Il Blog

Pubblicato: 11 anni ago

Domani era Natale

1962 – Con la sua esecuzione de Il cielo in una stanza nella puntata del 20 dicembre di Canzonissima Mina accede alla finalissima del 6 gennaio (a eseguire il pezzo in tale serata sarà, però, Gino Paoli in sostituzione della Tigre “dimissionaria” per gravidanza). Sempre in questi giorni registra per l’Industria Italiana della Birra due cicli di Caroselli, rispettivamente diretti da Vittorio Carpignano e da Enzo Trapani, che andranno in onda tra il 17 aprile e il 21 agosto del 1963 e che costituiranno le sue uniche sue apparizioni sui teleschermi italiani nell’anno della sua maternità-scandalo…

1972 – Nonostante non appaia in TV ormai da maggio (e cioè dalla conclusione di Teatro 10), Mina conquista i primi posti delle classifiche discografiche del periodo natalizio sia col 45 giri Eccomi che col doppio album Uno più uno (che dopo le Feste sarà rieditato coi due volumi Altro e Dalla Bussola disponibili singolarmente), Nel frattempo, in vista dei successi futuri della Tigre, la PDU rinnova le attrezzature della Basilica di Milano con modernissimi impianti di transfert e sofisticate apparecchiature Ampex a 16 e a 8 piste e Telefunken a 8, a 2 e a 1 pista…

1982 – Dopo il buon successo (anche nelle discoteche) del singolo di lancio Morirò per te, la promozione natalizia del doppio Italiana è affidata al 45 giri – solo in edizione promozionale per i juke-box – contenente Mi piace tanto la gente (sigla dello show domenicale Due di tutto diretto da Enzo Trapani) e Sweet travestite. Ma, come preannunciato dalla fanzine numero 9/1o del Minafanclub, Mina è già al lavoro per incidere  una serie di cover di successi anni Cinquanta che, nell’autunno 1983, faranno da sigle iniziali alla nuova trasmissione di Raiuno Trent’anni della nostra storia

1992 – Il doppio Sorelle Lumière è ancora ai vertici dei dischi-strenna più venduti e già nel quartier generale PDU si pensa ad una nuova possibile emissione discografica da lanciare in primavera. L’idea più accreditata, per il momento, è quella di un nuovo greatest hits, sulla falsariga di Oggi ti amo di più, per il quale Mina avrebbe già pronto il titolo: Talmente t’appartengo. Ma non è da escludere una soluzione diversa come potrebbe essere, ad esempio, un’antologia monografica con inediti (magari griffata Beatles?)…

2002 – Terzo singolo in vista per la promozione radiofonica del magnifico Veleno di Mina. La scelta cade sulla “facile” Ecco il domani. della quale, però, dopo il lusso delle due cover create da Gianni Ronco per i primi due singoli pubblicati nei negozi (Succhiando l’uvaCerte cose si fanno) sarà stampato solo un promo fuori commercio e privo di copertina…

2012 – Il successo al di là di ogni più rosea previsione di 12 e il rapido esaurimento nei negozi della prima tiratura in dodici differenti copertine ha costretto la Sony a dare alle stampe e a immettere nel mercato già prima di Natale la “tredicesima” copertina del disco, ovvero quella standard con tutte e dodici le immagini. A gennaio, poi, vedrà la luce l’attesa edizione in vinile la cui busta – wow – conterrà al suo interno una gradita sorpresa…

Buon Natale a tutti!

Pubblicato: 11 anni ago

Un Giorgio come nessun altro

Interrompiamo per un attimo la – bellissima, grazie a voi – serie di commenti dedicati a 12 (però, che successo insperato, per questo magnifico disco…) per soffermarci sull’altra strenna discografica che vede coinvolto il nome di Mina in quest’ultimo Natale, ovvero la raccolta-tributo a Gaber Io ci sono nella cui edizione deluxe la Nostra compare con la sua schiumeggiante cover de Lo Shampoo tratta da Caterpillar. A chi si aspettava per questa occasione un brano inciso ex novo o magari la riesumazione di uno dei pezzi che Mina provinò nel ‘7o per il fantasmatico album gaberiano Un certo di numero di donne, l’amico ticinese Piergiorgio Silva mette ora un’ulteriore pulce nell’orecchio svelando l’esistenza di un’assoluta rarità nascosta chissà dove: ovvero, un misterioso acetato promozionale con un’inedita versione de Le strade di notte duettata dalla Tigre e dall’amico cantautore alla vigilia della loro prima tournée insieme di inizio ’70. L’incisione, stando ai ricordi personali del nostro socio, sarebbe stata programmata un’unica volta in radio nel corso di una puntata della trasmissione serale di Mike Bongiorno e Paolo Limiti Ferma la musica. “Attenzione, questa è una canzone che non troverete nei negozi!”, si affrettò a precisare Mister Allegria ai radioascoltatori prima che partissero le prime note del brano. Qualcuno dei nostri lettori più agés ha memoria – o, ancora meglio, possiede una registrazione – di questa fantomatica “chicca”  di inestimabile valore artistico?

Pubblicato: 11 anni ago

Sei e ancora sei

di Giacomo Parrucci

La prima sensazione che avverto pensando a questo meraviglioso American Song Book, la prima emozione che sento di voler esprimere è un senso di benessere e di gratitudine. Non saprei descrivere con altre parole quello che ho provato durante i primi ascolti dell’album. Un feeling dolcissimo, tutto sospeso e sognante, che nasce da un canto carezzevole, abbandonato, tanto che fin dall’attacco di September song mi si sciolgono i pensieri…

Ed è proprio in questa dimensione così intima, lontano dalle strettoie della logica, del dover essere e della convenienza che mi sembra di trovare il punto di forza di questo lavoro. L’assoluta libertà del canto, dell’espressione e dell’emozione. Troppo spesso, soprattutto negli ultimi dischi “pop” di Mina, mi sono trovato ad essere influenzato nel giudizio dalle ragioni del mercato e delle mode. Come se prima di ascoltare e valutare i brani ci si ponesse sempre il problema dell’accoglienza da parte del grande pubblico e della loro rispondenza al gusto corrente. Di certo si tratta di un errore, di un vizio mentale mio (e di tanti altri?), che però nasce dall’affetto per l’artista e dalla voglia di veder valorizzato al massimo il suo lavoro.

Con quest’ultimo progetto, invece, il problema non si è mai posto. Già le dichiarazioni rilasciate da Mina a ridosso della pubblicazione ce lo avevano anticipato, ma è stato l’ascolto diretto del disco a farmelo capire veramente: la cosa più bella di 12 è il senso di libertà che ti arriva dall’ascolto di queste tracce. Non solo libertà dagli schemi commerciali, ma libertà di esprimersi e di emozionarsi. Questo disco, prima di essere un disco pop o jazz, bello o brutto, noioso o emozionante, commerciale o di nicchia, è uno spazio libero. Ed è molto confortante, per me, riuscire a trovare queste sensazioni in un album della mia cantante preferita, soprattutto oggigiorno.

Trovo che questo aspetto sia determinante, perché permette al disco di funzionare così bene. La sensibilità interpretativa di Mina è potentissima e qui è libera da qualsiasi condizionamento. Perfino dai condizionamenti autoimposti dal personaggio Mina. Non c’è nessuna concessione alla voce, il canto aderisce alle esigenze dei brani e alle suggestioni della musica (e dei musicisti) senza mai imporsi, senza cercare di mettersi in mostra.

Ma, sia ben chiaro, questo è possibile solo attraverso la consapevolezza e la tecnica. Se c’è una cosa che salta subito all’orecchio è l’assoluta padronanza del mezzo vocale che Mina continua a dimostrare. Perfino i segni che il tempo ha lasciato sulla sua voce lei li prende e li valorizza, trasformandoli in strumenti espressivi. Tutto scivola via con la solita naturalezza, anche quando i passaggi sono tutt’altro che semplici. Come se fosse facile cantare in maniera così controllata e trattenuta!

Dunque non c’è nessuna rinuncia, semmai la ricerca di un’espressione più sottile e sofisticata.

La conferma.

Se c’è una cosa che nei dischi di Mina non manca mai è la partecipazione emotiva, sincera. Ovvero, l’autenticità del discorso, quella capacità di ridare senso e vitalità anche alle parole e alle frasi più banali e inflazionate. E 12 è davvero un disco di Mina! Personalmente mi è impossibile non commuovermi su I’ll be seeing you, soprattutto quando la voce dialoga con quel violino malinconico in that small café… C’è poi un brano la cui rilettura mi colpisce particolarmente, perché l’interpretazione di Mina restituisce al testo il senso profondo e drammatico che gli appartiene: quella Just a Gigolo che avevo sempre superficialmente considerato una canzoncina allegra… Tutt’altro. Ma prima di Mina non me ne ero accorto.

E sempre Just a Gigolo è la canzone associata alla mia copertina preferita.

Se è vero che il disco è basato sulla ricorrenza del numero 12, trovo molto azzeccata l’idea di proporlo in dodici confezioni grafiche diverse. Per non dire, poi, che si tratta di un lusso che pochi artisti possono permettersi. Tuttavia questa soluzione è stata criticata da parecchie persone che l’hanno considerata una trovata commerciale di poco gusto, “imposta” agli ammiratori per costringerli ad acquistare più volte lo stesso disco.

Personalmente trovo che sia ingeneroso affrontare il discorso in questi termini. Non c’è bisogno di pensare al raggiro o al complotto, basta riflettere sul fatto che si tratta semplicemente di una possibilità in più che ci viene offerta. Le copertine sono dodici. Vuol dire che tutti abbiamo la possibilità di scegliere quella che ci piace di più fra dodici opzioni. Tutte le altre immagini di copertina sono incluse nel libretto. Non esiste nessuna legge che ci obbliga a comprarne più di una copia. Ognuno sceglie per sé stesso… le ossessioni e le manie del collezionista sono un problema del collezionista, non della cantante. Io ne ho scelta una copia sola, poi chissà… Magari ne comprerò un’altra copia in vinile, per un discorso di supporto più che di cover diverse. Ugualmente, chi vuole avere tutte le copertine si farà i conti in tasca e se può permetterselo buon per lui.
Non mi sembra di rinunciare a nulla, solo di esercitare una libera scelta.

