto e compiuto. Tanto che il tessuto di archi che sottintende Silent night è estremamente minimale, asciutto, poco “ferriano” per intendersi. A riprova di quanto penso. Perché in effetti Silent night, già ascoltata nella Piccola Strenna, era già ultimativa, definitiva (e naturalmente splendida: così poco natalizia e così infinitamente bella). Mina poi gigioneggia ancora: sia con Babbo Natale incastrato nel camino, sia con le volate “ghirigoriche” in chiusura di Let it snow (che richiamano da vicinissimo i virtuosismi finali di Canto anche se sono stonato di luttazziana memoria, in Caterpillar del ’91). E invece – forte della sua superlativa ironia, un’ironia sa però essere innamorata e acuminata, quando serve – al di là delle boutades (che sono poi anche indizio dell’essere a suo pieno agio nell’incidere questo disco natalizio); forte delle sue doti di natura, ma anche di cultura, Mina ci regala il suo momento più alto in I’ll be home for Christmas. Un brano che sarebbe bastato, da solo, a ricordarci – se mai ce ne fosse stato bisogno – che come lei non c’è proprio nessuno. Né di qua né di là dal mare. Se non che, noi minomani non saremmo sopravvissuti a lungo, con una sola canzone tra le mani. E così la Signora, che evidentemente deve volerci un po’ di bene, non si è limitata a tornare a casa per Natale con le mani quasi vuote. E di canzoni ce ne ha incise 12, una più bella dell’altra.
Il Tg2 ..delle 13,30
ha presentato il nuovo Album di MINA
Christams Song Box ..facendo sentire il duetto con Fiorello
Hanno detto che “voce” di MINA è sempre straodinaria da ascoltare.
Bonjour, finesse! Ad ogni modo, afferrato il concetto…
Ho letto delle recensioni una piu’ bella dell’altra e non me ne meraviglio…credo e sono convinto di questo che se Mina cantasse i peti…sarebbe superlativo lo stesso…io amo questa donna…