Mina Fan Club

Ad aprire l’imminente numero 96 della fanzine – la cui ricca parte centrale avrà invece per protagonista assoluto Mauro Balletti, affettuosamente“raccontato”  da chi lo conosce bene – sarà un “parallelo eccellente” tra Mina e Ornella Vanoni redatto da Antonio Bianchi. Ve ne anticipiamo uno stuzzicante estratto… 

di Antonio Bianchi – Foto di Umberto Pizzi

(…)

Più che di “rivalità” sarebbe bene parlare di “contiguità”. Maldestramente travisata da tanti. A cominciare da Gino Paoli, che ha sempre contrapposto Mina, associata alla mera tecnica vocale, a Ornella, indicata come emblema di profondità interpretativa. Un luogo comune duro a vincersi: l’idea che il quantitativo di voce sia inversamente proporzionale alla capacità espressiva è radicato ovunque e da sempre. E non è un caso che, dalla fine degli anni Ottanta, diversi addetti ai lavori abbiano eletto a loro musa Fiorella Mannoia (preferendola anche a Mia Martini che in quegli anni, pur garbatamente, non ha sottaciuto il suo malcontento).

Nel caso di Mina e Ornella, il luogo comune non rende giustizia né all’una né all’altra. In primo luogo perché la dipendenza di Ornella nei confronti del modello Mina è comprovata dal suo stesso percorso, dalla sua stessa evoluzione e dai mille intrecci abbozzati in questa nostra disamina. È Mina che ha tracciato la strada e indicato a Ornella il percorso da seguire. Vale per la prima canzone d’autore. Vale per il Brasile. Vale per il ruolo televisivo. Vale per le scelte iconografiche. E via dicendo. Ornella, da par suo, se ne è impossessata con personalità autonoma e con quel pizzico di ansia, di insicurezza e di competitività che si è tradotto in scelte qualitative sempre autonome, accorte e mai banali.

Senza fazioni. La contrapposizione fra “mazziniani” e “vanoniani” riguarda soprattutto chi non ama né l’una né l’altra. Vorrei essere contraddetto, ma temo che i più profondi conoscitori del repertorio di Ornella siano proprio i mazziniani. E viceversa. Perché conoscere a fondo il percorso dell’una o dell’altra, indistintamente, equivale a possedere con compiutezza una buona fetta di storia della canzone italiana. E possedere gli strumenti significa rifuggire le semplificazioni caciarone e le faziosità. Anche se, a onor del vero, c’è stata una fase, fra anni Ottanta e Novanta, in cui dichiarare di preferire Ornella a Mina era più chic. Specie fra chi voleva darsi un tono intellettuale e ricercato, senza necessariamente possedere un disco della Vanoni. E specie fra alcune giovani colleghe (fra cui una dimenticatissima cantante di cui ometto il nome, ma non gli indizi. Un amico comune, nel ’92, le aveva chiesto chi preferisse fra Mina e la Vanoni. «La Vanoni, senza dubbio». Risposta sottolineata con commenti ben circostanziati. Senonché, con un tempismo beffardo, si è scoperto che Mina, nel doppio di fine anno, aveva scelto proprio un brano firmato da costei. «La più grande. La più brava. Non puoi immaginare quanto sono contenta», aveva riferito all’amico comune. «E Ornella? Non ti piace più?». Domanda rimasta senza risposta). Sarebbe interessantissimo ripercorrere la “rivalità” alla luce delle temperie culturali che si sono avvicendate nel corso dei decenni. Ma, in fondo, è sufficiente alludervi, focalizzandoci sulla grande popolarità che Ornella ha conquistato, negli ultimi anni, fra le nuove generazioni. Più nel ruolo di opinionista libera, intelligente e autoironica che per ragioni musicali. Le sue considerazioni a Che tempo che fa sono diventate – giustamente – virali. Mina, invece, è sempre più musicista rivoluzionaria e protesa al futuro. Il suo più recente compleanno è stato salutato con una pioggia di peana. Meritatissimi, certo. Ma, nel raffronto, le disamine del Mina Fan Club risplendono di sottile perfidia.

(…)

Autore: