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Pubblicato: 6 anni ago

Mina remastered

Insieme a un dossier sul sessantennale rapporto tra Mina e Sanremo – dall’eloquente titolo Ti odio e poi ti amo – e a un excursus sulle altre gare canore che hanno coinvolto Mina nel corso degli anni Sessanta (Clarkentianamente battezzato Io sono quella che non vince quasi mai), l’articolo-clou della prossima fanzine numero 85 sarà una minuziosa disamina di Antonio Bianchi sui retroscena di Paradiso e sui possibili sviluppi futuri di queste affascinanti operazioni di recupero “riveduto e corretto” del catalogo mazziniano. Ve ne proponiamo in anteprima l’intrigante incipit…. 
 
di Antonio Bianchi
Un capolavoro. Tecnico e anche artistico. Perché la musica in accezione discografica è figlia della tecnologia. Che si traduce – eccome – a livello espressivo, creativo ed emotivo… Paradiso, in questo senso, è un incanto. Rivaluta e nobilita una produzione che ha assunto i contorni del patrimonio storico. Si direbbe una semplice rivisitazione del passato. In realtà, è l’operazione mazziniana più lungimirante e protesa in avanti. Addirittura ai “posteri”.
Per i non musicofili si tratta forse di “filologia feticista”. L’evoluzione tecnica della musica registrata è ben poco raccontata e ancor meno compresa. In questo senso, penso che pochi abbiano colto la portata del lavoro eccelso svolto da Celeste Frigo e Massimiliano Pani per Paradiso. La terminologia non aiuta: “remissaggio” e “rimasterizzazione” (addirittura, il termine precipuo è “pre-mastering”) sono spesso usati a sproposito, magari per alludere a blande riequalizzazioni. In realtà, per Paradiso entrano in ballo tanti approcci all’elaborazione sonora. Scientifici. E creativi.
Per semplificarli il più possibile potremmo utilizzare un parallelo “architettonico”. Di fatto, una vecchia registrazione discografica non è dissimile da una costruzione del passato. La si può ristrutturare frettolosamente, mantenendola integra (intervenendo sulle frequenze dei master definitivi, com’è stato fatto per i primi riversamenti su cd della produzione Pdu). Usufruendo dei master originali, invece, quella vecchia costruzione può essere smontata pezzo per pezzo e ricostruita con gli stessi identici vecchi mattoni, tegole, infissi, arredi, complementi… Ed è ciò che è stato fatto per molti brani di Paradiso. Un’operazione affascinante, meticolosa e laboriosissima, perché ogni singolo mattone, ogni trave, ogni infisso, ogni tegola, ogni arredo è stato minuziosamente ripulito e trattato. Gli elementi costitutivi sono gli stessi. Ma il loro riassemblaggio si traduce in termini estetici nuovi, adattabili alle esigenze più diverse. Per ricreare minuziosamente la costruzione originale (Amor mio si direbbe immutata). Per riformulare piantina e volumetrie con tocchi esteticamente strategici, ma senza discostarsi dall’originale (il lavoro effettuato su Minacantalucio è eclatante). E anche per realizzare, con gli stessi vecchi materiali, costruzioni completamente nuove (come nel caso di Nessun dolore).
Considerazioni algide? Troppo tecniche? Forse sì. Ma stimolantissime per un vero musicofilo. A maggior ragione per chi, come noi fan mazziniani, è abituato ad esplorare una produzione discografica – e dunque tecnologica – sessantennale. (…)