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Pubblicato: 6 anni ago

Chiamami col mio nome

Attenti come (non) siamo alla trascurabili proposte musicali che ci vengono propinate ultimamente dalle radio, solo ora ci accorgiamo che uno dei tormentoni più in voga in questa ormai languente estate – Fotografie di Carl Brave (ft. Francesca Michelin e Fabri Fibra) – cita la Mazzini nei criptici versi: “Qua non si campa d’aria (ahh) / E non si torna indietro come ha fatto Mina”. Un piccolo omaggio che va ad aggiungersi alla lunga lista di “citazioni in musica” cui dedicammo qualche tempo fa il post qui di seguito riproposto:

“Grande Vasco!“, ha esclamato Mina in un recente numero di Vanity Fair, dopo aver preso a prestito alcuni celebri versi del cantautore di Zocca (“…anche se questa vita un senso non ce l’ha“) in risposta ad una delle sue tante lettrici affette da spleen esistenziale. Manco a dirlo, la fuggevole citazione-omaggio ha subito scatenato l’immaginazione degli aficionados del nostro blog su un possibile sodalizio artistico tra i due Mostri Sacri. Di un MinacantaBlasco, in verità, si favoleggia con insistenza sin dai tempi di Vita spericolata che si dice lei fosse sul punto di incidere intorno alla metà degli anni Ottanta, ma finora – se si escludono la bella Va bene va bene così ripresa in Canarino Mannaro e un misterioso pezzo firmato Rossi-Curreri escluso in extremis da Veleno – i due mondi hanno continuato a sfiorarsi senza mai approdare ad un incontro concreto. Su Youtube, in compenso, circola da tempo il provino di una canzone inedita, Donna particolare, che Vasco ha composto qualche lustro fa dedicandola espressamente alla Tigre e ai perché del suo ritiro dalle scene. Eccone alcuni versi:
“Sono una signora di una certa età / e sono andata per tanti anni in Svizzera”. 
Beh, certo, una signora un po’ particolare / Lei è una star internazionale!
Lei dice Mina… dice Mina e vuole che le racconti anche il resto?
“No, grazie, questo non interessa alla massa”.
Ok, sì, vabbe’… certo, sì, una vita particolare
Prima tutta musica e poi… casa!“.
Non è la prima volta che il nome di Mina fa capolino nel testo di una canzone. Ricordate Angeli, lanciata nel 1981 da Lucio Dalla e Bruno Lauzi? Nel brano – un affresco un po’ impietoso della città di Lugano – si parlava tra l’altro di un pizzaiolo di Messina, giunto da poco nel capoluogo ticinese, il cui solo svago era quello di andare a vedere “con la moto dove abita la Mina“.
Molto più irriverente Ogni tetta… due milioni, datatissimo brano di protesta inciso nel ’72 dal compianto cantastorie Sergio Trincale (presenza storica di Piazza del Duomo a Milano), che polemizzava sul cachet percepito dalla Signora per le sue mitiche esibizioni alla Bussola, tra gli applausi di quegli stessi “padroni”  che negavano diecimila lire di aumento agli operai delle loro “fabbrichètte”. E in chiusura della sua invettiva, Trincale – non senza aver precedentemente lodato le virtù artistiche e fisiche della cantante (“grande artista e gran bella donna“) –  rivolgeva agli affamatori del popolo la terribile minaccia: “Vi farò due occhi neri / grandi come i seni della Mina!”. Mai lotta di classe si avvalse di licenze poetiche così poco galanti.
Più garbata la citazione – “Quasi quasi metto Mina / senti come canta qui” – contenuta in È una buona idea di Rettore nel suo album Rettoressa del 1988, così come grondano di devota ammirazione i versi “Voglio cantare più intonato di Mina” che Jovanotti infilò nell’elenco dei suoi sogni (impossibili) nella rappeggiante Voglio di più del ’94. Senza dimenticare quel delirio camp con arrangiamento anni Sessanta e coretti du-àp du-àp intitolato Mi chiamano Mina (ma il mio nome è Aldo) che l’ineffabile Aldo Busi inserì nel suo album Pazza del 1990. Che dire, poi, del gruppo rap-reggaiolo antiproibizionista dei Sanguemisto che, nella loro La porra del ’94, inneggiavano agli effetti dello sballo con versi come: “La mista è ben farcita io la faccio su / manco fossi Mina vedo Mille bolle blu“). In Aspettando il 2000 di un lucido e disincantato Luca Barbarossa, la Mazzini diventava nientemeno che simbolo delle illusioni perdute della giovinezza, quando “eravamo convinti che Rivera fosse Dio e che quello di Mina non fosse un addio”. Alla fine del 2016 è quindi stata la volta del duo Tricarico-Arisa che, nel lodo singolo Una cantante di musica leggera, evocavano la vitalità dirompente degli esordi della Tigre: “Voglio innamorarmi di una cantante di musica leggera e sincera / tipo la Mazzini all’inizio della sua carriera”. L’elenco potrebbe continuare con la prima versione, poi riaggiornata coi nomi di nuovi idoli più a portata di video, della sigla di Superclassifica Show (“Mina la Carrà e Lucio Battisti / qui da me con corron rischi“) e con le varie composizioni strumentali  a lei intitolate da parte di jazzisti come Gianni Bedori e Renato Sellani, senza dimenticare quel ruspante Dedicato a Mina a tempo di mazurka firmato Secondo Casadei. E a voi – tralasciando naturalmente le mille esibizioni televisive in cui era lei stessa ad autocitarsi con ironia, come ad esempio in Superaugurissimo di Mina per Natale – vengono in mente altri esempi?