Il Blog

Pubblicato: 5 anni ago

Un magnifico novembre

Nei nostri sibillini post estivi vi avevamo anticipato in arrivo per l’autunno una Mina “nuova” e non semplicemente una nuova Mina. E in effetti MINA FOSSATI è un progetto che non ha precedenti nell’ultrasessantennale discografia mazziniana: non si tratta infatti né di un album-tributo al repertorio edito di un autore (come furono, con sfumature diverse, MINACANTALUCIO, MINA QUASI JANNACCI, NUMERO ZERO o il modugnano SCONCERTO) né di un normale disco di duetti alla MINACELENTANO in cui a fare da filo conduttore erano gli interpreti stessi e non i diversi compositori coinvolti. Sarebbe forse più pertinente il raffronto con AMANTI DI VALORE se non fosse per il fatto che, in quel caso, gli undici splendidi inediti che Franco Califano – in concorso  con Carlo Pes – cucì sulla pelle e sull’anima di Mina non previdero alcun suo intervento vocale. Ma a rendere “nuovo” MINA FOSSATI sarà anche l’approccio interpretativo con cui la Nostra ha saputo per l’ennesima volta reinventare il proprio canto adeguandolo con straordinaria empatia alla sensibilità del partner e valorizzando al meglio una stupefacente rosa di canzoni che – per l’eterogeneità dei generi musicali affrontati, l’eccellenza poetica dei testi e la magistrale cura degli arrangiamenti – renderà impietoso ogni raffronto con la recente produzione discografica non solo italiana. II problema, per noi e per le nostre coronarie, sarà uno solo: quotidianamente assediati come siamo dalla povera “musica che ci gira intorno, quella che non ha futuro”, sapremo reggere alla travolgente onda d’urto di tanta bellezza?

Pubblicato: 5 anni ago

Mina Fossati, l’Arte dell’incontro

Il comunicato stampa Coigest che preannuncia l’uscita del nuovo album-capolavoro…

MINA E FOSSATI
IL NUOVO ALBUM A DUE VOCI
IN USCITA IL 22 NOVEMBRE

Mina e Fossati insieme, per un nuovo album di inediti in uscita il 22 novembre per Sony Music. I due protagonisti della musica italiana, da tempo lontani dalla ribalta, per la prima volta uniscono le loro voci in 11 brani inediti, scritti e composti da Ivano Fossati e cantati da Mina e Fossati, che tornano a collaborare in un’occasione unica.

“Dopo otto anni la mia decisione non cambia: non torno a fare dischi né concerti, ma per niente al mondo mi sarei negato la gioia di scrivere questo album. Nessun musicista sano di mente direbbe no a Mina” – racconta Fossati a proposito dell’amicizia che lo lega a Mina e su questo progetto.

Il pre-order della versione CD Standard Digipack è disponibile da oggi. Da domani sarà disponibile online la versione CD Deluxe.

Pubblicato: 5 anni ago

Una nuova Mina?

No, una Mina “nuova”.

#autunno2019 #nuovoalbum #canzoninuove

Pubblicato: 5 anni ago

Per fortuna c’è una Dea in Laguna

Non c’è importante occasione mondana o culturale in cui il nome di Mina – da sempre – non sia affettuosamente tirato in ballo. E anche il tradizionale Festival del Cinema che si sta svolgendo in questi giorni a Venezia non poteva non onorare la piacevole consuetudine: prima col documentario Life as a b-movie in cui Fabrizio Laurenti e Niccolò Vivarelli hanno ricostruito – con immancabili riferimenti a Urlatori alla sbarra e Io bacio tu baci – la carriera del re dei musicarelli Piero Vivarelli; e poi con la presenza del regista Ferzan Ozpetek che, nel ricevere il Premio Soundtrack Stars Award “per il prezioso rapporto del suo cinema con la musica”, ha rilasciato ad Arianna Finos un’intervista – pubblicata oggi su Repubblica e qui di seguito parzialmente riproposta – in cui ribadisce il suo antico amore per la grande cantante che nel prossimo film La dea fortuna sarà presente non solo con due canzoni (un inedito del nuovo disco e un successo di tanti anni fa) ma anche prestando il proprio nome al personaggio interpretato dall’immancabile Serra Yilmaz….

“… I cinque cantanti che mi hanno influenzato di più? Mina, Nina Simone, Gabriella Ferri, la turca Sezen Aksu, Judy Garland dell’ultimo periodo… solo donne”.

“…Mina è una delle persone più importanti della mia vita, negli ultimi anni. Mi telefonò una volta quando avevo la febbre, a Lecce. Vidi la chiamata dalla Svizzera, pensai a qualche pubblicità e invece era lei. Da allora ogni giorno ci mandiamo messaggi vocali, ne ho tantissimi suoi meravigliosi. A distanza comprende i mie stati d’animo, come una strega. Mi è stata vicina quando mio fratello è stato male. Mi ha insegnato a dire no rispetto alle cose che non voglio fare…”.

“…Raccontare Mina in un film? Talmente la amo e la rispetto che avrei difficoltà a parlarne. A 18 anni, nel gruppo delle ‘Fate ignoranti’ – così ci chiamavamo – organizzavamo delle cene per accogliere un amico che lavorava in RAI e ci portava i dischi di Mina prima ancora che fossero in commercio. Una decina di pazze furibonde ad aspettare che ci mostrasse la copertina…”. 

Pubblicato: 5 anni ago

Magnifica presenza

“… Forse l’immagine più potente, più toccante di Saturno contro è una panca di ospedale vuota. Si è consumato il tempo a disposizione di una vita, l’attesa è finita. Finito quel confuso senso di vane speranze, quel desiderio inconfessato di una morte liberatoria, espresso in una muta, non articolabile richiesta ai medici perché compiano un gesto pietoso che metta fine a quel dolore, che restituisca dignità al malato. Su una panchina come quella ero stato anch’io, fuori dalla stanza dove uno degli amici che più hanno contato per me giaceva in coma. Si chiamava Flavio Merkel e a lui, che ne è stato l’ispirazione, il film è dedicato. Flavio non era né giovane né bello come Luca Argentero che lo interpreta ma, come il personaggio del film, amava riempire la sua casa di un’umanità “colorata” che era la sua famiglia di adozione, tanto diversa da quella reale che aveva a lungo stentato a capirlo, forse accettarlo. Eravamo in tanti in quell’ospedale ad alternarci per una breve visita vicino al suo letto, spesso convinti che, a dispetto del parere dei medici, si accorgesse di noi, comunicasse con un battito di occhi, un sospiro. Alcuni avevano ricordi di un’amicizia antecedente la mia, come Ferzan Ozpetek e Gianni Romoli, che ha scritto con Ozpetek il film e lo ha prodotto con Tilde Corsi. Ma tutti noi eravamo “gli amici” di Flavio, quelli che in un ospedale «non contano un cazzo», come dice l’infermiera Milena Vukotic nel film. Quelli che devono stare al proprio posto, senza nessun diritto…” 