Pubblicato: 11 anni ago

Sondaggio: una su 12

Giorni fa, l’amico fiorentino Alessandro Mariotti, noto ai frequentatori del blog come Al_Fi(e), ha lanciato il simpatico appello-sondaggio che oggi riproponiamo e al quale vi invitiamo a rispondere numerosi:

“Accantonando per un momento i giudizi sull’album, mi piacerebbe sapere quale copertina è stata acquistata dai fans che, come me, ne hanno presa una sola, o qual è la preferita da quelli che ne hanno prese più di una o tutte e 12 (alla faccia della crisi). Io, indeciso tra la Mina “negra” di Fire and rain e quella “natalizia” di Have yourself a merry christmas, alla fine ho optato per quest’ultima… e voi?”.

Pubblicato: 11 anni ago

L’allievo

di Giancarlo Nino

 

Meno male che tempo fa uscì un certo disco chiamato L’allieva. Meno male. E meno male che nella sterminata produzione discografica della Signora, che a poco a poco avrei negli anni scoperto, abbondano riletture di standard jazz. Altrimenti di 12, oggi, non avrei capito un bel niente. Proprio come quando uscì L’allieva, appunto. Allora avevo 16 anni, avevo da poco scoperto Mina e il jazz non esisteva neanche nel mio immaginario musicale. Ricordo che mi accontentai di un ascolto frettoloso, senza che mi rimanesse in mente nulla. Tranne Dindi che, chissà per quali strane vie, mi entrò subito in testa. Mi ci sarebbero voluti anni e tanta musica ascoltata perché riprendessi in mano quel disco. Dovetti affinare l’orecchio perché mi accorgessi del prepotente incanto di certe invenzioni interpretative, perché scoprissi in una nota trattenuta, in un sussurro accennato o in un verso quasi recitato un universo emotivo magmatico e persino commovente, che arriva forte e, a volte, devastante, senza i filtri che il mondo pop frappone tra l’orecchio di chi ascolta e la voce di chi canta. Lo stesso universo che ritrovo ora ascoltando 12. Una voce quasi nuda, con l’accompagnamento discreto dei soliti fidi musicisti. E che emozione l’attacco di I’ll be seeing you, quando entra con la voce rotta di pianto e di vita, di gioia e di dolore, in una credibilità interpretativa insuperabile, e sentirla poi sciogliersi in quella nota flautata con cui pronuncia quello ‘you’ finale. Che brividi in Love me tender, quando scioglie in un sussurro di burro, che sembra pronunciato al primo risveglio nell’orecchio di chi si ama, una delle più belle canzoni d’amore di tutti i tempi. E poi c’è Everything happens to me. Qualcuno si preoccupava perché molto legato alle versioni precedenti. Ma qui sembra tutta un’altra canzone. Ed è diverso proprio l’approccio, ad esempio, rispetto all’incisione del ’93. Se lì Mina dava prova di quella sua straordinaria (e caratteristica) capacità di pronunciare le parole restituendole in tutta la loro pregnanza semantica (penso che già Antonio Bianchi abbia usato questa espressione), impastando di significato l’emissione di ogni singola nota (basti pensare, in quella versione, a come pronuncia con rammarico ‘and there was even postage due’ e con amara disillusione ‘I fell in love just once’), questa volta Mina sembra diventare uno strumento dell’orchestra, non forza, asseconda fino in fondo il gioco, essenziale, degli archi, tanto che si stenta a credere che questi siano stati aggiunti in un secondo momento. In una vocalità morbida e pastosa, con rispetto e amore verso un brano che, evidentemente, le sta nel cuore, entra in punta di piedi e si lascia sommergere da un tappeto sonoro irresistibile. Ma che talento, che talento, ragazzi.

 

Pubblicato: 11 anni ago

Il ruggito della farfalla

di Pietro Bocchi

“12″ ha appena finito di girare nel lettore cd. E il primo ascolto di un disco – così come la prima impressione che si ha di una persona che incontri per la prima volta – è sempre quello vincente, quello giusto. “12″, ovvero 50 minuti circa di autentica Mina, che – come dice Gino Castaldo su Repubblica, “quando Mina fa Mina, ovvero quando fa le cose che solo lei può fare, c’è poco da dire…”. “12″, incalza ancora Castaldo, “…alla fine una lezione di stile alle frotte di virgulti che escono dai talent show urlando…” e di rimando la Venegoni su La Stampa “…ne è uscita una prova che dovrebbe essere recapitata con ricevuta di ritorno ai coach dei talent show: perché la più potente voce italiana è lieta di colpire sussurrando, consapevole forse di regalare un’autentica pelle d’oca”. Mentre Fegiz, sul Corriere della Sera chiude la brevissima recensione assicurando che “… l’ascoltatore viene rapito dalla magia di una canto che sembra fermare il tempo…”. Hanno (già) detto tutto loro. A me, a noi, non resta infine che inchinarci ancora una volta di fronte all’Arte smisurata di questa Donna cui evidentemente il tempo non scalfisce né l’innato talento, tantomeno la voglia di divertirsi (stavolta l’ha detto proprio Lei) quanto (anche e semmai) la voglia e il rischio di ri-mettersi sempre in gioco. Sarò banale, tuttavia continuo a pensare e a dire ad altavoce, Mina, (un) Genio dei nostri tempi. E abbacinato, frastornato, confuso e felice dopo averla sentita, godo non poco che un disco “così” sia già primo su iTunes!. Posso dire che la qualità (quasi) sempre paga? Mina Minona, ho esaurito le parole. Commosso, per davvero, ti dico grazie!

