Intervista di Francesca Reboli per VOGUE, ottobre 2018 – Foto Mauro Balletti
Da molti anni Loris Biazzetti cura una “fanzine” dedicata a Mina e raccoglie attorno a sé la comunità dei fan della cantante. Merito della sua dedizione, e della cura che mette nel realizzare la rivista che, più che è semplice “foglio” per aficionados, è un vero giornale. Con amorevole autorevolezza e cura, racconta ogni aspetto della carriera multiforme di Mina, a cui Vogue ha dedicato un numero speciale a ottobre. Abbiamo intervistato Loris, cercando di capire in cosa consista quel magnetico X factor che ancora raccoglie intorno alla Tigre di Cremona tanti ammiratori. Di tutte le età.
Come definisce la sua pubblicazione?
Non più una semplice fanzine, nel senso più “partigiano” del termine derivante dalla contrazione tra fan e magazine, ma una vera e propria rivista in cui i mille aspetti della carriera di Mina – dalla discografia al cinema, dalla radio alla tivù, passando per l’attività concertistica e quella di brillante opinionista sui giornali – sono minuziosamente indagati e illustrati.
Ci può raccontare com’è nata?
Era l’aprile del 1980 quando un gruppo di eccentrici amici di Parma (tra loro, un giovane e brillante dj e giornalista di nome Mauro Coruzzi, in seguito meglio noto come Platinette) decisero di fondare un Club dedicato a Mina. Si era capito che non sarebbe mai più riapparsa, né in concerto né tantomeno in tv. Era quindi il momento di riempire questa assenza, ritornando alle origini, ai miti, ai Fan Club. Prima, però, bisognava ottenere da Mina un minimo segnale di approvazione, dato che mai e poi mai i nostri pionieri avrebbero voluto fare qualcosa che le dispiacesse. E così, previa telefonata, Marco, Flavio e Paolo si recarono nella sede milanese della PDU in via Senato dove furono accolti con sorrisi e tenerezza da Renzo Gramegna, a quel tempo ispettore vendite dell’etichetta. Gli affidarono una lettera un po’ assurda da consegnare a Mina.
E lei la lesse?
Sì. E subito dopo scrisse la sua spiritosa risposta sul retro: “Delizie!! Marco, Flavio, Fabio! Oggi ho un sonno… Non dormo da giorni. Mi rendo conto del fatto che non ve ne frega un c…zzo. Ma insomma, splendida letterina la vostra. Grazie. Vediamoci. E il panico sarà tutto mio. Ciao, vostra Mazzini”. Era qualcosa di più di un’autorizzazione: la conferma di un amore corrisposto da parte di un mito che si faceva umano. Di lì a poco arrivarono le prime timide fanzine dattiloscritte, realizzate con scarsi mezzi ma con grande passione. Poi, nel 1985, la redazione di Parma chiuse improvvisamente i battenti e l’attività del Club risorse nel cuore delle Alpi Graie per iniziativa di due giovani iscritti aostani, ovvero Remo Prodoti e io. Da allora non abbiamo mai smesso di sfornare a cadenza semestrale riviste via via sempre più eleganti e opulente, veri e propri oggetti di culto per i mazziniani più irriducibili.
Come nascono le idee per ogni nuovo numero?
È la stessa Mina, pur senza volerlo, a dettarci di volta in volta gli argomenti-clou del sommario. Nel nuovo numero, per esempio, l’articolo di apertura ripercorre il suo sodalizio artistico con Lucio Battisti partendo da Insieme del ’70 per arrivare al recentissimo cofanetto che contiene tutto il songbook del cantautore da lei inciso fino a oggi. Ma c’è anche un dossier – dal titolo Iconografia di una voce – redatto sull’onda dell’entusiasmo per il fantastico Tribute to Mina realizzato da Vogue Italia.
Ci può anticipare qualche servizio dei prossimi numeri?
La carriera di Mina è una fonte inesauribile di idee e per realizzarle tutte ci vorrebbero almeno dodici fanzine l’anno nel prossimo trentennio. Peccato che il tempo libero che abbiamo a disposizione – io lavoro come educatore in un convitto, Remo è titolare del Tour Operator Valtravel – non ci consenta di andare oltre la cadenza semestrale. Tra i progetti di imminente realizzazione abbiamo comunque un grande servizio sulle gare canore (Sanremo escluso) cui Mina ha partecipato nel corso degli anni 60, una carrellata di testimonianze dei principali coristi che l’hanno accompagnata nei dischi e nei concerti e un’ampia monografia sulle sue canzoni legate a vario titolo al mondo del cinema.