Con queste toccanti parole lo sceneggiatore Claudio Masenza ricordava – sulle pagine di un numero di Ciak del 2007 –  l’amico Flavio Merkel di cui oggi, 22 agosto, ricorre il quindicennale della scomparsa. Del nostro amato socio fondatore restano a noi del Minafanclub – oltre a un ricordo umano indelebile – tanti splendidi scritti che per oltre due decenni hanno impreziosito le pagine della “sua” fanzine. Quello che vi riproponiamo qui di seguito – mirabilmente in bilico tra prosa e poesia – è il racconto di un’avventura straordinaria e irripetibile da lui vissuta in un pomeriggio di febbraio del 1981 al fianco di Marco Piancastelli e Mauro Coruzzi nei mitici uffici milanesi della PDU italiana in via Senato 12……

 

ERO IO, ERI TU, ERA iERI

di Flavio Merkel

Quella volta che t’ho incontrata
se il mio cuore ha retto vuol dire che ero sano.

E’ apparsa, un secondo, sulla porta:
ha detto “buongiorno” ed è sparita.

Due facce sconosciute erano troppo
per la sua avversità alle sorprese.
Il buon Renzo si è alzato dalla scrivania
e ci ha detto: “Aspettate”.
Marco ed io ci siamo guardati
e detti ad alta voce: “Non è possibile!”
Per caso, quel giorno, eravamo da Renzo
a parlare di lei.
Via Senato era ormai la meta,
il tempio dove c’erano le reliquie.
Sulla scrivania erano sparse foto
che Renzo ci dava per il Bollettino.
Il Club aveva un anno di vita
ma non speravamo in tanta fortuna.
Renzo, con il suo fare gentile, ritorna:
“Le ho detto chi siete, verrà”.
Sentiamo provenire dal fondo dell’ufficio
il suono indistinto di una musica.
Dopo un’attesa eterna di cinque
o dieci minuti, lei entra.
Grande, imponente, tutta in nero,
gli occhiali ray-ban scuri, i capelli tirati,
la MINA.
Ci alziamo, impietriti e sbalorditi,
è lì davanti a noi, così, all’improvviso.
Non sappiamo bene che cosa fare,
tendiamo la mano.
Lei ce la scansa e invece ci abbraccia,
divertita e chiacchierona.
Il famoso ghiaccio si è rotto in un secondo.
Si chiede vicino a noi, ci chiede di noi;
Chi siamo, da dove veniamo, che cosa facciamo…
Ci chiede se ci è piaciuto KYRIE,
le interessa il nostro giudizio.
Ci chiede se abbiamo visto Sanremo,
due giorni prima.
Ci canta PER ELISA imitando Alice.
ANCORA di De Crescenzo le è piaciuta molto.
Arrivano Quaini e Cantarelli,
gentili, sorridenti e simpatici.
Mina dice a Cantarelli che una delle sue canzoni
le piace molto (è SONO SOLA SEMPRE?).
Fuma Marlboro, ci chiede che cosa vogliamo,
ordina un cappuccino scuro (sono le cinque del pomeriggio).
Guarda le foto sulla scrivania,
le commenta come se non fossero le sue.
E’ allegra, ride, scherza
è la Mina che ho sempre pensato,
una donna felice delle sue scelte.
Quella mezzora passa troppo in fretta.
Ci lascia con promesse che sappiamo vane,
chissà quando ci rivedremo mai.
Ma che importa, questa volta me la ricorderò, eccome.
Che importa se è stato il caso
E non la volontà a farci incontrare.
Che importa se mi devo accontentare di una voce senza corpo.
Che importa se non la vedrò più,
né di persona, né sul palco, né in tivù.
Che importa se il tempo passa,
se lei non è più la stessa.
Forse che io son rimasto lo stesso?
Che importa tutto…
Tutto passerà vedrai,
ma tu, Mina, resterai.

 

Pubblicato: 5 anni ago

Questione di stile

Il fatto che Mina, con la sua inossidabile Collection 3.0 (ancora in diciassettesima posizione mentre vi scriviamo), sia risultata per tutta l’estate l’interprete femminile preferita dagli Italiani nelle pur volatili e capricciose classifiche degli album più scaricati su iTunes è davvero un segnale in stridente controtendenza col trend culturale ed etico del momento. Se ben ci pensate, non potrebbe esserci Voce meno adatta della sua a fare da ideale colonna sonora all’Italia dei giorni nostri: sinonimo di talento e di professionalità in un Paese ai cui vertici (e alle cui basi) prevalgono l’inettitudine e il dilettantismo, simbolo di coerenza e di onestà intellettuale tra troppi sgomitanti voltagabbana che sacrificano la propria dignità per rimediare un precario posticino al sole, la Signora si appresta a sfidare in grande stile l’autunno discografico con un album che riporterà ai più alti livelli il concetto di “canzone”, ripulendoci le orecchie da mesi di reggaeton usa-e-getta, di trap smandrappati e di quella che perfino il modaiolo Rolling Stone ha bollato col calzante epiteto di musica ‘emmerda. E se il suo nome ha fortunatamente smesso da tempo di figurare tra quelli più chiacchierati dal gossip balneare (“Mina non fa più notizia ma rimane la nostra cantante numero 1”, scriveva Gherardo Gentili già 43 anni fa su Sorrisi), ci ha fatto invece molto piacere vederlo citato (tirando curiosamente in ballo la splendida Allora sì di Califano-Guantini incisa nel doppio 25) in un libro del severo linguista Nicola Gardini – Le dieci parole latine che raccontano il nostro mondo – edito qualche settimana fa da Repubblica: “Lo stile è la persona stessa, che scriva o no. In uno dei suoi album più belli, Mina cantava: ‘Forse sono strana io, ma il tuo stile non mi va..’, criticando non un poeta, ma un uomo che ha il torto di comportarsi troppo gentilmente in amore…”. 

(Illustrazione: Graziano Rimondini)

Pubblicato: 5 anni ago

Frenesie dell’estate

È probabile che molti di noi – se dieci anni fa avessero potuto prevedere in quale Italia infascistita e imbarbarita si sarebbero trovati nel 2019 – avrebbero volentieri iniziato una nuova vita nel deserto del Kalahari confezionando collanine di fiori di acacia da rivendere ai civilissimi Boscimani. Ma visto che da questo sciagurato Paese non ci siamo mossi e qui ci tocca ancora restare, accontentiamoci di uno dei pochi salvìfici punti fermi cui possiamo continuare ad aggrapparci per sopravvivere: Lei. Quello che vi proponiamo di seguito è il post che pubblicammo nel 2009 pochi giorni prima di Ferragosto: rileggendolo, vi si percepisce tra le righe la stessa identica “frenesia dell’attesa” che proviamo oggi in vista del nuovo, prestigioso, sorprendente disco autunnale già bell’e pronto da settimane e mai come stavolta avvolto nel mistero….