Pubblicato: 11 anni ago

Maliarda e incosciente

Il nostro Stefano Crippa ha riveduto e riadattato appositamente per noi del Minafanblog la sua bella recensione di 12 apparsa su Il manifesto di ieri…

di Stefano Crippa

Mina come diva della canzone? Maestra del belcanto?  Fuoriclasse? Iperbole, aggettivazioni, celebrazioni. Quanto inchiostro in questi quasi cintacinque (ahi, corre aria di altri omaggi nel 2013…) si è consumato sulle pagine dei giornali, quante ore in tv per spiegare ilvero significato della «sua presenza assenza» e o (ancor peggio…) del suo «buen ritiro» svizzero. Ah, la Signora allegramente non ci fa più caso. O almeno, nel 2008 per i cinquant’anni ‘in musica’ un pochino la pazienza l’ha persa.

No, signori, alla Tigre piacerà anche cucinare, vedere i film doppiati dalla grande Tina Lattanzi, come scrive nella sua rubrica su Vanity o come faceva negli elzeviri sulla Stampa, ma quando entra in sala di registrazione non c’è tempo o celebrazione che tenga. Mina ama il suo lavoro,  da sopraffina artigiana lo distilla ad uso e consumo dei fan mescolando i colori e i sapori nei dischi di inediti, ma ogni tanto si lascia andare ai suoi più arditi gusti personali. Lo conferma lei stessa nelle note di presentazione di questo suo nuovo e folgorante 12, una canzone per ogni mese, come le dodici bellissime copertine – opere di Mauro Balletti e Gianni Ronco che già stanno facendo ammattire i fan che vogliono acquistarle tutte e dodici (ecco dove finisce la tredicesima degli italiani sopravvissuta ai balzelli di Monti & co…). Un disco tutto rigorosamente registrato dal vivo «in studio» con il trio di fedelissimi: Danilo Rea al pianoforte (reduce dalla bella performance con Gino Paoli, e chissà che l’idea del disco piano e voce non abbia messo una pulce nell’orecchio della Tigre…), Massimo Moriconi al contrabbasso, Alfredo Golino alla batteria, con l’aggiunta in quattro pezzi di una spruzzatina di archi ‘griffati’ Gianni Ferrio e  diretti da Leandro Piccioni. Niente di divulgativo, tutto cuore e trasporto, con la consapevolezza di maneggiare pezzi entrati nella memoria, e dove Mina ci si infila come un guanto. Un «fil di voce» da fuoriclasse – se non fosse che lei è refrattaria a qualsivoglia polemica, diremmo quasi in contrasto ai tanti concorrenti dei talent show che pensano che cantare sia una gara di salto con l’asta, vince chi urla…

Eccola quindi scivolare languida sotto le ottave in Love me tender, sporcando di nicotina Over the rainbow (e qui il ricordo va più alla splendida versione di una Sarah Vaughan dal perfetto fraseggio piuttosto che a Judy Garland), e assestando il colpo da ko in una commovente I’ll be seiing you (a mio modesto parere il vertice della raccolta). Poi si diverte, Just a gigolo e Banana split for my baby sono lì a testimoniarlo, ci regala un altro assaggio di Natale con Have yourself a merry little christmas (Mina, grazie per non averci lasciati nelle mani di Baglioni & co|) e ci (si) abbandona in Anytime anywhere sulle note del suo grande amore, Sinatra. L’unico – se fosse  ancora in vita –  per cui non esiterebbe a lasciare il prezioso talamo di casa Quaini. Chapeau, Mina!

Pubblicato: 11 anni ago

Lasciatemi divertire

di Mina

Non avevo dischi italiani. Se si esclude Non illuderti di Marino Barreto, che poi era cubano. Solo americani. E fino alla rivoluzione Elvis, che ha “sparecchiato”, esclusivamente Frank Sinatra, Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan, Nat King Cole e anche i minori di quel periodo. Niente di francese. Niente di inglese. Niente di niente. Un pochino di flamenco che gli amici non sopportavano e che mi ha preso da subito, e ancora adesso non so attraverso quale strada. Forse per ricordarmi che sono mediterranea, tutto sommato.

