UN CLASSICO POST-MODERNO
di Giancarlo Nino
Un nuovo album di Mina, per lo più di inediti, è una specie di ubriacatura felice, un mattino di Natale fuori stagione, ed è sempre con rinnovato ardore che, da vent‘anni ormai, mi dedico al primo ascolto col solito immutato rapimento. È una magia che nessun’altra ha potuto e può, un incantesimo di fedeltà silenzioso e inesplicabile, che si dischiude alla mezzanotte esatta mentre scarto come caramelle le bellissime, regali dieci tracce di Gassa d’amante.
Inizio con una precisazione, che è anche un‘avvertenza: nelle poche righe che scrivo, non c‘è pretesa di oggettività, né di novità, meno che mai di utilità. Parlo col cuore e scrivo quello che mi dice.
Parto dalla prima e, per me, punto più alto di tutto il disco: Non smetto di aspettarti. Al di là della bellezza del pezzo, degno della migliore tradizione cantautorale italiana di cui è espressione, la resa di Mina è stupefacente. La voce elegantissima, tesa sui salti di ottava del ritornello, sospirata, densa di effetti interpretativi da urlo. La mente mi riporta a certe raffinatezze da interprete della Mina degli anni ‘80, la concentrazione e l‘emozione di Mina, la sua dote di massima interprete è a servizio di un classico ormai consacrato da tanto incenso vocale.
Classico è un termine giusto per Gassa d’amante. Nel senso più etimologico e alto del termine, inteso come modello, completezza, rotondità e finitezza che non lasciano fuori di sé nulla di incompiuto o perfettibile. Mina è senza tempo, come la sua Voce spaventosamente intatta ed espressiva, attraversa i registri e gli stili: Diversa, ombrosa e spietata, venata di effetti vocali della migliore tradizione della discografia di Mina, Per dirti t’amo, sinuosa e arabescata, Amami e basta, inquieta e postmoderna, con Mina-vocalist che veste fragilità e ossessioni contemporanee truccando le carte di ogni possibile evidenza anagrafica. Senza Farmi Male (un inspiegabile silenzio di vent’anni l‘ha consegnata magicamente spiazzante), un pezzo che merita risalto anche radiofonico. Per brevità, cito ancora soltanto Buttalo Via, elegante, radiofonica, che ti prende per un orecchio e si fa ascoltare a forza (che carta vincente per l‘album), e L‘amore vero, aristocratica e intensa, l‘orchestra è il palcoscenico più suggestivo in cui la voce di Mina sa ammaliare.
Un anno fa, dopo la grande crisi di anime e di coscienze a cui la pandemia ha dato il la, diverse interpreti delle generazioni successive a quella di Mina (cito Pausini e Giorgia soltanto, come esponenti di primo rilievo) hanno più volte parlato di una certa difficoltà nel trovare un repertorio adeguato alla loro sensibilità artistica e che coniugasse la sopraggiunta età (i 50 anni) e il proprio repertorio, molto improntato su drammi post-adolescenziali e sonorità anni ’90, di fronte all‘enorme rivoluzione musicale che ha spalancato le porte del mercato e delle classifiche a voci e stili completamente diversi e, a volte, completamente in contrapposizione al filone “belcantistico“ cui appartengono. Per Mina, questo problema non si pone e non si è mai posto, perché diverso è il suo metro di scelta (“Canto quello che mi piace“) e ben altra è la libertà di immergersi in repertori spaventosamente diversi, in termini di stili, di sonorità, di generi, di sensibilità artistica, di panorama anagrafico (sia di chi canta che di chi ascolta). Gassa d‘amante ne è una prova perfetta, evidenza indiscussa di uno smalto creativo, vocale e interpretativo che ci consegna il meglio di Mina, proiezione futura di un passato in continuo divenire.
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