(…) Oggi voglio parlarvi di letture che hanno forgiato la mia giovinezza. Buzzati? Calvino? Palazzeschi? De Maupassant? Macché. “Il testo sacro” a cui mi riferisco è un numero di Eva Express del settembre 1982, sulla cui copertina campeggiava una splendida Mina fotografata a Lugano al fianco di Max nei pressi della – allora – nuovissima sala di registrazione in zona Pazzallo. Non meno ghiotto era l’articolo all’interno della rivista, intitolato Le nuove canzoni di Mina, con dettagliate notizie in anteprima sul 45 giri in uscita di lì a poco – quello con Morirò per te e Oggi è nero – e una prima raffica di indiscrezioni sul doppio LP dal titolo ancora top secret che avrebbe visto la luce a fine novembre (per la cronaca, sarebbe stato lo stesso Eva, alcune settimane dopo, a mostrare per primo la copertina dell’album in questione – Italiana – bruciando canagliescamente sul tempo Sorrisi, storico detentore ufficiale di tale privilegio). Perché vi racconto tutto questo? Semplice: anche il prossimo CD di inediti atteso tra la fine di ottobre e i primi di novembre potrà vantare l’onore di aver tenuto a battesimo un nuovo studio (quello aperto da un anno nella sede GSU di via Ciani). Proprio in questi giorni, finalmente decisa la scaletta e apportati gli ultimi ritocchi, il disco è quasi pronto per essere mandato in stampa. Le belle canzoni a disposizione – oltre una ventina – sarebbero state sufficienti per riempire un doppio (e ridàgli, con le analogie con Italiana), ma alla fine sì è deciso di concentrare la scelta sui pezzi più forti e farne un unico disco-bomba. Cresce, nel frattempo, l’attesa dei fans collezionisti per l’edizione americana di Sulla tua bocca lo dirò, a suo tempo annunciata per il 18 agosto ma al momento ancora invisibile su Amazon e sugli altri siti di e-commerce d’Oltreoceano. Impossibile saperne di più dai nostri interlocutori di casa Sony, i cui recapiti telefonici – forse per un prolungamento delle vacanze – sono in questi giorni più muti di un concerto di Kylie Minogue a play-back spento. L’arrivo di settembre – vedrete – ci regalerà qualche certezza in più… (Minafanblog- agosto 2009)

Pubblicato: 5 anni ago

Ennio Guarnieri, signore della luce

Non abbiamo fatto in tempo a dedicargli un ricordo nella nuova fanzine (finalmente in stampa e in partenza nel finesettimana). Ma a rendere un doveroso omaggio all’appena scomparso Ennio Guarnieri – direttore della fotografia tra i più prestigiosi del nostro cinema (e della pubblicità) – ci ha provvidenzialmente pensato l’amico Emmanuel Grossi con questo pezzo scritto di getto apposta per noi…

di Emmanuel Grossi

Apprendo dal post di un amico e collega che ci ha lasciati ENNIO GUARNIERI, uno degli ultimissimi grandi direttori della fotografia del cinema italiano.

Nel suo curriculum, centinaia di film accanto a registi illustri: dagli amici di una vita Mauro Bolognini e Franco Zeffirelli a Pier Paolo Pasolini (e la sua Medea con la Callas) passando per Vittorio De Sica, Pasquale Festa Campanile, Giuseppe Patroni Griffi, Elio Petri, Luciano Salce, Florestano Vancini, Lina Wertmuller…
E una valanga di caroselli e spot, da Massimo Ranieri ad Amanda Lear, dai “dieci piani di morbidezza” coi palloncini ad Annabella di Zeffirelli con Jerry Hall (e una statuaria Caterina Boratto) fino al Campari e ai rigatoni Barilla di Fellini…

La sua luce particolarmente morbida e soffusa lo rendeva particolarmente amato dalle attrici e dalle dive.
Compresa la nostra Mina, con la quale girò i primi caroselli Barilla di Valerio Zurlini, la bella serie post-Canzonissima diretta dall’immenso (e dimenticato da tutti) Enrico Sannia e anni di caroselli Tassoni.
Mi raccontava che ridevano e scherzavano spesso, sul set e dietro le quinte.
Era suo il sigaro che Mina fuma durante una pausa, felicemente immortalata da Mauro Balletti.
Ed insieme, “così, per scherzo, fra di loro”, in una location di fortuna, Ennio e Mina girarono quell’Ancora ancora ancora che tutti abbiamo visto mille (e una) volte, a tutto schermo o spezzettato e moltiplicato per evitare turbamenti erotici…

Grazie davvero di tutto, caro Ennio.

Pubblicato: 5 anni ago

Minafanclub 85: cover e sommario.

Vi anticipiamo la copertina (superbamente “sanremese” come l’argomento principale del numero esige) e il sommario della nuova fanzine 85 in spedizione nella seconda metà di giugno…(Photo: Mauro Balletti, 1985; ottimizzazione e ritocco 2019 – Grafica: Remo Prodoti)

 

Mina e Sanremo

TI ODIO E POI TI AMO

di Antonio Bianchi e Loris Biazzetti

 

Scripta Minant

TRA GRAPPOLI DI NUVOLE

di Mina

 

Mina nelle competizioni canore

IO SON QUELLA CHE NON VINCE QUASI MAI

di Loris Biazzetti

 

Dal songbook di Battisti agli altri ‘Paradisi’ che ci attendono

MINA REMASTERED

di Antonio Bianchi

 

Paradiso Celeste

UN TUFFO DOVE L’ACQUA È PIÙ BLU

di Celeste Frigo

 

Ultimissime dal Pianeta Mina

COME GOCCE

 

Pubblicato: 5 anni ago

Mina remastered

Insieme a un dossier sul sessantennale rapporto tra Mina e Sanremo – dall’eloquente titolo Ti odio e poi ti amo – e a un excursus sulle altre gare canore che hanno coinvolto Mina nel corso degli anni Sessanta (Clarkentianamente battezzato Io sono quella che non vince quasi mai), l’articolo-clou della prossima fanzine numero 85 sarà una minuziosa disamina di Antonio Bianchi sui retroscena di Paradiso e sui possibili sviluppi futuri di queste affascinanti operazioni di recupero “riveduto e corretto” del catalogo mazziniano. Ve ne proponiamo in anteprima l’intrigante incipit…. 
 
