Magnifica presenza
“… Forse l’immagine più potente, più toccante di Saturno contro è una panca di ospedale vuota. Si è consumato il tempo a disposizione di una vita, l’attesa è finita. Finito quel confuso senso di vane speranze, quel desiderio inconfessato di una morte liberatoria, espresso in una muta, non articolabile richiesta ai medici perché compiano un gesto pietoso che metta fine a quel dolore, che restituisca dignità al malato. Su una panchina come quella ero stato anch’io, fuori dalla stanza dove uno degli amici che più hanno contato per me giaceva in coma. Si chiamava Flavio Merkel e a lui, che ne è stato l’ispirazione, il film è dedicato. Flavio non era né giovane né bello come Luca Argentero che lo interpreta ma, come il personaggio del film, amava riempire la sua casa di un’umanità “colorata” che era la sua famiglia di adozione, tanto diversa da quella reale che aveva a lungo stentato a capirlo, forse accettarlo. Eravamo in tanti in quell’ospedale ad alternarci per una breve visita vicino al suo letto, spesso convinti che, a dispetto del parere dei medici, si accorgesse di noi, comunicasse con un battito di occhi, un sospiro. Alcuni avevano ricordi di un’amicizia antecedente la mia, come Ferzan Ozpetek e Gianni Romoli, che ha scritto con Ozpetek il film e lo ha prodotto con Tilde Corsi. Ma tutti noi eravamo “gli amici” di Flavio, quelli che in un ospedale «non contano un cazzo», come dice l’infermiera Milena Vukotic nel film. Quelli che devono stare al proprio posto, senza nessun diritto…”
Con queste toccanti parole lo sceneggiatore Claudio Masenza ricordava – sulle pagine di un numero di Ciak del 2007 – l’amico Flavio Merkel di cui oggi, 22 agosto, ricorre il quindicennale della scomparsa. Del nostro amato socio fondatore restano a noi del Minafanclub – oltre a un ricordo umano indelebile – tanti splendidi scritti che per oltre due decenni hanno impreziosito le pagine della “sua” fanzine. Quello che vi riproponiamo qui di seguito – mirabilmente in bilico tra prosa e poesia – è il racconto di un’avventura straordinaria e irripetibile da lui vissuta in un pomeriggio di febbraio del 1981 al fianco di Marco Piancastelli e Mauro Coruzzi nei mitici uffici milanesi della PDU italiana in via Senato 12……
ERO IO, ERI TU, ERA iERI
di Flavio Merkel
Quella volta che t’ho incontrata
se il mio cuore ha retto vuol dire che ero sano.
E’ apparsa, un secondo, sulla porta:
ha detto “buongiorno” ed è sparita.
Due facce sconosciute erano troppo
per la sua avversità alle sorprese.
Il buon Renzo si è alzato dalla scrivania
e ci ha detto: “Aspettate”.
Marco ed io ci siamo guardati
e detti ad alta voce: “Non è possibile!”
Per caso, quel giorno, eravamo da Renzo
a parlare di lei.
Via Senato era ormai la meta,
il tempio dove c’erano le reliquie.
Sulla scrivania erano sparse foto
che Renzo ci dava per il Bollettino.
Il Club aveva un anno di vita
ma non speravamo in tanta fortuna.
Renzo, con il suo fare gentile, ritorna:
“Le ho detto chi siete, verrà”.
Sentiamo provenire dal fondo dell’ufficio
il suono indistinto di una musica.
Dopo un’attesa eterna di cinque
o dieci minuti, lei entra.
Grande, imponente, tutta in nero,
gli occhiali ray-ban scuri, i capelli tirati,
la MINA.
Ci alziamo, impietriti e sbalorditi,
è lì davanti a noi, così, all’improvviso.
Non sappiamo bene che cosa fare,
tendiamo la mano.
Lei ce la scansa e invece ci abbraccia,
divertita e chiacchierona.
Il famoso ghiaccio si è rotto in un secondo.
Si chiede vicino a noi, ci chiede di noi;
Chi siamo, da dove veniamo, che cosa facciamo…
Ci chiede se ci è piaciuto KYRIE,
le interessa il nostro giudizio.
Ci chiede se abbiamo visto Sanremo,
due giorni prima.
Ci canta PER ELISA imitando Alice.
ANCORA di De Crescenzo le è piaciuta molto.
Arrivano Quaini e Cantarelli,
gentili, sorridenti e simpatici.
Mina dice a Cantarelli che una delle sue canzoni
le piace molto (è SONO SOLA SEMPRE?).
Fuma Marlboro, ci chiede che cosa vogliamo,
ordina un cappuccino scuro (sono le cinque del pomeriggio).
Guarda le foto sulla scrivania,
le commenta come se non fossero le sue.
E’ allegra, ride, scherza
è la Mina che ho sempre pensato,
una donna felice delle sue scelte.
Quella mezzora passa troppo in fretta.
Ci lascia con promesse che sappiamo vane,
chissà quando ci rivedremo mai.
Ma che importa, questa volta me la ricorderò, eccome.
Che importa se è stato il caso
E non la volontà a farci incontrare.
Che importa se mi devo accontentare di una voce senza corpo.
Che importa se non la vedrò più,
né di persona, né sul palco, né in tivù.
Che importa se il tempo passa,
se lei non è più la stessa.
Forse che io son rimasto lo stesso?
Che importa tutto…
Tutto passerà vedrai,
ma tu, Mina, resterai.
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