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Pubblicato: 7 anni ago

Viva voce

In attesa dell’anteprima – entro fine mese – della stupefacente copertina e del ricchissimo sommario, vi regaliamo un primo assaggio della nuova superfanzine primaverile 83 anticipandovi l’incipit del prezioso excursus di Antonio Bianchi sulla Mina dal vivo – sia nei concerti in pubblico del primo ventennio di carriera che nei successivi live in studio a porte chiuse – che farà da sfizioso corollario al dossier celebrativo del quarantennale del Live 1978, scelto come argomento-clou del numero insieme a una dettagliatissima e splendidamente illustrata monografia su Mina testimonial dal primo Carosello del ’59 per i Frigoriferi Atlantic all’attuale sodalizio con Tim…

di Antonio Bianchi

 

Sei decenni dall’ingresso sul primo palcoscenico, quello di Castelvetro Piacentino, il 14 settembre ‘58. Quarant’anni dall’ultima standing ovation a Bussoladomani. Cinquant’anni dal concerto alla Bussola, del 14 aprile ’68, per il decennale di carriera (poi confluito nel primo disco “live” della produzione mazziniana). Venticinque anni da Mina canta i Beatles e da Lochness volume 1, in cui per la prima volta fa capolino con compiutezza la fragranza del “live in studio”. Una serie di compleanni che non poteva passare inosservata sulle pagine della nostra fanzine. Anche perché fra i tanti mosaici pazientemente ricostruiti dal Mina Fan Club, quello relativo alla Mina dal vivo è stato affrontato per piccole porzioni e mai nella sua compiutezza.

Urge un’annotazione autoreferenziale: appartengo a una generazione che per una manciata d’anni non ha potuto lambire la Mina in concerto. Una considerazione questa che vale per una buona percentuale d’irriducibili mazziniani. Tanti, come me, si avventano voraci sugli amarcord di chi ha avuto la possibilità di assistere a un concerto di Mina. Si tratta di testimonianze emozionanti che, però, lasciano un po’ d’amaro in bocca. Perché ricreano il contesto, la trepidazione, il coinvolgimento del pubblico e la luminosa presenza di Mina, sempre “Bravissima” ma senza mai provare a lambire un perché. Buona parte di queste disamine, in fondo, sorvola sul vero oggetto d’interesse: la musica, l’approccio interpretativo, le scelte di repertorio, le formazioni orchestrali, il brano considerato più coinvolgente…

Sarebbe bellissimo poter leggere annotazioni mirate da parte di chi ha avuto la possibilità di assistere, in anni diversi, a più concerti mazziniani. Perché la Mina del ’78 – per limitarci a esempi documentati discograficamente e verificabili da chicchessia – è altra cosa dalla Mina del ‘72, a sua volta diversa dalla Mina con Gaber, dalla Mina alle prese con i tour balneari degli anni ’60 e, più indietro, dall’“urlatrice” degli esordi. È sempre Mina, ma la formazione orchestrale, le atmosfere, l’impostazione vocale, il repertorio, l’approccio interpretativo la rendono sempre diversa. Si delineerebbero considerazioni inedite, mai verbalizzate, mai indagate, mai precisate (…)