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Pubblicato: 8 anni ago

Ci vediamo al fondo di un bicchiere…

Sono passati esattamente 56 anni da quella maledetta alba romana del 3 febbraio 1960 in cui Fred Buscaglione, mentre stava facendo ritorno in albergo dopo una delle sue solite errabonde ed interminabili nottate dal whisky facile, perse la vita schiantandosi contro un camion a bordo della sua Ford Thunderbird rosa shocking. Solo poche ore prima, al termine di una cena con un gruppo di amici nella Trattoria degli Artisti di via Margutta, si era intrattenuto per una breve chiacchierata con la star del momento, Mina, appena rientrata nella Capitale dopo la sua prima partecipazione al Festival di Sanremo. Pare che in tale occasione i due avessero accennato all’eventualità di un progetto artistico da realizzare insieme (un musicarello per il cinema? Uno spettacolo in TV? Una canzone scritta appositamente per lei? Non lo sapremo mai…). Quel che è certo, è che con la tragica uscita di scena – ad appena 38 anni – del grande Fred, il suo amico e paroliere di fiducia Leo Chiosso piombò nella più cupa disperazione, restandosene per mesi chiuso in casa senza voler vedere nessuno e senza lavorare. Finché fu proprio Mina, per la quale egli aveva già composto mesi prima – su musica di Umberto Prous, trombettista di Buscaglione – la malinconica Piangere un po’, a spingerlo a reagire, a creare per lei nuove canzoni. E fu così che – tra il ’60 e il ’63 – il paroliere di Chieri sfornò per la Tigre una serie di gemme scritte in coppia con Prous (Coriandoli, Tu sei mio, Mi guardano, Stranger Boy, Il palloncino…), Cichellero (Cubetti di ghiaccio) e con Luttazzi (Soltanto ieri e soprattutto Bum ahi che colpo di luna in cui era evidente l’intento di trasformare la giovin Mazzini in una sorta di Buscaglione in gonnella), senza dimenticare Stringimi forte i polsi, sigla di Canzonissima ’62 cofirmata con Gigi Cichellero, Fiorenzo Carpi e Dario Fo. Al canzoniere di Fred (e di Leo) Mina avrebbe reso omaggio due decenni dopo con una strepitosa versione di Che bambola riletta in chiave rock con una spruzzata di camp. E non è detto che un altro classico dell’indimenticabile cantautore, magnifico e insuperato precursore dei tanti “eroi maledetti” che hanno invaso la scena musicale italiana nell’ultimo mezzo secolo dall’era dello swing a quella del rap, non entri presto a far parte del repertorio mazziniano…