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Pubblicato: 6 anni ago

Mario De Luigi, una vita tra musica e dischi

Solo poche settimane fa avevamo menzionato nel nostro blog un suo splendido post in cui celebrava – nel sito di Musica e dischi che era quanto rimaneva della gloriosa testata cartacea da lui diretta per decenni – il primo posto in classifica agguantato dalla smagliante Mina di Maeba. Oggi, purtroppo, dobbiamo tornare a occuparci di Mario De Luigi per annunciarne l’improvvisa scomparsa. Nel 2008, in occasione del nostro dossier dedicato al quarantennale della PDU e ai suoi storici protagonisti, avevamo avuto l’onore di incontrare il grande giornalista nel suo ufficio milanese per l’intervista-ritratto qui di seguito riproposta…

 

I quarant’anni della PDU? Sono tutti lì, bell’e documentati sulle pagine patinate di Musica & Dischi. Come lo è, del resto, tutta la storia della fonografia italiana.

Era l’ottobre del 1945 quando il 39enne modenese Aldo Mario De Luigi, responsabile dell’ufficio Pubblicità della Voce del Padrone (progenitrice della EMI), stampò a sue spese il primo numero di un mensile di novità fonografiche intitolato Musica (la dicitura e Dischi sarebbe stata aggiunta solo dal numero 3). Malgrado il momento storico tutt’altro che favorevole (nel povero Belpaese appena uscito dalla Guerra, la diffusione dei gracchianti 78 giri era ancora ristretta ad una sparuta élite di musicòfili), la nuova testata incontrò subito il favore degli operatori del settore, diventandone presto l’organo informativo ufficiale. Negli anni successivi, di pari passo con la crescita del mercato del disco e con il progressivo boom dei microsolchi prima a 45 e poi a 33 giri, la rivista conobbe svariate metamorfosi nel formato e nella foliazione, arricchendo via via il proprio organico di collaboratori prestigiosi e dando vita alla prima “borsa” settimanale made in Italy dei dischi più venduti. Nel ’58 entrò a far parte della redazione, prima come correttore di bozze e poi come aspirante critico discografico, il figlio quattordicenne di De Luigi, Mario junior. In un Notiziario Italdisc da lui curato proprio in quei mesi, due minuscoli trafiletti annunciavano le novità a 45 giri di una certa Baby Gate con When/Be Bop A Lula e di una non meno oscura Mina con Malatia/Non partir. Il ragazzo non poteva ancora sapere che sotto quell’apparente doppia identità si celava un’unica cantante, destinata di lì a poco a diventare la nuova regina della scena canora italiana. Nonché l’inquilina più assidua, vita natural durante, delle classifiche di Musica & Dischi.

Ma le similarità tra le vicende esistenziali del giovane Mario e quelle della Tigre non si limitano ai loro esordi professionali più o meno simultanei. Nel gennaio del ’68, De Luigi senior scomparve all’improvviso, lasciando nelle mani del figlio la direzione del mensile da lui fondato e portato al successo. Nel frattempo, con altrettanto coraggio imprenditoriale – sia pure sotto le ali sicure del padre – Mina si apprestava a far decollare la sua PDU, scegliendo proprio le maxipagine di M&D come primo trampolino di lancio promozionale del repertorio della neonata etichetta.

Il rapporto di stima e di amicizia di De Luigi jr. con la famiglia Mazzini si rinsaldò ulteriormente negli anni seguenti: fu lui, nel ’69, a firmare le note di copertina dell’LP Bugiardo più che mai più incosciente che mai. Uno scritto prezioso per il quale Mina volle esprimere pubblicamente il suo apprezzamento in una lettera inviata a Musica & Dischi in occasione del Venticinquennale della rivista.

Sempre a De Luigi, fin quasi alle soglie del Duemila, spettò l’onore di ascoltare puntualmente in anteprima assoluta ogni nuovo album di Mina per poi redarne la cartella-stampa di presentazione (compito, questo, in seguito affidato a Franco Zanetti di Rockol). Tutto questo, però, senza mai avere un contatto diretto con la cantante, se si esclude un fugace incontro del tutto casuale ai tempi di Attila, nell’ufficio del comune amico Luciano Tallarini. “Ma il fatto di non conoscerla di persona – ci confessa Mario – non ha fatto che aiutarmi a scrivere di lei e del suo lavoro sempre con la massima obiettività”. Ciò non toglie, tuttavia, che almeno in un’occasione, Mister M&D abbia tentato con la Tigre un approccio estraneo al suo abituale ruolo di giornalista: “Alla fine degli anni Ottanta, con un noto amico musicista di cui non farò il nome nemmeno sotto tortura, ho scritto una canzone per lei. Non era la mia prima incursione dall’altra parte della barricata del mondo discografico: in precedenza mi ero già cimentato come produttore per l’etichetta Divergo e avevo firmato diversi testi per artisti come Franco Nebbia, con cui ho fatto del cabaret, e Milly (nel suo album premiato dalla critica Canti d’amore e libertà, registrato nel ’72 in Basilica da Abramo Pesatori per la PDU). Nel ’78 mi sono messo alla prova persino come cantautore in un paio di brani dell’album Punto a Capo, inciso per la Divergo insieme ad altri interpreti. Poi, ho continuato a scrivere testi più che altro per hobby. Uno di questi – una storia dai colori forti, genere odi et amo, che mi sembrava perfetta per Mina – lo diedi da musicare ad un compositore ben inserito nell’entourage mazziniano, delegandogli anche il ruolo di intermediario con lei, dato che non mi andava di espormi in prima persona. Dopodiché, delle sorti di quella canzone – sempre che sia mai arrivata negli uffici di via Senato – non ho più saputo nulla…”.

(Da Storia e gloria della PDU di Mina Il suo canto libero fanzine n° 67, marzo 2008)