Come se io fossi lì
Un nuovo bellissimo singolo minacelentanesco – Se mi ami davvero di Mondomarcio – in rotazione radiotelevisiva da ieri; gli spot della Tim che impazzano dall’11 giugno sui teleschermi con la fantastica All Night finalmente disponibile per intero su iTunes e sulle altre piattaforme digitali; l’imminente ritorno su Raiuno di Massimiliano al fianco di Vincenzo Mollica con la seconda serie di Supereroi; il già attesissimo repack autunnale de Le Migliori: non si può certamente dire che il presente e l’immediato futuro del Clan Mazzini siano avari di novità. Ma oggi è il 24 giugno e in un giorno come questo – in cui ricorre anche il compleanno di Edoardo Pani: auguri! – non possiamo non volgere lo sguardo al passato ricordando quella magica serata di 39 estati fa in cui Mina tornava a esibirsi in pubblico dopo sei anni di assenza dalle scene. Quella sera, tra le settemila persone in delirio sotto il tendone di Bussoladomani c’era anche la nostra indimenticabile pasionaria Rina Gagliardi…
di Rina Gagliardi
Di che cosa si occupa la musica, da sempre, se non di fermare il tempo? Questo pensierino mi frulla da tempo, appunto, nella testa, e in varie direzioni, da quella pseudofilosofica a quella personale. Ascoltavo – per la millesima volta – Mina live, e non potevo non essere lì, in quella serata di giugno del 1978, in mezzo ad una folla ubriaca, come me.
C’ero davvero, come i soldati che parteciparono alla battaglia di Hazincourt, con Enrico V, quelli che poi, per il resto dei loro giorni, avrebbero potuto dire che loro erano lì, il giorno di San Crispino, e continuare a celebrarlo, e pretendere l’invidia di tutti quelli che, invece, non c’erano. Ed ecco che il Tempo, di colpo, si mette a scorrere all’indietro. Ma non nel senso banale, ovvio, del ricordo: è un fatto del tutto diverso, una ri-produzione perfetta, dal punto di vista contestuale, emozionale, corporeo. Solo un po’ sfocata, certo – non c’è hi-fi che tenga (il mio è pur un apparecchio eccellente) – rispetto alla voce di Mina, questa sera che ha un cielo stellato, limpidissimo e kantiano, sopra di sé. Il bello è che, già questa sera, il nastro del Tempo viene srotolato a nostro collettivo piacimento: salutiamo gli anni Settanta, che finiscono ingloriosamente (anzi, sono già abbondantemente finiti con l’assassinio di Moro), ma vibrano di toni nostalgici, di rimpianti, di sogni perduti. I si bemolli di acuti della sua voce – che si arrampica sulle altezze di Margherita, scende al porno de L’importante è finire, trova la “lacrima nella voce” carusiana, nel jazz, nel blues, nel melodramma degli emigranti napoletani – ti colpiscono là, sulla nuca, dove ci deve essere un punto speciale, sul cervelletto, nello stomaco. C’è persino, guarda un po’, un virtuosismo “politico”: una canzone che parla di follia, di sofferenza psichica, di segregazione manicomiale: “Non so che male posso fare / Se sogno solo di volare / Io non capisco i miei guardiani / Perché mi legano le mani”. Lo sa, Mina, che sta inneggiando a Basaglia e alla legge 180? No, forse non lo sa, ma non è questo che conta: in realtà, come Lucia di Lammermour, come il paladino Orlando, come la estraniata Maria di Wozzeck, sta cantando una nuova, piccola “aria della pazzia”. Il cerchio si chiude, pardon, il nastro si riavvolge completamente. La sera, quella sera, può ricominciare tutte le volte che abbiamo voglia di avere una trentina di anni di meno (…)”
(Da Mina, il tempo ritrovato, di Rina Gagliardi, fanzine numero 63, settembre 2005)
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