La memoria è un motore potente. E, per quanto riguarda la musica, è lunga, corretta, affidabile, onesta. Quei pezzi mi sono rimasti nel sangue, perfettamente intatti. Non sono mai impalliditi, non mi hanno mai lasciato. E non ho mai cambiato opinione sull’everlasting incanto. E, pensa, non sono per niente evocativi, per quanto mi riguarda. È strano, ma non li collego ad alcuna
sensazione, bella o brutta che sia. Me li godo e basta.
Ogni tanto, ogni mai, mi permetto di avvicinarli. E con la collaborazione dei miei adorati Danilo Rea, Massimo Moriconi, Alfredo Golino, Gianni Ferrio, che sono – senza discussione – tra i migliori al mondo, con il loro squisito, più che prezioso aiuto, dicevo, mi lascio sommergere dalla bellezza. E li canto. Con circospezione, con cautela. Non dimenticando che sono stati nella
gola dei più grandi maestri del passato dai quali ho imparato tutto.
Questa volta mi sono proprio abbandonata completamente. Senza pensare al prima o al dopo. Mi sono messa in sala e ho liberato la mente, l’anima, il cuore e la passione, ignorando l’armatura stretta che ti obbliga a dover usare i tuoi strumenti naturali in modo commerciale.
Detesto quelli che, intervistati alla fine di un lavoro, dicono: “Ah, come mi sono divertito”. Ma questa volta anch’io devo dirlo. Mi sono proprio divertita. Eh, sì.
Pubblicato: 11 anni ago

12 (American Songbook). Mina

Comunicato stampa Sony Music a cura di Franco Zanetti

Dodici è un bel numero, simbolico e rituale. E’ il numero dell’anno di pubblicazione del disco, d’accordo, ma è anche il numero delle canzoni del disco che “12 (american song book)” si intitola e delle diverse copertine di Mauro Balletti e Gianni Ronco con le quali sarà disponibile la prima tiratura del Cd – copertine d’autore ispirate alla discografia jazz dagli anni ’30.

E dodici è anche il numero “classico” delle canzoni contenute nei dischi quando ancora uscivano su vinile a 33 giri, con sei brani per facciata, e si chiamavano “album”.

Ecco, “album” è una definizione che si sposa perfettamente a questo lavoro: con il quale Mina inaugura una serie di “progetti” a tema, e per il quale ha scelto dodici canzoni americane da reinterpretare alla sua maniera. Le ha scelte, come suo solito, in assoluta libertà, a proprio insindacabile gusto, spaziando fra gli anni Trenta e gli anni Settanta (dal 1930 di “Just a gigolo” al 1970 di “Fire and rain”).

Altri interpreti, affrontando questo genere di repertorio, hanno legittimamente cercato di popolarizzarlo con versioni, diciamo così, “divulgative”. Mina ha scelto il rigore: ed ha cantato in studio, ma dal vivo, accompagnata da un trio jazz – Danilo Rea al pianoforte e al piano Fender, Massimo Moriconi al contrabbasso, Alfredo Golino alla batteria – di impeccabile professionalità; una formula, ancora una volta, classica, ampliata solo in un paio di occasioni (“Love me tender” e “Anyway, anywhere”) dalla chitarra di Luca Meneghello. Gli archi scritti magistralmente da Gianni Ferrio, e diretti da Alvaro Piccioni, coloriscono da par loro quattro canzoni dell’album.

E “12 (american song book)” risulta così un album di straordinaria coerenza e che, orgogliosamente, non fa sconti. Come ha scritto, in maniera del tutto condivisibile, Simone Molinari “…ogni ascolto si impreziosisce di una scoperta ulteriore, di un passaggio che non si era ascoltato con attenzione, di una sfumatura non còlta”.

Quel che più affascina, in “12 (american song book)” – e non si può dire che sorprenda, perché chi conosce Mina ormai non se ne stupisce più – è la disinvoltura sorridente, ma non irridente, con la quale la sua voce accarezza le melodie, senza mai strafare in stucchevoli esibizioni di tecnica vocale ma dando sempre la precisa sensazione di essere perfettamente a proprio agio, totalmente padrona della situazione; in due parole, incontestabilmente brava.

“12 (american song book)” è il frutto dell’intelligenza, del talento e della passione di un’artista che prima di ogni altra cosa ama la musica e le canzoni, e che si è conquistata il diritto e il privilegio di infischiarsene delle mode, delle tendenze, del marketing, per essere sempre se stessa ma mai uguale a se stessa, sempre Mina: sia che canti Cole Porter sia che interpreti Kurt Weill, sia che omaggi l’Elvis Presley di “Love me tender” sia che promuova a standard “Fire and rain” di James Taylor, sia che scherzi con “Banana split for my baby” di Louis Prima sia che si conceda la tenera malinconia natalizia di “Have yourself a merry little Christmas” sia che si confronti con un ultra-evergreen come “Over the rainbow”, la prima canzone di questo disco ad essere proposta alla programmazione radiofonica.

Scrive ancora Molinari: “Mina continua a mantenere fede all’impegno preso in quella lontana estate del 1978. Fatto di assoluta libertà, di fedeltà a se stessa, di autonomia nello scegliere cosa cantare e come farlo. In un mondo di replicanti, questo è quello che chiedo ad una numero uno”.

Non c’è altro da aggiungere, crediamo.