di Antonio Bianchi
Un capolavoro. Tecnico e anche artistico. Perché la musica in accezione discografica è figlia della tecnologia. Che si traduce – eccome – a livello espressivo, creativo ed emotivo… Paradiso, in questo senso, è un incanto. Rivaluta e nobilita una produzione che ha assunto i contorni del patrimonio storico. Si direbbe una semplice rivisitazione del passato. In realtà, è l’operazione mazziniana più lungimirante e protesa in avanti. Addirittura ai “posteri”.
Per i non musicofili si tratta forse di “filologia feticista”. L’evoluzione tecnica della musica registrata è ben poco raccontata e ancor meno compresa. In questo senso, penso che pochi abbiano colto la portata del lavoro eccelso svolto da Celeste Frigo e Massimiliano Pani per Paradiso. La terminologia non aiuta: “remissaggio” e “rimasterizzazione” (addirittura, il termine precipuo è “pre-mastering”) sono spesso usati a sproposito, magari per alludere a blande riequalizzazioni. In realtà, per Paradiso entrano in ballo tanti approcci all’elaborazione sonora. Scientifici. E creativi.
Per semplificarli il più possibile potremmo utilizzare un parallelo “architettonico”. Di fatto, una vecchia registrazione discografica non è dissimile da una costruzione del passato. La si può ristrutturare frettolosamente, mantenendola integra (intervenendo sulle frequenze dei master definitivi, com’è stato fatto per i primi riversamenti su cd della produzione Pdu). Usufruendo dei master originali, invece, quella vecchia costruzione può essere smontata pezzo per pezzo e ricostruita con gli stessi identici vecchi mattoni, tegole, infissi, arredi, complementi… Ed è ciò che è stato fatto per molti brani di Paradiso. Un’operazione affascinante, meticolosa e laboriosissima, perché ogni singolo mattone, ogni trave, ogni infisso, ogni tegola, ogni arredo è stato minuziosamente ripulito e trattato. Gli elementi costitutivi sono gli stessi. Ma il loro riassemblaggio si traduce in termini estetici nuovi, adattabili alle esigenze più diverse. Per ricreare minuziosamente la costruzione originale (Amor mio si direbbe immutata). Per riformulare piantina e volumetrie con tocchi esteticamente strategici, ma senza discostarsi dall’originale (il lavoro effettuato su Minacantalucio è eclatante). E anche per realizzare, con gli stessi vecchi materiali, costruzioni completamente nuove (come nel caso di Nessun dolore).
Considerazioni algide? Troppo tecniche? Forse sì. Ma stimolantissime per un vero musicofilo. A maggior ragione per chi, come noi fan mazziniani, è abituato ad esplorare una produzione discografica – e dunque tecnologica – sessantennale. (…)
Pubblicato: 5 anni ago

Buona Pasqua!

… e Buona Pasquetta con lo special In arte Mina (lunedì 22, ore 2120, Raitre) in cui un mazziniano d.o.c. come Pino Strabioli ci regalerà quasi due ore di brividi  tra filmati (scelti tra i più emozionanti e meno visti) e contributors d’eccezione come Massimiliano Pani, Mauro Balletti, Gianni Ronco, Fiorello, Giorgia, Giuliano Sangiorgi, Luca Josi, Mondo Marcio e altri ancora.

(Illustrazione: Gianni Ronco)

Pubblicato: 5 anni ago

Bomba o non Bomba

È bastato un “e sottolineo se” di Massimiliano su una del tutto ipotetica disponibilità di Mina a rivestire il ruolo di Direttrice Artistica del prossimo Festival per scatenare un fragoroso coro di reazioni (con tanto di preventivo tappeto rosso prontamente steso da Roma a Lugano da parte dei vertici RAI). Tra le tante voci che si sono espresse sull’argomento, ne abbiamo scelte due tra le più prestigiose del giornalismo italiano: Massimo Bernardini e Franco Zanetti. Che su un eventuale Sanremo griffato Mazzini esprimono pareri solo apparentemente discordanti tra loro. Ma ‘bomba o non bomba’, Lei arriverà a Sanremo?

BOMBA…
di Massimo Bernardini – Huffingyon post

Dice Massimiliano Pani: la “Signora” ci starebbe, anzi: lo farebbe volentieri. La “Signora” naturalmente è sua madre, Mina Mazzini, la sempre giovane della musica italiana, e l’oggetto è la futura direzione artistica del festival di Sanremo.

Sarebbe, una bomba, ve lo assicuriamo; e per una serie di buone ragioni.

1) La Signora è la più ventenne dei settantenni in circolazione. Ha il gusto e in senso del pericolo, del nuovo, si è sempre stufata in fretta di ogni “mainstream”. Canta da anni pezzi anche non riuscitissimi purché ancora vivi, contemporanei, spericolati, in movimento.

2) La Signora è curiosa, setaccia da anni tutto il meglio della musica mondiale per portarsene a casa un pezzetto. Non bada alle mode, non bada alle firme e alle griffe, cerca il talento e a volte lo trova, come una rabdomante. Se no aspetta con calma, ribussando magari dove aveva già bussato. Vuoi mai che stavolta…

3) La Signora sta a Lugano, repubblica elvetica, il posto vicino più lontano possibile dalle pastette all’italiana. La Signora ha preso le distanze dai compromessi discografico-televisivi molti decenni fa, conquistandosi la totale autonomia artistica e discografica quando i più coraggiosi cantautori di casa nostra andavano in brodo di giuggiole per le multinazionali, le stesse che poco alla volta si sarebbero ingoiata l’intera discografia italiana.

4) La Signora sa distinguere fra buone e cattive canzoni, fra buona e cattiva musica, fra autentiche spinte al nuovo e “sòle” di vecchio conio.

5) La Signora è immersa 24 ore su 24 nei nuovi e vecchi mass media, sa cosa è cambiato, sa dove non si può tornare e non vive di nostalgie. Ma non vuole sembrare contemporanea ad ogni costo. Ha il senso delle proporzioni per sé e per gli altri.

6) La Signora non ha problemi di immagine, perché alla sua è sfuggita da un pezzo. E non ne farà di certo una chiave di lettura del mondo, musicale e non.

7) La Signora ci proverà, ci metterà entusiasmo, creatività, sapienza, immaginazione: ma il carrozzone Sanremo aprirà le sue porte o si metterà in difesa? La macchina mediatico-televisiva saprà ancora misurarsi con un’artista che non ha nessuna voglia di perdere tempo in fasulle mediazioni perché proprio quelle l’hanno allontanata dall’aspetto pubblico della sua professione, tanti anni fa?

