Pubblicato: 3 anni ago
Nella languida, straniante ed estetizzata atmosfera di un pigro après-midi estivo cadenzato dalle bossanove di Tom Jobim, una donna decide di suicidarsi col gas trascinando nello stesso destino i suoi due ignari bambini dormienti. È l’agghiacciante trama del brano-capolavoro Rudy del pavese Guido Bolzoni cui Antonio Bianchi dedica la parte conclusiva – qui di seguito riproposta – della sua imperdibile analisi dell’album Altro nell’ultima fanzine…
di Antonio Bianchi
“… Il riferimento alla trasfigurazione sonora di Rudy è molto interessante. E offre lo spunto per aprire una parentesi sui testi di Altro, quasi tutti a tinte molto forti, consapevolmente e volutamente fuori dagli schemi. Con l’eccezione di Non ti riconosco più, dove il testo è puro supporto alla musica ed è Mina, semmai, a rimarcare i chiaroscuri che i versi, da soli, non evocherebbero.
L’amore, forse… (di Giorgio Calabrese) e L’abitudine (di Bruno Lauzi) sono molto più autosufficienti e incisive. Senza bisogno di enfatizzazione interpretativa. Due emblemi di disillusione adulta, matura, contenuta e introspettiva.Continua a leggere
Commenti recenti