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Pubblicato: 3 anni ago

Io so che ti amerò

“Grazie, Tigre, per averci presentato Edu quando, negli anni Sessanta, il Brasile era così lontano”, scrive l’amato Peppe Videtti nel numero odierno del Venerdì di Repubblica, dedicando il settimanale appuntamento con la sua rubrica Senti questa alla splendida Pra dizer adeus composta nel 1966 dall’allora 23enne Edu Lobo (che la incise in duetto con Maria Bethania) e ripresa magistralmente dieci anni dopo da Mina nella superba versione italiana Devo dirti addio tradotta da Bruno Lauzi e arrangiata da Gianni Ferrio. È davvero un evento raro – in questo Paese che pare aver fatto tabula rasa di ogni memoria storica, musicale e non – imbattersi in qualche firma autorevole che ancora riconosca a Mina il ruolo di prima divulgatrice italiana della bossa nova e dei suoi più illustri rappresentanti. E a tale proposito ci piace riproporvi il “lamento d’amore” che il nostro Antonio Bianchi – parlando di Insensatez della favolosa coppia De Moraes-Jobim nel superdossier sulla Mina 1964 contenuto nella fanzine 76 – dedicò ai meriti mai abbastanza riconosciuti della Mazzini carioca:

“La presenza di questo brano merita di essere precisata. Perché allo sguardo compresso della contemporaneità, Mina Ri-Fi appare come un album di classici appartenenti ad un indistinto passato. Ma così non è: Insensatez è un brano nuovo di zecca, del 1963. La bossa-nova è il ritmo più alla moda. E Antonio Carlos Jobim è il compositore più riverito e calato nella contemporaneità, almeno agli occhi dei musicofili più esigenti di quegli anni (Bacharach appartiene a un versante molto più easy listening e i Beatles sono ancora un fenomeno troppo ruvido). Insomma: Mina Ri-Fi èun album che ramifica nella contemporaneità più estrema e lussuosa. E ribadisce il ruolo mazziniano di divulgatrice italiana numero uno del repertorio brasiliano. Quello tradotto. E quello – Insensatez ne è emblema – in lingua originale. Fa sempre un certo effetto sentir attribuire i meriti a Ornella Vanoni (la sua Tristezza, per favore va’ via è arrivata un lustro dopo le Dindi e Chega de saudade mazziniane. Non solo: la Tristeza vanoniana cavalca troppo esplicitamente il successone della Banda. Ma questo i nuovi critici non lo sanno) o Fiorella Mannoia (in virtù di Oh, che sarà, Il culo del mondo e di Onda tropicale). Mina dovrebbe riappropriarsi di un ruolo che è soprattutto suo. Ma con un album coi fiocchi – elegantemente popolare, ricamato di chitarre, flauti e percussioni – che accantoni definitivamente il ricordo – inelegantemente popolano, squarciato da fiati reboanti – di Mina canta o Brasil“.

Grazie alla sua strepitosa versione di Insensatez eseguita a Studio Uno ’65, non dimentichiamolo, Mina vinse anche una scommessa con Luciano Salce, suo partner nello show nonché grande appassionato di musica brasiliana: “Quando l’altro sabato annunciai a Luciano che avrei interpretato una bossa nova – scrisse Mina in tale occasione nel suo Diario di Studio Uno su Sorrisimi guardò incuriosito, poi mi disse che avrebbe ascoltato l’esecuzione di Insensatez con estrema attenzione perché sì, certo, avevo del coraggio a scegliere una canzone così ricca di difficoltà, ma avrebbe proprio voluto vedere se avessi commesso qualche errore di pronunzia. Nacque subito la nostra cordiale scommessa. Dopo, lo trovai dietro le quinte ad accogliermi: ‘Ho perso, nemmeno uno’. E adesso sono orgogliosa di far parte del club dei cultori della musica brasiliana”. Auguriamoci, a questo punto, che la Signora abbia voglia di rinnovare al più presto la tessera carioca con un brasilian songbook in grande stile…