…O NON BOMBA
di Franco Zanetti – rockol.it
Dalla risposta “possibilista” di Massimiliano Pani a una domanda di Simona Orlando è nato un caso (anzi, un casino…) che, però, indica una ipotetica via al rinnovamento radicale di una manifestazione, il Festival di Sanremo, che ha 69 anni e li dimostra tutti, e che da tempo non trova una via d’uscita a quella che ormai è diventata la continua e sterile rappresentazione di se stessa.
Se c’è qualcuno che potrebbe inventarsi un Sanremo innovativo e di nuovo fondato (ma per davvero) sulle canzoni italiane, è proprio Mina. Perché Mina da anni è l’unica in Italia che ascolta “davvero” le canzoni che le vengono proposte, senza fare differenze, che siano di autori affermatissimi o che siano di sconosciuti esordienti, e che sceglie in base a un criterio – personale – di qualità.
Mina potrebbe, se volesse (ma quel “se” è troppo condizionato dall’atteggiamento dell’interlocutore, cioè la RAI), essere il direttore artistico di un Festival costruito unicamente sulla qualità delle canzoni. E potrebbe farlo scegliendo prima le canzoni, e poi cercando gli interpreti migliori per quelle canzoni – magari anche ritornando alla formula della doppia esecuzione, cioè con ogni canzone affidata a due interpreti diversi, con esecuzioni separate e arrangiamenti differenti.
Sul fatto che Mina sia esente da conflitti di interessi, non c’è dubbio: non deve favori a nessuno (che siano case discografiche, manager, produttori, agenti di spettacolo) perché è fieramente autonoma e fuori da ogni conventicola. Sono certo che sceglierebbe le canzoni (magari soltanto dodici, al massimo quattordici) esclusivamente in base a un criterio di oggettiva qualità – e che possieda la capacità di discernimento necessaria per farlo mi sembra indubitabile.
E allora, perché non credo che possa succedere?
Perché intorno al Festival di Sanremo, alla città da operetta che lo ospita e gli dà il nome, al circo che si nutre della manifestazione, alla RAI, prosperano troppi interessi, troppi scambi di favori, troppi brogli perché sia possibile il verificarsi dell’unica condizione che sicuramente Mina porrebbe per accettare l’incarico: e cioè una totale indipendenza e un’indiscussa autonomia. Carta bianca. E figuratevi se la RAI accetterebbe.
(A proposito: vedo che l’azienda televisiva di stato organizza per metà maggio un “incontro con alcuni professionisti del settore musicale per discutere di composizione delle giurie, meccanismi di voto e possibili conflitti di interesse”. E all’incontro convoca, guarda caso, persone che sono passibili di conflitto di interesse… come invitare Dracula a una convention dell’AVIS, insomma).
Sulla pagina Facebook del Mina Fan Club, Marcello Pettinelli scrive: “Mina, ti amo. Non lo fare!”. In tutta sincerità, per il bene che voglio a Mina – e pur con tutto quello che ho scritto qui sopra – non posso che associarmi, sebbene a malincuore, a Marcello Pettinelli.

 

Pubblicato: 5 anni ago

Walking the Town

A proposito della video-chicca BBC del febbraio 1968 che costituità il piatto forte del lungo special Mina ieri e oggi che Paolo Piccioli – con la partecipazione straordinaria di Platinette – proporrà stasera su Rete4 alle h. 23,32, vi riproponiamo il paragrafo che dedicammo alla trasferta londinese della Tigre nel dossier Il 1968 di Mina tra liberazione e rivoluzione: Ricomincio da dieci della fanzine n° 82
…”Il weekend successivo a quello sanremese vede la Tigre nuovamente impegnata in una trasferta al di fuori dei confini italiani, più precisamente a Londra dove la BBC l’ha invitata per un paio di ospitate nei varietà inglesi più popolari del momento. Durante le prove del Rolf Harris Show, che si registra negli studi del BBC Television Theatre di Shepherd Bush, a 8 km dal centro della City, Mina sfoggia un eccentrico abito di Emilio Pucci che – in un tripudio psichedelico di verde, azzurro, turchese e giallo – lascia audacemente scoperte larghe aree della sua burrosa epidermide, mentre le luci indiscrete dei riflettori contribuiscono a rendere questa profferta di mediterranee grazie ancora più ardita e seducente. La mise non manca di suscitare l’imbarazzo del produttore dello spettacolo Stewart Morris che, temendo probabilmente le telefonate indignate di qualche telespettatore bigotto, chiede timidamente a Mina se può cambiare quell’indumento con un altro più castigato. Detto, fatto: la cantante – più divertita che irritata dallo “scandalo” involontariamente provocato – torna in camerino per uscirne pochi minuti dopo con indosso un abito nero a maniche lunghe che la ricopre dal collo alle caviglie, lasciando scoperta soltanto mezza spalla. Ed è in quest’austera veste che – alle 19,30 di sabato 10 febbraio – la nostra star appare sul canale BBC 1 cantando Brava e I Should Care. La sera successiva è la volta di una seconda esibizione nello spettacolo International Cabaret – ripreso dal vivo nel locale notturno Talk of the town e trasmesso a colori dalla BBC 2 – dove, con l’orchestra diretta da Martelli, Mina esegue Johnny Guitar, La Banda, I should care e nuovamente Brava. Non tutto il weekend trascorso sulle rive del Tamigi, per fortuna, è assorbito dagli impegni di lavoro: prima di ripartire per l’Italia, infatti, la cantante e il suo cavalier servente trovano il tempo per una romantica passeggiata tra le mille bancarelle del Petticoat Lane, popolare mercato domenicale dell’East End londinese in cui argenteria, pietre preziose e pezzi di antiquariato fanno democraticamente mostra di sé accanto a stracci vecchi e carabàttole da pochi scellini. Tra gli oggetti acquistati dalla coppia, qualche tabacchiera di inizio Ottocento e una serie di antichi cucchiaini d’argento: “Serviranno per la nuova casa che stiamo finendo di arredare a Milano”, confessa Mina all’inviato di Sorrisi Franco De Giorgi, che ha seguito i due come un’ombra per tutta la durata del loro viaggio oltremanica….”.

 

Pubblicato: 5 anni ago

Aristoncràtica

Non è la prima volta che si ventila questa intrigante possibilità. Ma l’ipotesi – avvalorata dalle sibilline dichiarazioni di Max Pani riprese stamane dal Messaggero, da Huffington Post e da altre testate – di una Mazzini in veste di dea ex machina del prossimo Festivalone si ripresenta come il cacio sui maccheroni in vista del megadossier della prossima fanzine sui sessant’anni di Mina sanremese da Nessuno a Il segnale

(by Huffington Post)

Mina direttore artistico del Festival di Sanremo. Per ora è poco più che una suggestione, ma sarebbe un colpaccio per la Rai e per la kermesse sanremese, dopo tre anni di Claudio Baglioni. A 79 anni, il suo nome è quello che accende di più l’interesse, dopo oltre 40 anni senza comparire in quella tv che ha contribuito a rendere grande. Massimiliano Pani, suo figlio, produttore e arrangiatore dei suoi dischi, non esclude: “Lavoriamo a un bel progetto per l’autunno” dice al Messaggero, ma non chiude all’ipotesi che Mina possa tornare al Festival.