Siete in contatto con Mina? La nostra prima regola è di romperle le scatole il meno possibile. Ci basta sapere che Mina è al corrente di quello che facciamo – per lei? Macché: per noi stessi – e che lo apprezza. Per il resto, possiamo contare sull’affettuosa disponibilità dello staff professionale che lavora al suo fianco, a cominciare da suo figlio Massimiliano, grande professionista dal cuore d’oro cui non saremo mai sufficientemente grati.
Spesso pubblicate foto vintage di Mina e della sua famiglia. Dove le trovate?
Il materiale fotografico e le illustrazioni della fanzine ci vengono di volta in volta forniti non solo dagli iconografi ufficiali mazziniani Mauro Balletti e Gianni Ronco, ma anche da alcuni amici collezionisti che, in base agli argomenti da trattare, ci mettono a disposizione le immagini più rare e preziose dei loro archivi privati, di gran lunga più forniti (e più ordinati) di quello del Club stesso.
Qual è la canzone di Mina che preferisce?
A questa domanda potrei dare ogni giorno una risposta diversa a seconda dello stato d’animo del momento. Dico solo che ai soliti grandi successi entrati nell’immaginario collettivo preferisco le canzoni meno note – e proprio per questo più intimamente mie – partendo dalle ‘paleominoiche’ Chega de saudade e Stranger boy dei primi anni 60 fino alle perle più recenti come Compagna di viaggio, L’uomo dell’autunno o Fuori città.
E il suo album preferito?
I due LP Ri-Fi Mina e Mina 2 per gli anni 60: Frutta e verdura, Mina con bignè e Attila per i 70; i volumi di inediti dei doppi 25, Catene e Rane supreme per gli 80; Veleno, Piccolino e Maeba per gli ultimi decenni. Tra gli album tematici, non saprei proprio a quale rinunciare tra Minacantalucio, Plurale, Mina quasi Jannacci, Napoli e Dalla Terra.
C’è un oggetto-ricordo di Mina a cui è particolarmente legato?
Il 45 giri Un anno d’amore con cui mio padre, innamorato di quella canzone, rincasò una sera quando avevo quattro anni. L’acquisto di un disco era a quei tempi un evento raro per la mia famiglia, e ricordo come fosse oggi lo stupore della mia mamma e dei miei fratelli mentre il brano suonava nel giradischi. Quel singolo con la copertina sporcata di ruggine dalle mani del babbo – che lavorava come ferraiolo in un cantiere edile – lo conservo ancora tra i miei memorabilia più cari.
Del numero di Vogue che abbiamo dedica to a Mina, che cosa le è rimasto più impresso?
Le reinterpretazioni dalla bellissima Gisele mi sono parse le più credibili e affascinanti tra quelle proposte. Ma la personalità di Mina è talmente multiforme e spiccata da rendere plausibili e riconoscibilissime anche le riletture più ardite e provocatoriamente lontane da lei.
Lei che li conosce bene, che cosa ci può raccontare dei fans di Mina: quanti sono? Che età hanno? Ci può dare un piccolo spaccato?
Mina è probabilmente l’unica al mondo, in quel regno dell’effimero che è la musica leggera, a essersi potuta permettere quarant’anni di semitotale blackout mediatico riuscendo non solo a mantenere intatta la fedeltà dei suoi fans della prima ora, ma anche a rivitalizzare continuamente il proprio target conquistando nuove schiere di adepti nati e cresciuti dopo il suo addio alle scene. Non è un caso che il nostro fan club risulti anagraficamente più “vecchio” di una buona metà dei suoi attuali iscritti, il 20% dei quali è al di sotto dei trent’anni.
Esiste un’erede di Mina? Chi è?
Di belle voci – precise, educate, intonatissime – sono pieni zeppi i piano bar e i talent televisivi. Ma sono le “vere” interpreti a scarseggiare tra le nuove leve. E non è solo questione di scarsa personalità, ma anche di una certa staticità stilistica che costringe buona parte delle cantanti delle ultime generazioni a replicare se stesse all’infinito senza alcuna svolta evolutiva. Mina, al contrario, in sessant’anni di carriera non ha mai smesso di rinnovarsi e di sorprenderci con sfumature sempre nuove della sua caleidoscopica vocalità. Ed è per questo che, in barba all’anagrafe, continua a essere “la più giovane” di tutte…