Pubblicato: 11 anni ago

I have a dream

“Nel lontano 1960, al termine di una seduta d’incisione durata un intero pomeriggio, Mina confidò in un’intervista all’amico Paolo Occhipinti: ‘Sogno di potere entrare un giorno in sala, mettermi davanti ad un microfono e cantare tutto quello che voglio, come voglio. Verrebbe fuori un disco che forse nessuno comprerebbe, ma sarebbe l’unico mio disco di cui andrei orgogliosa’. Lo stesso giornalista, quattro anni dopo, ricoprendo di lodi sulle pagine di Oggi il primo album Ri-Fi della Tigre. si ricordò di quell’affermazione e scrisse: ‘C’è voluto tanto tempo, ma alla fine il sogno di Mina si è realizzato’. Qualcosa di simile si potrebbe ripetere oggi a proposito de L’allieva, un disco che, per raffinatezza delle atmosfere e intensità interpretativa (oltre che per qualche titolo in comune come Angel eyes o The nearness of you)ci riporta molto vicini alla Mina impavida e sprezzante delle regole del mercato di quell’antico, superbo 33 giri. E la cosa più sorprendente è che, dati delle vendite alla mano, questo nuovo atto di coraggio risulta essere stato premiato dal pubblico al di là di ogni più rosea aspettativa, tra lo stupore dei discografici che inizialmente non avevano nascosto le loro perplessità sugli esiti commerciali dell’operazione… “.

Così iniziava l’editoriale della fanzine numero 64 pubblicata all’indomani dell’uscita dell’album-tributo a Sinatra del 2005. Nella Borsadisco di M&D di quell’anno – val la pena di ricordarlo – i dati ufficiali della Sony diedero L’allieva e l’ultrapop Bula Bula appaiati a quota 130.000 copie vendute per ciascuno. Ecco, sarebbe bello che un analogo miracolo a più zeri si ripetesse almeno in parte anche per l’imminente 12 sulle cui potenzialità commerciali già si interrogano con prematura apprensione i fans mazziniani più accaniti; quelli, per intenderci, che vorrebbero la nostra Mina prima in Hit Parade anche se dovesse uscire con un disco di canti giavanesi della siccità…

Pubblicato: 11 anni ago

High Fidelity

di Simone Molinari

Consiglio a tutti di ascoltare Over the rainbow  attraverso il video pubblicato sul sito ufficiale di Mina.

http://www.minamazzini.com/extra/over-the-rainbow

Non per dire, ma ascoltandola attraverso i video che circolano su youtube, molta della magia di quest’interpretazione si perde nel nulla (probabilmente perchè l’audio è stato registrato attraverso la webradio mazziniana).
Le mie primissime impressioni infatti non erano proprio entusiastiche. Come molti hanno sottolineato, mi sembrava una versione troppo affine alle ultime riletture dei classici realizzate dalla Signora nel periodo post duemila. Ora, dopo aver “digerito” il pezzo in alta qualità, posso dire che si tratta di una versione entusiasmante, grazie soprattutto alla totale empatia tra cantante e musicisti. Qualcuno sostiene che sia una lagna, in realtà il pezzo procede per scatti improvvisi, pause e rallentamenti marcati, sottolineati da Mina che asseconda le varie fasi schiacciando la voce, allargandola, sfruttando tutte le sfumature possibili, dagli arrocchimenti al velluto burroso di momenti come quel bellissimo finale, in cui Danilo Rea si supera (e, chissà perché, a me ha fatto venire in mente il Michael Nyman di Lezioni di piano, con quel tumultuoso incedere ipnotico). Sono dettagli impercettibili ovviamente, ma più soddisfacenti, perchè ogni ascolto si impreziosisce di una scoperta ulteriore, di un passaggio che non si era ascoltato con attenzione, di una sfumatura non colta. Somewhere over the rainbow è un pazzo stracantato, forse uno di quegli standard che tutti i più grandi, prima o poi, hanno interpretato almeno una volta nella vita. Come procedere nella rilettura? Le opzioni non sono molte. O si cerca di capire quale versione non sia stata ancora realizzata, giocando su chiavi di lettura originali (che so, una versione metal-rock, una disco-dance alla David Guetta), oppure si fa risaltare la personalità dell’artista, realizzando una versione che segua i gusti e le passioni di chi canta.
Che piaccia o no, questa di Over the rainbow è Mina, Mina al mille per mille, e questo è l’ambiente sonoro che lei ama e che sente più congeniale. Certamente questa è una scelta rischiosa (ovviamente perchè il gusto di Mina non è paragonabile a quello di largo consumo in voga al momento), l’ascoltatore disattento può chiudere dopo pochi secondi e concedere raramente una seconda chance, a differenza di un fanatico come me, che potrà anche storcere la bocca la prima volta, ma concede sempre un’altra opportunità. E apprezzare poi la scelta.
Ma se questi rischi non li prende Mina, con la storia che ha alle spalle, chi li deve prendere?
12, guardando anche solo il minutaggio dei brani, presenterà certamente pezzi più swing, versioni meno dilatate e forse anche qualche divertissement, ma quello che conta è che, nonostante la crisi discografica, talent show aberranti, una critica musicale sempre più effimera e passaggi radio pilotati, Mina continui a mantenere fede all’impegno preso in quella lontana estate del 1978. Fatto di assoluta libertà, di fedeltà a se stessa, di autonomia nello scegliere cosa cantare e come farlo. In un mondo di replicanti, questo è quello che chiedo ad una numero uno. Nulla di più, nulla di meno.