“Se la Rai le chiedesse di scegliere i brani in gara e le permettesse di mantenere la visione artistica, credo proprio che accetterebbe”

Mina, spiega suo figlio, guarda “sempre con attenzione” il Festival ed “è una fuoriclasse nell’intuire il potenziale (degli artisti, ndr) prima degli altri”. Da decenni manca dai teleschermi.”Lo fece quando si rese conto che la tv andava in una direzione a lei poco gradita. La musica in tv è usata come pretesto, invece per lei è anima, sangue e cuore”.

Tanti i suoi no a collaborazioni ed eventi, negli anni: “È difficile farli capire, soprattutto agli stranieri – prosegue Pani – Mandano una proposta, lei rifiuta e loro triplicano la cifra economica, pensando che tutto abbia un prezzo. Per Mina, senza snobismo, la libertà è una prerogativa. Dice no a proposte hollywoodiane e sì al rapper Mondo Marcio o agli Afterhours, quando molti non li conoscevano”.

Pubblicato: 5 anni ago

Tigri si nasce

La data del 16 aprile scelta per la messa in onda – su Rete4 alle 23,30 – dello special di Paolo Piccioli Mina ieri e oggi coincide con un importante anniversario catodico: quello del sessantennale della seconda apparizione di Mina in TV nel popolarissimo quiz del giovedì sera Lascia e raddoppia, dove Mina fu invitata a furor di popolo per riproporre la personalissima versione di Nessuno lanciata dodici sere prima al Musichiere di Mario Riva. Meno di due settimane erano bastate perché l’emergente urlatrice spuntata da dietro un juke-box rientrasse in uno studio televisivo nel nuovo – e definitivo – status di Diva. E allo scaltro tentativo del conduttore Mike Bongiorno di metterla in imbarazzo con una freddura delle sue (“Come si chiama il suo gruppo? I Solitari? Ma come possono sentirsi soli con una ragazza come lei?”), la disinvolta diciannovenne zittì senza battere ciglio l’impertinente interlocutore con una rispostina che metteva già in luce la sua sagace autoironia: “Ma no, li ho chiamati Solitari perché sono sempre i soliti!”…

Pubblicato: 5 anni ago

Mazzinight

“Il volto-simbolo della storia della TV italiana resta Mina”, sentenziò qualche anno fa il compianto Gianni Boncompagni, uno che di bella (e brutta) televisione se ne intendeva. E a confermare questa affermazione sono i regolari picchi di ascolto che la Tigre d’antan assicura ai vari Techetecheté et similia a lei dedicati. La cosa semmai sempre più difficile, per i curatori di queste retrospettive, è riuscire a estrapolare da una carriera catodica per lo più ristretta al quindicennio ’59-74 degli spezzoni video che non siano già stati proposti e riproposti in mille salse. A limitare ulteriormente il campo d’azione è il fatto che i grandi show di quell’aureo periodo avevano una durata media per puntata di poco più di un’ora (al contrario di certi miserevoli varietà attuali che si trascinano fino a notte fonda per propinarci il nulla) e che molti nastri della Mina televisiva anni Sessanta sono stati a suo tempo micragnosamennte cancellati per far posto ad altre registrazioni. Ma queste e altre difficoltà, per fortuna, non hanno minimamente scoraggiato dei fuoriclasse come Pino Strabioli e Paolo Piccioli, brillanti ed estrosi curatori dei due differenti omaggi televisivi di cui la Mazzini sarà protagonista nelle prossime settimane. Sullo sfavillante “teleaffresco mazziniano” che Strabioli proporrà a fine mese in prima serata su Raitre – con interventi di Max PaniMauro Balletti e Gianni Ronco – ci occuperemo più in dettaglio nei prossimi giorni. Sullo special Mina ieri e oggi che Paolo Piccioli sta finendo di montare in queste ore (e che vedremo su Retequattro martedì 16 aprile alle h. 23,30) possiamo invece già darvi qualche pur laconica anticipazione. Imperniato per ovvi motivi su materiale video extra-Rai, il programma avrà come filo conduttore tra una clip e l’altra una lunga e gustosa intervista alla nostra “socia fondatrice” Platinette. E tra le varie sorprese spiccherà una clamorosa chicca estera che fino a oggi avevamo creduto inghiottita per sempre dai gorghi dello Stretto della Manica. Aspettare per credere…

Pubblicato: 5 anni ago

Perché io so che ci sei…

(Illustrazione: Gianni Ronco)

“L’assillo è sempre quello: come poter dimostrare a Mina il nostro affetto sincero, specialmente in un giorno speciale come quello del suo compleanno, senza rischiare di essere stucchevoli e invadenti? Il fatto di non aver mai ambito ad alcun tipo di contatto personale con lei rende il nostro Club assolutamente atipico nel suo genere. Facciamo da decenni una rivista dedicata a Mina senza stare troppo a chiederci se lei l’apprezzi o meno. Ma va benissimo così: un amore vero non ha bisogno di conferme o di gratificazioni. Ed è per questo che, anche in un giorno speciale come questo, non sentiamo la necessità di inoltrarle messaggi particolari. Lei sa che ci siamo e questo ci basta”.

Con questo anomalo biglietto di auguri,  scritto in occasione di un 25 marzo di oltre un decennio da, avevamo cercato di tradurre in sillabe quel sottile e inesplicabile “sentimento di raso” che da sempre ci lega a Mina. Le stesse parole, liberamente attinte a una bellissima canzone degli Audio 2, sono perfettamente riciclabili per l’altrettanto discreto happy birthday di oggi ma, in fondo, suonerebbero perfette in qualsiasi altro giorno dell’anno. Festeggiare compleanni e ricorrenze varie, del resto, non è mai rientrato nello stile di un’artista da sempre controcorrente e protesa verso il futuro come Lei.  E mentre Raitre si appresta, come annunciato nella presentazione dei palinsesti primaverili della Rete, a dedicarle uno special  – griffato Pino Strabioli – che solo per caso andrà in onda poche settimane dopo il 60° anniversario del debutto televisivo del 4 aprile 1959 ne Il Musichiere, Mina è già al lavoro in sala d’incisione per un nuovo, ambizioso, sorprendente album destinato ad agitare non poco, nel prossimo autunno, le acque stagnanti del mercato discografico italiano. Aspettare per credere…

