Questione di stile
Il fatto che Mina, con la sua inossidabile Collection 3.0 (ancora in diciassettesima posizione mentre vi scriviamo), sia risultata per tutta l’estate l’interprete femminile preferita dagli Italiani nelle pur volatili e capricciose classifiche degli album più scaricati su iTunes è davvero un segnale in stridente controtendenza col trend culturale ed etico del momento. Se ben ci pensate, non potrebbe esserci Voce meno adatta della sua a fare da ideale colonna sonora all’Italia dei giorni nostri: sinonimo di talento e di professionalità in un Paese ai cui vertici (e alle cui basi) prevalgono l’inettitudine e il dilettantismo, simbolo di coerenza e di onestà intellettuale tra troppi sgomitanti voltagabbana che sacrificano la propria dignità per rimediare un precario posticino al sole, la Signora si appresta a sfidare in grande stile l’autunno discografico con un album che riporterà ai più alti livelli il concetto di “canzone”, ripulendoci le orecchie da mesi di reggaeton usa-e-getta, di trap smandrappati e di quella che perfino il modaiolo Rolling Stone ha bollato col calzante epiteto di musica ‘emmerda. E se il suo nome ha fortunatamente smesso da tempo di figurare tra quelli più chiacchierati dal gossip balneare (“Mina non fa più notizia ma rimane la nostra cantante numero 1”, scriveva Gherardo Gentili già 43 anni fa su Sorrisi), ci ha fatto invece molto piacere vederlo citato (tirando curiosamente in ballo la splendida Allora sì di Califano-Guantini incisa nel doppio 25) in un libro del severo linguista Nicola Gardini – Le dieci parole latine che raccontano il nostro mondo – edito qualche settimana fa da Repubblica: “Lo stile è la persona stessa, che scriva o no. In uno dei suoi album più belli, Mina cantava: ‘Forse sono strana io, ma il tuo stile non mi va..’, criticando non un poeta, ma un uomo che ha il torto di comportarsi troppo gentilmente in amore…”.
(Illustrazione: Graziano Rimondini)
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