Pubblicato: 11 anni ago

Un arcobaleno di dodici colori

Confessavamo: il piacevole dodecamistero che circonda le dodici copertine di “12” ha tratto in inganno pure noi. E francamente avevamo dato per scontato fino a ieri, non essendoci permessi di chiedere ragguagli precisi alle fonti ufficiali, che il dodecafonico nuovo album di Mina, il suo dodicesimo ufficiale dall’inizio del millennio, avesse dodici copertine (otto opera di Gianni Ronco, quattro invece griffate Balletti) tutte racchiuse in un’unica confezione. E invece no: il CD uscirà proprio in dodici differenti versioni con 12 copertine diverse, anzi 13 (e saprete poi perché). Senza contare l’edizione in vinile da collezione che vedrà la luce più avanti. Noi, intanto, per alleviare i morsi dell’attesa, prepariamoci a gustare il singolo di lancio Over  the rainbow in rotazione da venerdì 23 novembre nelle radio…

Pubblicato: 11 anni ago

Repetita iuvant

Poco incline da sempre – salvo rari casi eccellenti – a ricantare se stessa, consapevole che i classici del suo passato è quasi sempre bene che continuino a risplendere nelle loro incisioni originali, Mina non ha mai esitato invece a “rivedere e correggere”, alla luce delle nuove consapevolezze interpretative maturate negli anni, gli standard attinti ai repertori altrui, e come tali meno strettamente ricollegabili a Lei. Non c’è perciò da stupirsi se anche in 12, come avvenuto in tanti precedenti album di cover, la Tigre sia voluta tornare “sul luogo del diletto” riprendendo alcuni titoli già rintracciabili nella sua discografia di ieri (e di ier l’altro) come Love Me Tender e I’m glade there is you. E se per iperclassici del calibro di Over The Rainbow e di I’ve got you under my skin, precedentemente affrontati da Mina solo in remote occasioni radiotelevisive, il recupero discografico è un atto quasi doveroso, più curiosa e sorprendente è la presenza nel nuovo album di Everything happens to me, da lei già eseguita nel ’64 nel suo primo, leggendario LP Ri-Fi e poi, 29 anni dopo, riproposta in versione unplugged con un trio di musicisti quasi identico, se si esclude Maurizio Dei Lazzaretti alla batteria al posto di Alfredo Golino. a quello che l’ha accompagnata in 12. Di quella scintillante seconda incisione minosa del brano di Dennis-Adair il nostro Antonio Bianchi sottolineò nella fanzine numero 40 “la grande pulizia esecutiva, la misura accentuata, la voce in grande evidenza su percorsi rarefatti. E’ proprio su queste melodie che le voci ‘storiche’ rischiano di svelare inesorabilmente la perdita di smalto. E invece, Mina le percorre con grande controllo ed estremo buon gusto. Sarebbe assurdo, però, dire che la voce sia rimasta immutata (malgrado la nuova Everything... richiami magicamente la versione del ’64): la timbrica si è arricchita di un velo di espressività più intenso ed inquietante. Si avverte un senso di sofferenza insolito in una voce tanto pulita e chiara. Ben vengano, dunque, i brani che evidenziano queste caratteristiche…”. E ben vengano, aggiungiamo noi oggi, altre dieci, cento, mille Everything happens to me, se a ridar loro ogni volta nuova vita è una Voce capace di rimanere sempre incorruttibilmente unica e inconfondibile pur nel suo eterno rinnovarsi…

Pubblicato: 11 anni ago

Una dozzina di rose

Dodici classici della grande tradizione musicale americana. Nel dodicesimo mese del 2012. E dodici splendide copertine. Racchiuse in un’unica, sontuosa confezione nella prima tiratura del CD. Il quale, in seguito, vedrà quasi certamente la luce anche su LP…

1. SEPTEMBER SONG  – 2. BANANA SPLIT FOR MY BABY – 3. EVERYTHING HAPPENS TO ME  – 4. FIRE AND RAIN  – 5. HAVE YOURSELF A MERRY LITTLE CHRISTMAS – 6. I’LL BE SEEING YOU – 7. I’M GLAD THERE IS YOU – 8. I’VE GOT YOU UNDER MY SKIN – 9. JUST A GIGOLO – 10. LOVE ME TENDER – 11. OVER THE RAINBOW – 12. ANYTIME, ANYWHERE

N. B. Se poi aggiungiamo che, da Dalla terra in poi, si tratta anche del dodicesimo album ufficiale di Mina del terzo millennio…

mina 12
Pubblicato: 11 anni ago

“12” sfumature di Mina

mina 12Vi riproponiamo il comunicato stampa con cui la Sony ha anticipato oggi il titolo e la copertina (anzi, “le copertine”, una per ogni canzone) del nuovo album che sarà nei negozi e nel mercato digitale a partire dal 4 dicembre. Lo stesso giorno, per una del tutto casuale coincidenza, in cui vedrà la luce anche il doppio EMI Mina canta Battisti, repackaging in cofanetto dei due già noti Minacantalucio e Mazzini canta Battisti