Pubblicato: 5 anni ago

Axel, nero su Blanche

Oltre a regalare a Mina una serie di splendide canzoni sia come autore (da La sola ballerina che tu avrai a Only this song, solo per citare i primi due titoli che ci vengono in mente) sia come abile ricercatore di gemme nascoste scovate in Rete (You Get me e Esta vida loca vi dicono qualcosa?), negli ultimi anni Axel Pani ha affinato e corroborato la propria vocazione di musicista con un’intensa attività dal vivo tra Francia e Italia, condividendo spesso e volentieri il palco (e le session casalinghe) con l’amico parigino Ruben Ruta. Ed è da questo sodalizio umano e artistico che ha preso forma il progetto Blanche ora realizzato nell’album omonimo. Ma lasciamo che sia lo stesso Axel a parlarcene…
di Axel Pani
Dopo diversi anni passati a scrivere, avevo il desiderio di dedicarmi ad un progetto che potessi curare da cima a fondo. Un disco.
Vivo a Parigi da sette anni ormai ed ho avuto il piacere di incontrare tanti musicisti con i quali ho condiviso lavoro, amicizia, vita.
Una grande amicizia nata con un musicista di qui, Ruben Ruta, é stato il principio. Venendo da mondi diversi e con influenze musicali molto distinte, l’esercizio era perfetto. Mettersi a scrivere e poi curarne tutte le tappe: arrangiamento, produzione ed infine il live.
Da questo desiderio di contaminazione e confronto tra me e Ruben nascono i Blanche. Un piccolo gruppo indipendente che dopo due anni di attività tra live e studio ha prodotto un disco omonimo, appena pubblicato.
Oltre a scriverci e suonarci il disco abbiamo voluto creare uno sforzo collettivo, coinvolgendo amici musicisti a noi vicini e dalle influenze più disparate. Abbiamo quindi chiesto ai Klune, a Stefano Milella ed Ugo Bongianni di intervenire sul disco attribuendovi le proprie influenze.
Nel bene e nel male questo progetto é la somma di esperienze incontaminate, libere, con l’unico intento di proporre una sonorità e scrittura alternativa alla proposta attuale italiana. Abbiamo costruito questo suono soprattutto dal vivo, suonando sia in Francia che in Italia e tra le piccole grandi soddisfazioni che abbiamo portato a casa abbiamo avuto anche il piacere di aprire dei concerti degli Afterhours.
Blanche é la somma di tutto questo, che per quanto piccolo e discreto é un esercizio sincero di creare qualcosa di bello. Una piccola testimonianza del lavoro dei singoli e di una visione d’insieme di chi la musica la ama e cerca di rispettarla.
Pubblicato: 5 anni ago

La vie en Blanche

In occasione del lancio del suo nuovo progetto discografico – sotto il nome di BLANCHE – in duo con l’amico Ruben Ruta, diamo il via a una serie di post dedicati ad Axel Pani riproponendovi l’articolo che gli dedicammo dieci anni fa all’indomani della pubblicazione di Facile, album in cui l’allora 23enne primogenito di Massimiliano proseguiva con nonna Mina la felice collaborazione avviata nel 2006 con la deliziosa Per poco che sia. A questo amarcord seguirà – domani – uno scritto dello stesso Axel sulla genesi e sui contenuti dell’album in uscita con tanto di link delle tracce in anteprima. Al disco e ai suoi protagonisti, ovviamente, sarà riservato un ampio spazio anche nella prossima fanzine tardoprimaverile…

 

Axel Pani e Mattia Gysi, minimalisti eccellenti tra rock e melodia

LE PICCOLE COSE DI OTTIMO GUSTO

“Axel ha cominciato a scrivere canzoni piuttosto tardi, verso i 18 anni – ci spiega papà Massimiliano – ma lo ha fatto subito con personalità ed efficacia, sia da solo che con il suo co-autore Mattia Gysi, amico di sempre. Il suo è una sorta di rock inglese minimalista, qualcosa di molto attuale ma radicato nel blues. Credo che sia il genere che hanno dentro i ragazzi della sua generazione. Sicuramente lui sa fare l’autore. Non è un musicista professionista e per un compositore ciò può essere un vantaggio: scrivere con la testa libera senza sentirsi pressato – perché il lavoro che produce il reddito è un altro – sarebbe la condizione migliore. Gli auguro di riuscire a trovare questa strada alternativa che gli permetta comunque di coltivare la scrittura musicale…”.

A tre anni dal suo esordio con la tenerissima Per poco che sia di cui nonna Mina si innamorò al primo ascolto (tanto da definirla “Una zolletta di zucchero che non finisce mai di sciogliersi in bocca e nel cuore”), Axel ha fatto nuovamente centro con l’altrettanto soave Con o senza te: “Una ballad – ha scritto un critico solitamente poco incline ai complimenti come Marco Mangiarotti – che ha l’annullo dei francobolli da collezione nel mondo delle mail. Mina la canta con un soffio di voce e com immensa emozione”. 

Con o senza te – ci racconta Axel – è una delle prime canzoni che ho composto in coppia con Mattia. E’ nata per caso, nel giro di poche ore, in una delle tante sere in cui abbiamo suonato insieme per il puro piacere di farlo, con un primo testo in finto inglese che in seguito sarebbe stato magistralmente scritto in italiano da Lele Cerri. Ma va a mio padre il merito di aver dato al brano, come già aveva fatto con Per poco che sia, quella dolcezza e quella pulizia che noi due non eravamo riusciti a conferirgli nella sua prima stesura…”.

L’entusiasmo del giovane Pani è pienamente condiviso dall’amico Mattia, classe 1985, anche lui studente di economia a Londra: “Sentire Con o senza te dalla voce quasi sussurrata di Mina, come solo lei è in grado di fare, e con i bellissimi arrangiamenti di Massimiliano, è un’emozione indescrivibile che si rinnova ad ogni ascolto. Tutto Facile, del resto, mi è parso un disco splendido, fresco, giovane, pieno di potenziali singoli. Le mie canzoni preferite? Non si butta via niente e il duetto con Manuel Agnelli. Ma anche Non ti voglio più è molto forte. Quanto al mio sodalizio artistico con Axel, dura ormai cinque anni ed è basato soprattutto sulla grande amicizia che ci lega e che si riflette positivamente nei nostri incontri musicali. Il fatto, poi, di avere stili e gusti diversi non fa che arricchire la nostra collaborazione, rendendo l’interazione più interessante. Purtroppo, per motivi vari – soprattutto legati ai nostri impegni di studio – ultimamente le occasioni per vederci si sono fatte un po’ più rare. Ma abbiamo pronti nel cassetto diversi brani finiti e altri sui quali dobbiamo ancora lavorare…”.

Se Mattia, in virtù della sua formazione musicale più classica (a cinque anni ha preso le prime lezioni di pianoforte per poi accostarsi alla chitarra da autodidatta) rappresenta la parte più “melodica” del duo, Axel ne incarna senz’altro la componente più rock. Rock leggero, beninteso. Che non a caso è il genere cui Pani jr. si è ispirato per musicare – da solo, due anni fa, durante una delle sue trasferte universitarie Oltremanica – Il frutto che vuoi, il brano di Facile che la Sony ha poi scelto come singolo apripista dell’album. A destare la curiosità dei fans, più ancora della versione ufficiale del brano pigramente diffusa dalle radio a partire dal 9 ottobre, è stata la bellissima alternate take inedita diffusa in quegli stessi giorni sul sito ufficiale mazziniano. “Quella che avete ascoltato su www.minamazzini.com – spiega Axel – è la prima stesura del pezzo, più veloce ed aggressiva, della quale mia nonna non era del tutto soddisfatta. Ha poi deciso di ricantarla su una base lievemente rallentata dopo aver chiesto all’autore del testo, Maurizio Morante, la modifica di alcuni versi…”.

