Mina Fan Club

Nei prossimi giorni, in curiosa concomitanza con l’avvio della nuova liaison pubblicitaria tra Mina e la Sperlari, l’album Caramella festeggerà in dolcezza il suo quindicesimo compleanno. In ricordo di Paolo Benvegnù – geniale cantautore recentemente scomparso che in quel disco firmava la splendida Io e te – vi riproponiamo l’intervista che il nostro Stefano Crippa gli fece nella fanzine numero 71…

di Stefano Crippa

Immaginate la faccia di Paolo Benvegnù. Sente il trillo del cellulare, risponde e dall’altro capo lo raggiunge la voce di Benedetta Mazzini: “Sai, a mia mamma piace tanto una tua canzone…”. Immaginatevela, l’espressione basita del povero musicista milanese cantante, compositore, ex Scisma (cioè una delle band che sul finire dei novanta hanno dato una smossa alla scena rock italiana), collaboratore con un geniale quanto poco compreso cantautore fiorentino, Marco Parente (di Farfalla pensante, un suo pezzo, Patty Pravo ha rifatto una convincente versione anni fa) e poi autore di due album da studio, Piccoli fragilissimi film e Labbra, l’ep 500 e un live uscito proprio alle soglie dell’estate 2010, Dissolution.
Io e te – ovviamente parliamo di uno dei brani inseriti in Caramella che più hanno colpito l’attenzione dei fan della Tigre e degli addetti ai lavori – è tratto dal primo cd di questo ragazzone alto e dinoccolato. Un’opera registrata nel 2003 in assoluta economia (“Non avevo il becco di un quattrino”, ammette senza remore) insieme a Andrea Franchi. Un disco che contiene un’altra grande canzone, Il mare verticale poi ripresa da Marina Rei e Giusy Ferreri, e che sarebbe assolutamente perfetta per le corde di Mina…
Nella versione mazziniana, Io e te rispetta in qualche modo la struttura originale. Di suo la Diva cremonese distilla le parole, allunga a dismisura le note, mentre Franco Serafini immerge il pezzo in sonorità più elettroniche, ma non algide, riscaldate dalla voce di Mina.

“Sai – confessa quasi con sorpresa – ho scoperto solo grazie a quella telefonata che Benedetta, e poi Mina ovviamente, avevano ascoltato Piccoli fragilissimi film. E’ meraviglioso scoprire che tu scrivi le tue cose in una stanzettina, e se le scrivi con una certa dose di verità hanno una loro vita. Ma non avrei mai pensato che questi brani potessero trovare eco altrove, ascoltati da Mina, Marina Rei o Irene Grandi (si tratta di E’ solo un sogno che la cantante fiorentina ha inciso nel suo disco del 2003, ndr). Uno scrive perché ne ha bisogno, perché probabilmente scrivere è il collante della propria esistenza. Il fatto che queste musiche arrivino in quelle sfere mi dà gioia, ma la sento anche come una restituzione per un lavoro fatto non con ingegno ma con totale e pura ingenuità. E passione”.

Che cosa ti è piaciuto, e magari piaciuto meno, della versione di Mina? Ha centrato, secondo te, l’atmosfera giusta?
Lei ha centrato assolutamente la vocalità e l’ha fatto con la giustezza che può avere una madre, una persona che ha vissuto. Magari facendo anche degli errori. Quando canta Mina ci sento il profumo della sua vita. Poi, nello specifico, risentire cantato da un altro artista un pezzo che io ho cantato per anni, dà una forte emozione. Per il resto io non giudico, quando Mina canta canzoni che mi piacciono non mi interesso dell’arrangiamento. Su quell’intro, poi, la bellezza del suo canto è che è assoluto come può esserlo quello degli uccelli, oppure il silenzio. C’è qualcosa di più perfetto? Ecco, io non riesco a non focalizzarmi sulla voce di Mina ascoltando Io e te.

Hai mai pensato di scrivere espressamente per Mina?
Avevo composto per lei un brano tanti anni fa, era il periodo in cui aveva rifatto Dentro Marylin degli Afterhours (riadattato come Tre volte dentro me in Leggera, ndr). Ma non ho mai avuto il coraggio di darlo a Manuel Agnelli con il quale ne avevo parlato, perché sono convinto del fatto che le cose devono arrivare quando devono arrivare. Non sono uno stimolatore di eventi.

Cioè non riesci a scrivere a tavolino?
No. L’ispirazione non riesco a costringerla. Mi arrivano delle cose per intuizione, chiamale per divinazione, che poi hanno una loro vita. Non penso che avrò mai il coraggio di farle sentire quel pezzo, oltretutto è di una tristezza immonda. Poi, per me, è fondamentale conoscere le persone, prima di scrivere le canzoni. Magari ci riuscirò, visto che Benedetta mi ha detto che sua madre vuole invitarci – me e Manuel – a pranzo un giorno. Sarebbe bellissimo perché mi darebbe l’opportunità di trovarmi a tu per tu con una persona che fin da quando ero bambino è stata un punto di riferimento. Io amo soprattutto il periodo in cui interpretava i pezzi di Battisti, perché sentivo la sua vita esplorata da quelle canzoni… Ho apprezzato anche la sua scelta di ritirarsi. Il mondo in generale ti impone di apparire e fare delle cose che non sono nella tua natura. Evidentemente era nella sua natura scomparire per poi riapparire in altre forme. Ha fatto una cosa positiva, ha dato un esempio. Non è che devi per sempre, e per forza, essere presente. Un film lo fai solo se hai necessità di farlo, non perché hai studiato al centro sperimentale di cinematografia…”.

(Dal dossier Dolce stil novo, fanzine n° 71, 2010)

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