MINA“12 (american song book)” 12 standard della canzone americana, 12 copertine d’autore ispirate alla discografia jazz nel nuovo disco in uscita il 4 dicembre.  12 come gli intramontabili standard della canzone americana interpretati magistralmente da un’artista che non ha bisogno di presentazioni: MINA; 12 come le stupende copertine d’autore ispirate alla discografia jazz dagli anni ’30,  disponibili con la prima tiratura.Esce il 4 dicembre “12 (american song book)”, il nuovo disco della più grande artista italiana, che canta in modo unico e inconfondibile celebri brani della tradizione musicale d’oltreoceano. Ad accompagnare la straordinaria voce di Mina, Danilo Rea al piano, Alfredo Golino alla batteria, Massimo Moriconi al contrabbasso e gli archi arrangiati da Gianni Ferrio, che rendono l’atmosfera ancora più coinvolgente e suggestiva. Un album di grande qualità artistica, caldo ed emozionante.

 

www.minamazzini.com

Pubblicato: 11 anni ago

Piccolini crescono

Mancano ormai solo poche settimane all’uscita della sospirata raccolta di dodici gemme acustiche attinte al songbook americano, ma nelle orecchie e nel cuore non smette di regalarci emozioni quel Piccolino che a ogni nuovo riascolto si riconferma come uno dei migliori album di inediti di Mina dell’ultimo ventennio. Che cos’hanno fatto (e che stanno facendo), nel frattempo, i vari autori del disco? Giorgio Faletti, appena nominato dall’Assessore alla Cultura della sua Asti Presidente della Biblioteca cittadina, si appresta a tornare sulle scene con la versione teatrale del suo nuovo libro biografico (+ cd di canzoni inedite) Da quando a ora. Andrea Mingardi, tra una tournée e l’altra della sua inesausta carriera dal vivo, riapparirà presto sugli schermi cinematografici nel film Il peggior Natale della mia vita (alla cui presentazione ufficiale del 20 novembre, al Numa di Bologna, parteciperà esibendosi in un récital). Giuliano Sangiorgi ha appena inserito in Una storia semplice, prima raccolta di successi dei suoi Negramaro, il demo originale inviato a Mina (con l’aggiunta degli archi di Davide Rossi) di E così sia (da lui definita “Un momento importante della nostra storia di band”). Franco Fasano ha da poco festeggiato i suoi primi 50 anni col doppio album Fortissimissimo in cui ripropone le più famose canzoni da lui composte per sé e per altri artisti (non mancano le mazziniane L’ultimo gesto di un clown e Certe cose si fanno). Quanto al duo lucchese Mancini-Bindi di Fuori città, un testo da loro composto su musica di Evelyn Fisher – dal titolo Io non ti lascio più – è stato inciso dal trio altoatesino The Italian Tenors nel loro album d’esordio That’s amore (Universal Music) che sta scalando in questi mesi le vette delle classifiche nordeuropee. E mentre dal sempre più parigino Axel Pani ci aspettiamo al più presto nuove videosorprese musicali su Youtube con qualche altro brano cantato e suonato col gruppo rock dei Temple di cui è il fascinoso front man, il veterano Paolo Limiti, dopo il folgorante e inatteso ritorno alla corte di Mina con la meravigliosa Questa canzone ha pronta per lei una nuova proposta firmata sempre in coppia con Mario Nobile. La ascolteremo, forse, nel prossimo lavoro inediti che – ohibò – la Signora potrebbe sfornare prima di quanto i più ottimisti tra noi osassero sperare fino a ieri…

Pubblicato: 11 anni ago

Una donna che sorriderà

Ci eravamo persino decisi a non accettare più iscrizioni biennali, tale era il clima di incertezza e di scarsa fiducia nel futuro che si respirava fino a poche settimane fa nel quartier generale di Lugano (e, quindi, di rimando, anche nella nostra piccola redazione aostana). Ma ora, come per magia, la situazione si è sbloccata e dal Canton Ticino è tornata a spirare un’aria di rinnovato entusiasmo e di frizzante fervore creativo come non avveniva dai tempi del Live In studio. I progetti in ballo sono tanti, Mina continua ad essere un vulcano di idee e ha tanta voglia di cantare di tutto. Ci sarà insomma, ancora tanto, tantissimo inchiostro da spargere per noi fanzinari irriducibili. E voi continuerete a esserci, non è vero?
Pubblicato: 11 anni ago

Ma lasciamo stare i se…

Fino a una settimana fa, nemmeno Mina sapeva con precisione se il suo nuovo disco avrebbe visto la luce entro Natale, e non a caso anche nelle anticipazioni contenute nella nuova fanzine, non potendone noi rinviare la stampa alle calende greche, abbiamo prudenzialmente preferito rimanere sul vago. Solo in questi giorni le nebbie paiono essersi schiarite, consentendoci di affermare che al 99% il tanto atteso album di ballads uscirà senza ritardi. E questa quasi definitiva, confortante certezza per ora dovrebbe bastarci…