Ma a proposito di testi, senza nulla togliere alle prove come sempre impeccabili (anzi, stavolta più “giovani” e frizzanti che mai) dei veterani Cerri e Morante, viene da chiedersi se per Axel, che di padronanza linguistica ne ha da vendere, non sia per caso giunto il momento di cimentarsi anche nelle vesti di paroliere.   

“Scrivere le parole di un brano è un lavoro serio – è la sua risposta – e per ora lo lascio volentieri a chi di esperienza e capacità ne ha più di me. Certo, imparare a lavorare sui testi sarebbe affascinante (attualmente ci sto provando in inglese), ma fino a quando non avrò raggiunto i livelli che desidero, farò bene ad affidarmi a grandi professionisti come Lele e Maurizio…”. 

Nel frattempo, il ragazzo continua a crescere e ad aprirsi a nuovi mondi musicali. E’ stato lui, come è noto, a scoprire su Youtube (su segnalazione di un amico di origini spagnole) Questa vita loca e a farla poi ascoltare subito dopo alla nonna, come è solito fare ogni volta che si imbatte in un brano che suppone possa interessarle. In questo caso, però, si è dato la classica zappa sui piedi, dato che, per far posto al meraviglioso pezzo di Cespedes, Mina ha dovuto estromettere dalla tracklist di Facile, guarda caso, proprio una sua canzone.

Poco male: Axel avrà certamente modo di rifarsi nel prossimo disco. Alcuni suoi pezzi, scritti da solo o con Mattia, sono già stati arrangiati. Un altro brano lo ha appena composto – per la prima volta – in coppia con papà Max. E c’è in ballo anche un’importante collaborazione artistica in ambito extrafamiliare. Ma lui di tutto questo, per ora, preferisce non parlare. “Per prima cosa – taglia corto Massimiliano – Axel deve pensare a laurearsi entro l’estate. Poi si vedrà. Rapportarmi con lui è facile perché è un ragazzo di qualità, intelligente, sebbene molto simile a me nelle insofferenze e negli sbalzi umorali… Lo capisco perché mi rivedo in lui. Se sono felice di averlo contagiato con la musica a risvegliare i sentimenti veri, mi dispiace di avergli passato alcuni tratti meno positivi del mio carattere…”.

Pubblicato: 5 anni ago

Nozze d’oro in Basilica

Tra i tanti anniversari a cifra tonda di questo 2019 che promette – e in minima parte ci ha già regalato – sorprese sfavillanti, ce n’è uno che ricorre proprio in queste settimane: il mezzo secolo trascorso dalla prima incisione di Mina – sulle note benauguranti di Non credere – sotto le volte de La Basilica. Dalle nostre fanzine passate abbiamo estrapolato due preziose testimonianze sugli antefatti del magico debutto della Tigre in quella che per una dozzina di anni sarebbe stata la sacrale location di tanti suoi capolavori discografici…

NUCCIO RINALDIS

“… La mia storia con Mina risale al 1968, quando la incontrai negli studi della Fonorama di Carlo Alberto Rossi, dove lavoravo abitualmente. Dopo che lei decise di aprire uno studio proprio, La Basilica, mi venne offerta la possibilità di diventare il suo tecnico del suono. La Basilica, situata nel coro della chiesa di San Paolo, in Milano, era un ambiente molto spazioso, alto e austero, atto in modo particolare alla registrazione della musica classica. Con opportune modifiche strutturali (cabine per la batteria) e adeguate pannellature, nei primi mesi del ’69 iniziammo ad incidere nella nuova sala, realizzando innumerevoli canzoni che sarebbero poi diventate grandissimi successi. A cominciare da Non credere. Registrare la voce di Mina mi sembrò un’esperienza unica e indescrivibile, un premio per tutto il lavoro fatto in precedenza…”. (Da Il suo canto liberoStoria e gloria della PDU di Mina, fanzine n° 67, 2008)

VITTORIO BUFFOLI

“… Un altro pesce grosso che, sul finire del ’68, Capitan Mazzini riesce abilmente a imbrigliare nella sua rete è il vecchio amico Vittorio Buffoli, fino a quel momento direttore artistico di Casa Ariston. Recatosi appositamente a Milano per incontrarlo, il boss della PDU gli comunica la propria intenzione di trovare per la figlia una sala di registrazione a tempo pieno con cui evitare le salatissime spese orarie fin lì pagate per affittare gli studi altrui. E gli confessa di aver pensato proprio a lui come perfetto coordinatore artistico della filiale milanese dell’etichetta che all’inizio del nuovo anno aprirà i battenti negli ampi uffici Fidinam di via Senato 12. L’autore di Amorevole si mostra, lì per lì, poco propenso ad accettare l’allettante proposta: “Per quanto riguarda chi dovrebbe prendersi artisticamente cura di Mina, penso di avere la persona giusta: il Maestro Rapallo, un professionista serio che attualmente sta lavorando con la Casa Editrice Curci, ma che di certo sarà onorato di accettare l’incarico. Per lo studio di registrazione vedrò che cosa posso fare…”. Quest’ultima – mezza – promessa diventa realtà in men che non si dica: la casa discografica La Voce del Padrone possiede infatti all’interno del coro della sconsacrata chiesa milanese di San Paolo Converso – all’incrocio tra Corso Italia e Piazza Sant’Eufemia – una sala d’incisione che il Direttore Generale Mr. Lee ha deciso di vendere con annesse tutte le apparecchiature. Buffoli lo contatta seduta stante.“Vedi tu quanto possiamo ricavare – è la risposta di Mr. Lee –. Tu sai quanto può valere una sala attrezzata di tutto punto. Ma se il signor Mazzini è un tuo amico, puoi anche decidere di cedere il tutto gratuitamente”. Ed è così che il padre di Mina riesce ad aggiudicarsi quasi senza spendere una lira (also sprach Vittorio…) la mitica Basilica dove la Tigre inizierà a registrare i suoi dischi da Non credere in poi. Quanto alla direzione artistica della nascente PDU Italiana, Mazzini boccia senza indugio la candidatura del pur valido Tarallo suggeritagli dal Maestro bresciano: “Nooo, so io chi voglio! La persona alla quale sento di affidare ciecamente i successi di mia figlia è lei, caro Vittorio…”. Di fronte a tanto perentoria risolutezza, Buffoli non osa oppore ulteriore resistenza: dai primi mesi del 1969 e per oltre un quindicennio, spetterà a lui – novello Cardinale Richelieu – l’invidiato ruolo di intermediario tra il mondo autorale e la Regina delle interpreti… ” (Da Ricomincio da 10 – Il 1968 di Mina tra liberazione e rivoluzione, fanzine n° 82, 2017)